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Haven, una fuga d'amore spaziale!

Haven, una fuga d'amore spaziale!

Ci sono giochi che ludicamente sono tranquillamente sufficienti, fanno il loro, usando l’interazione in modo semplice e mettendola al servizio di sensazioni pure e fondamentali, capaci di stare in piedi da sole. L’amore è sicuramente una di quelle, indefinibile eppure riconoscibile al primo battito di cuore “storto”, dispari. Un battito accelerato che porta ad un immediato rilascio di endorfine, virtualmente indotto da chi, giusto qualche anno prima, aveva sviluppato Furi, violentissima boss rush dallo stile unico e dal feroce ritmo sintetico. Gente che coi bpm elevati ha parecchio a che fare, insomma. È il modo di creare videogiochi di The Game Bakers, puntare al cuore per poi irradiare il proprio game design a tutto il corpo.

Una delle intro più belle degli ultimi anni!

Haven, al contrario del gioco precedente, ha tempi e modi rilassatissimi, l’esplorazione si mangia gran parte della torta di gameplay e i combattimenti diventano a turni, in puro stile JRPG, con interessanti variazioni sul tema. È però dal contesto in cui si svolge il racconto che arriva, potente, l’emozione. Yu e Kay sono due ragazzi in fuga d’amore, la propria astronave trasformata in un Nido, un pianeta disabitato che diventa il loro mondo; Fonte, il posto in cui essere liberi, talmente remoto da pensare di essere abbastanza protetti dalle convenzioni, dai dogmi e dai pregiudizi dei loro pianeti natale. Sulla coloratissima superficie del pianeta i due si muovono con grazia, pattinando ad una spanna dal suolo, esattamente come ci si immagina camminare da innamorati. Leggeri, belli, illuminati. Si scambiano sguardi, carezze, baci, chiacchiere, risate, nonostante intorno, quel mondo in frantumi, sembra volerseli scrollare di dosso. Come se tutto quel miele gli fosse talmente indigesto da provocare violenti terremoti, danneggiando la navetta e costringendoli ad improvvisare, arrangiarsi, adattarsi al corso degli eventi, mano nella mano. Fuori tutto il giorno a cercare risorse, combattere contro la fauna locale, per poi tornare a casa al calare del sole, quando il cielo si tinge di colori alieni perfetti, per generare sfondi vaporwave.

Bacio su sfondo alieno.

È proprio il Nido, come hanno soprannominato la nave, a raccontare molto di loro e diventare il centro di gravità del racconto. Un rilassante disordine dove convivono interessi, passioni, personalità distinte, capaci di incastrarsi e dare vita a curiosità reciproca. Un’ambiente accogliente, che mette subito di buon umore e non ci fa sentire intrusi ma, bensì, partecipi e divertiti ad osservare la loro intimità formato visual novel. È in questo contesto che l’animo rom-com del titolo sboccia in brillanti siparietti di coppia, in cui i doppiatori dei due personaggi mettono un sacco di passione e presa bene. Dalla cucina alla camera da letto, dal divano alla cabina di pilotaggio, ogni ambiente viene riempito di parole, coccole, paure, speranze, problemi da risolvere, mentre si rimane sempre più invischiati in questo rapporto, emotivamente coinvolti e sinceramente dispiaciuti ad ogni sfiga che capita. Perché chiaro, non sarà tutto rose e fiori. Fuggiti da un regime totalitario, ricercati e localizzati per quella che è una fuga imperdonabile, quella tra un plebeