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L'opera limpida di Asha in Monster World

L'opera limpida di Asha in Monster World

INCIPIT SULL’INCIPIT

Ho cominciato i miei temi delle superiori nello stesso modo tante di quelle volte che mi domando come la professoressa non mi abbia mai mandato a fare in culo. Drammaticamente questo è successo perché non pensava che la stessi prendendo in giro, ma che fossi solo pigro, mentre erano vere entrambe le cose. L'incipit, per la cronaca, era: “sfogliando l’enciclopedia Treccani fino alla voce x, scopriremo che”. Al posto di “x” c’era il sostantivo più importante del titolo del tema imposto dalla prof. Tipo: Dipendenze. Conflitto. Giovani. Lavoro. Smegma. Avevo a casa l’Enciclopedia Treccani e vi assicuro che c’è anche la voce “smegma”, financo “smegmolìto” che mette più allegria, tipo chiringuito. Che nome, Treccani, roba da Cerbero, roba da mostri.


Parliamo di mostri. Sfogliando l’Enciclopedia Treccani fino alla voce “mostro”, scopriremo che trattasi del nome dato a piccole concrezioni talora rinvenibili nel solco balano-prepuziale ah no pardon ero rimasto alla pagina di prima.
móstro (ant. mònstro) s. m. [lat. monstrum «prodigio, portento», dal tema di monere «avvisare, ammonire»]. – 1. a. Essere che si presenta con caratteristiche estranee al consueto ordine naturale e come tale induce stupore e paura; è per lo più formato di membra e di parti eterogenee, appartenenti a generi e specie differenti, con aspetto deforme e dimensioni anormali.

E un paragrafo se ne è andato gratis. Treccani forever.

Uno dice: e vabbe’ che anticaglia, a parte di etimo che punta alla meraviglia, allo stupore, al prodigio. Roba vecchia. Oggi i mostri, soprattutto parlando di videogiochi che è una cosa abbastanza vera su Outcast, sono brutti e cattivi. Fanno paura. Sono gli avversari. Gli altri da fare a pezzi senza rimorso. Doom boom e bang alla gang. C’è una tensione senza meraviglia nello spazio tra vedere il mostro nel mirino e il click del grilletto. 

Ma non è così. E se ci astraiamo/distraiamo un attimo dai luoghi comuni sui videogame che sono diventati pieni di bruttura e signora mia dov’è lo stupore infantile del fanciullino pascoliano, ci rendiamo conto che la categoria di “prodigioso” e “meraviglioso” è ancora l’unica vera ragione per cui i nostri videogame sono pieni di mostri. 

(avevo scritto “fanciullino” con un typo superguascone- mancava la “i”)

La paura nei videogame e in generale dei prodotti dell’industria dell’intrattenimento di massa è bilanciata col bilancino, non siamo veramente in pericolo, nemmeno culturale, ahinoi. Siamo come un signorotto medievale che sfoglia il suo bel bestiario medievale. Il fatto che i mostri videoludici possano aggredirci è ininfluente - la morte più cruenta possibile stile soulslike baubau è comunque assolutamente mediata, è tutto nella scatola, nello schermo, è solo la riprova che è tutto ok e possiamo continuare con le nostre pratiche videoludiche simbolico-catartiche.

Perfino il primo morto effettivo mentre giocava a Berzerk è abbastanza dibattibile.

Ecco, io un tema che comincia così lo boccerei. Il pippotto. Non troppo argomentato ma giocato su un paio di artifici retorici che comunque portano avanti la sbobba, sembrano portare il discorso su terreni polarizzanti, ma poi tutto si risolve a tarallucci e vino e uno resta con la sensazione di aver letto qualcosa di intelligente, anche se non sa bene cosa e non ha nemmeno importanza. Tremo all’idea di perché in generale si legga, e tanto più del significato della lettura nella rappresentazione del sé nell’intertestualità social 3.0. Pensateci, questo ultimo fiotto di concetti è già probabilmente stato il titolo di una tesi di laurea. Eccoli, i mostri. 

Voglio dire. 

MERAVIGLIARSI DA ADULTI

Quante volte mi è davvero successo, in età adulta, di provare una meraviglia immediata per un oggetto mediatico? Quell’euforia potente che ti strappa ai ragionamenti, alla teoria, all’analisi dell’inquadratura, alla critica. Piacevolmente overwhelmato. Più conosci un medium, più scassi la minchia. Mostri di intellettualità albergano nella nostra anima consumata da troppa, troppa informazione. Finisce che per entrare nel giusto mood hai bisogno di convergenze astrali complicatissime, luna in Zambot e Mercurio retrogrado eccetera. Non dipende più dal testo ma dal contesto. Un po’ come quando per eccitarti hai bisogno di fatti che non c’entrano coi corpi coinvolti stessi. O che lui ti dica le parolacce. O che pazza idea di far l’amore con lui pensando di stare ancora insieme a (Amuro) Rei. Che complicanza. Mostri mentali. 

Ma succede. Succede che le congiunture astrali ti aiutino a porti in una epochè: In filosofia, l’atto di ‘sospensione dell’assenso’, considerato dagli antichi scettici come necessario data l’assoluta incertezza di ogni conoscenza concernente la realtà esterna, come scoprireste sfogliando l’Enciclopedia Treccani (o facendovi sculacciare in un sordido albergo di Berlino da Edmund Husserl nel 1920, perché no!).

Ottima la voce su Husserl della Treccani online.

Ottima la voce su Husserl della Treccani online.

Non sono sicurissimo nemmeno che l’uso del termine sia corretto, ma d’altro canto il prof di filosofia al liceo era talmente bravo come retore che tutti si ricordano la forma piuttosto che il contenuto. 

Ecco, potete cominciare a leggere da qui. La parte prima non serve che la leggiate! Troppo tardi. Dannata linearità. 

Il mio rapporto con Monster World IV è stato baciato da queste congiunture fortunate per ben tre volte. Per ben tre volte una serie di circostanze hanno fatto sì che la mia attenzione e dedizione al gioco non fossero paciugate da un eccesso di intellettualità e voglia di fare a pezzi. Lo stupore e la meraviglia lavorano sulla sintesi, magari tutto comincia da questo o quel dettaglio, ma poi è come se l’Amore vincesse sulla paura che spinge a estrinsecare, contestualizzare, raffrontare, comparare, mona de tu mare. Serve un vettore forte, qualcosa che ti guidi più o meno saldamente verso la fruizione dell’opera limpida. Wow! “L’opera limpida”. Dovrei scrivere un libro di teoria della critica con questo titolo, se solo non contraddicesse tutto quello che ho appena inteso dire parlando dell’opera limpida. 

LA PRIMA VOLTA NON FA SEMPRE MALE

La prima volta che ho colto Monster World IV nella sua limpidezza è stato nel 2001 (o almeno credo. 2000?). Che il gioco esistesse era noto tra i fan della serie, così come doloroso era pensare che non fosse stato localizzato per l’Occidente nel 1994, all’epoca della sua uscita giapponese. Ma nel 2001 bam! Sorpresa, un team di traduttori amatoriali traduce la ROM jap in inglese. Ecco che di colpo il gioco diventa accessibile. Non che non lo fosse - ne abbiamo giocati di titoli import avanzando tra i kana a forza bruta, con qualche tabella di katakana mutuata da Japan Magazine o dalla grammatica dell’indimenticata Yoko Kubota

La traduzione amatoriale di Demiforce offriva però quel vivificante vettore “non ci sono più scuse” perché non era affatto male, anzi: per amateur che fosse aveva la sua dignità. Emulatore alla mano, mi tuffai nel gioco uscendone, qualche giorno dopo, rinfrescato. Monster World III - Wonder Boy V Monster World su Megadrive era stato un eccellente episodio, ma aveva anche il sapore del punto d’arrivo, della summa di tutto ciò che Monster World aveva da dire. MWIV era una boccata d’aria fresca, scrolling veloce quanto basta per tenere il ritmo elevato ma non abbastanza da sbrodolare verso il Sonic, la coda di una fanciulla dai capelli verdi che ondeggia nell’aria, corse a perdifiato lungo assi esplorativi sempre sul filo del “troppo lungo” ma senza mai superare il limite, come un sentiero di montagna che quando pensi che tra un po’ la piacevole fatica diventerà dolore, be’, di colpo ti rendi conto che sei arrivato al punto in cui la ripetitività è finita un attimo prima e una situazione completamente nuova ti stupisce.

“KILL YOUR IDOLS”

La seconda volta che ho colto Monster World IV nella sua limpidezza è stato grazie a outcast.it. Era il 2012 e, inaspettatamente, la Sega Vintage Collection: Monster World  curata da M2 portava su Xbox Live Arcade in un colpo solo, oltre a MWIII, le localizzazioni ufficiali inedite per l’Occidente di Wonder Boy Monster Land arcade e di MWIV per Mega Drive. Decisi pertanto di intervistare per Outcast Ryuichi Nishizawa, e fu un momento glorioso per quanto mi riguarda (Grazie a Torgano per la sbatta spontanea della traduzione!). Potete peraltro notare che la recensione - il link subito prima - portava ancora un certo affanno recensorio, una tensione a voler cogliere in fallo il gioco, a voler definire i limiti di Monster World IV. Per quanto l’affanno recensorio sia comprensibile allorché ci si cimenti in una recensione, credo che sia stupendo poter, con l’età, liberarsi del fardello di dover assemblare un costrutto logico dalla parvenza razionale. Ah! L’immondo artificio che consta nell’ammantare di inoppugnabilità un giudizio sfruttando i paragoni con altri giochi (laddove anche il paragone con altri giochi ha una ricorsività semantica soggettiva illimitata - si glissa sul fatto che nemmeno il valore dell’altro gioco è definibile oggettivamente, ma siccome lo si cita sbrigativamente nell’arco della figura comparativa, così pare). 

Dopo aver intervistato Nishizawa, un po’ mi vergognai di certi giudizi. Sono felice che Outcast abbia abbandonato il concetto di recensione. Pareri. Tanto vi basti. Dieci anni fa dicevo “i voti numerici non servono” ma provavo paura, scrollando la pagina, se non trovavo un voto, una percentuale, una mistificazione razionalizzatrice. Poi l’infinito gioco di polarizzazione dei social mi ha totalmente liberato da questo gioco delle parti. L’accettazione della complessità dell’esistenza è un processo di per sé semplice. Fulmineo, quasi. È solo che prima devi fare completamente altro per tutta la vita. Devi affannarti sotto il sole a spaccare le pietre dell’inutilità. Una volta capito l’inutile, te ne puoi separare - a quel punto è solo questione di vigiliare sulla veste dei fantasmi del passato che è come una mutanda ad altezza caviglia. Pericolosissima. 

Quindi quando vi dico che per me Monster World IV è superiore a Monster World III, non vi dovete incazzare. Innanzitutto perché posso sbagliare non su uno o sull’altro, ma su entrambi. E poi perché non posso sbagliare, se un’opinione non è né giusta né sbagliata. Non vi dovete incazzare perché incazzarsi per Monster World è una specie di inutile straordinario sotto il sole a spaccare le pietre dell’inutilità. Credimi, siamo niente, dei miseri ruscelli senza fonte, che notoriamente non traggono beneficio dall’incazzarsi. Possiamo chiacchierarne per eoni e allora sì, allora è la piacevolezza di discorrere dell’inutile, che però non è restarci sotto. I fan. Penso sempre - e ne scrivo spesso - della maglietta di Axl Rose al concerto di Wembley in onore di Freddie Mercury. “Kill your idols”.

Le vie del signore sono infinite e perfino Axl può essere profeta di verità. Kill your idols non vuol dire andare da John Lennon e sparargli. Vuol dire uccidere il simulacro mentale che ci siamo creati sulle cose e le persone che idolatriamo. Tipo che Gesù sulla maglietta era un po’ overkill, lì la questione era teologicamente più complessa e tutto quello che c’è da dire lo trovate in Jesus Christ Superstar senza bisogno di tornare in chiesa dopo tutti questi anni che non ci andate.

Se vedete le immagini del nuovo film Ghibli in CG di Goro Miyazaki e state male, il problema, per quanto vi riguarda, è vostro, mica suo. Lui avrà il problema dei fan che gli trasmutano i marrons glacés in sottilette Fila e Fondi, ma ormai ci sarà abituato. Anche perché il creativo di mestiere ha la sua croce e deve spaccare le pietre dell’inutilità dei commenti a cazzo della gente che sta male. Perché la gente raramente sta bene quando commenta con sangue e dolore. Perfino quando vedi la prima foto di un gioco e dici “per me scaffale” con sufficienza non stai veramente bene, stai facendo il sufficiente con insufficiente sufficienza, quindi sei un deficiente. 

Se invece di parlare con i tuoi idoli parli con le persone, invece, la nebbia si dirada. Siamo tutti persone. Esseri umani. Sono il primo a guardare dall’alto in basso i deficienti - lo snobismo è una tattica molto sofisticata per dire di qualsiasi cosa “per me scaffale” senza provare troppo dolore, o perlomeno per provarlo con stile. Però quando parli veramente con una persona, e l’intervista con Nishizawa prova che con tutte le mediazioni di questo mondo ci puoi riuscire lo stesso, un sacco di trappole dell’ego e della paura si sciolgono. Non si può pretendere di passare del quality time con un omofobo o un razzista, d’accordo, esistono dei limiti antropologici e chi è troppo perso in se stesso deve tirarsi su da solo, nun ce sta niente a fa. Ma quando parli con una persona che reputi degna e che poi ci parli e conferma la tua percezione pregressa, e di colpo non stai parlando a un idolo ma a una persona, be’ ma che bello che è. Gli incontri casuali in treno sono basati in gran parte sulla totale mancanza di aspettative - e sulla totale libertà di non rivedersi più.

UNA LIMPIDA GIORNATA DI SOLE

Ed ora che, con i miei modi narrativi repulsivi, o modi narratori repulsori (appunto!), ho allontanato la totalità dei lettori, posso finalmente concentrarmi su quello che mi era stato effettivamente chiesto dai ragazz di Outcast. Parlare di Wonderboy - Asha in Monster World. È che è una cosa un po’ intima e delicata perché si parla di prole. Se questo è un tema che suscita in voi moti di dolore, vi prego di non proseguire nella lettura. Davvero, perché non è mia intenzione riverberare il dolore. 

La terza volta che ho colto Monster World IV nella sua limpidezza è stato grazie a mia figlia. Il codice mi è stato passato qualche tempo prima della release occidentale. Nel silenzio radio dei social, di Metacritic, di chiunque. Come fossimo nel 1994, o quasi. “Quasi” soprattutto perché nel 1994 non avevo una figlia di otto anni per casa. Una spugna pronta ad assorbire qualunque input, in una fase in cui cominciano a svilupparsi quelle che chiamerei “prove tecniche di senso critico”. Come negli adulti polarizzati dell’Internet, anche mia figlia ha dei paletti d’entrata agli input mediali. Si aggira nella foresta dei simboli con un machete, pronta a tagliare via tutto quello che, sulla base di specifiche non sempre intelligibili da un padre, è “no” a suo avviso. Esempio: Star Wars è “no”. Harry Potter è “no”. Per ora, si intende, perché solo gli imbecilli non cambiano idea e i bambini, fino a prova contraria (cioè crescendo) non hanno ancora sviluppato l’imbecillità. Però Gundam è “sì”, per esempio. Ma anche Zeta Gundam e ZZ, proprio il fomento. Demon Slayer manga sì. I Mitchell assolutamente no.

Mi spiace ragazzi, ma siete fuori.


Coi libri e con la musica ancora più ingarbugliati, i sì e i no. Poi ci parlo è un po’ e mia figlia mi dà alcuni strumenti per orientarsi nel suo labirinto. Ma i momenti più belli sono quando nel suo stupore e nella sua risata ritrovo la forza delle opere dell’ingegno umano. Una persona, o un gruppo di persone, ha creato un qualcosa, e lo passa a qualcun altro che se lo prende in faccia senza mediazioni. Certo: la porta della percezione può essere stata chiusa aprioristicamente. Ma quando i bambini aprono la porta, dai contenuti si fanno prendere a secchiate in faccia, come fossero lì a ridere mentre i marosi li colpiscono in pieno. Se vincono la paura, poi sono presenti nella fruizione dell’opera al 100%. Incapaci di concentrarsi sulla tabellina del 9 se non hanno voglia, ti possono però anticipare tutte le linee di dialogo (o quasi) di Asha in Monster World al secondo longplay.

Come lapalissiano a questo punto, a mia figlia Asha in Monster World è piaciuto molto. Senza che proferissi parola ha colto la potenza del character design di Maki Ohzora, e lodato la trasposizione tridimensionale di un mondo chiaramente pensato in 2D. Il cel shading con le campiture impeccabili. Le voci giapponesi. Ha notato come la colonna sonora abbia una sua unità tematica, con stesse linee melodiche che vengono reinventate in contesti armonici sempre nuovi. Ha lodato la costruzione stratificata del level design, che chiede al giocatore di mescolare sempre più competenze nell’arco del livello, soprattutto impiegando Pepelogoo. Ha individuato in Pepelogoo l’aggiunta più rilevante per il gameplay se comparato a Monster Land, MWII/Dragon’s Trap e MWIII, constatando come gli sviluppatori abbiano fatto di tutto per renderlo il personaggio più tenero e memorabile, ma allo stesso tempo indispensabile al giocatore, come nel rapporto tra un uomo delle caverne e il suo animale domestico (non invero senza un certo risentimento per come l’arco narrativo porta a una flessione nel gameplay nella fase in cui Pepelogoo diventa enorme, meno utile e pure meno kawaii).

Ha colto come ogni mondo di gioco si focalizzasse maggiormente su specifiche meccaniche ludiche, dal puzzle ambientale fino al platformismo più spinto. Ha lodato la scelta di una protagonista femminile, lamentando la carenza di questa caratteristica in una quantità a detta sua “inspiegabile” di giochi. (Mi sono permesso di trasporre le sue osservazioni con la usuale pesantezza della mia forma espositiva: non sia mai che poi il testo diventi scorrevole). Soprattutto, risate e stupore a quasi ogni nuovo personaggio col suo character design impareggiabile. Non è che non abbia notato alcune sbavature (soprattutto nella localizzazione italiana, unico vero imbarazzo, con refusi e robe che preghi che almeno abbiano usato Google Translate perché non vuoi pensare che degli esseri senzienti abbiano prodotto certe stringhe) ma per lei “notare” non significa farsi divorare dallo stress del giudizio. Che è quello che succede molto spesso a noi adulti. Stare male per le ingiustizie di Internet, della politica, degli sceneggiatori delle serie TV e della localizzazione. Verrebbe da dire detto doloroso atteggiamento è inevitabile quando si scarica la batteria dell’entusiasmo, cosa che succede incredibilmente presto nell’arco della vita, se ci pensate. Ma non è vero: è evitabile. Solo che bisogna arrivare a un grado di patimento tale da triggerare il cambiamento. La notte oscura dell’anima.

Decisamente sì.

Ma mia figlia no, la notte oscura dell’anima non è ancora un concetto rilevante, essendo in fase “sol dell’avvenire”. Il fomento, ma vissuto con leggerezza e limpidezza. Asha in Monster World si presta particolarmente, se lo chiedete a me, con la sua palette sconcertantemente giusta, quasi curativa. L’ho giocato tramite gli occhi di mia figlia, lo riscoperto ancora una volta pieno di energia, senza bisogno degli occhi della nostalgia, ma come qualcosa di positivo qui e ora. Un naturale godimento per una bambina, un re-acquired taste per un adulto alla ricerca di un po’ di semplicità non tanto nell’opera, quanto nell’opera interpretativa. Cercherò di passare sempre più tempo con lei. E le lascerò, quando verrà il momento, tutta la libertà di affannarsi sotto il sole a spaccare le pietre dell’inutilità. Ma per ora, bene così.

Ci vuole più amore

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Ultima IV, un gioco così non l’ho mai più visto! | Racconti dall'ospizio

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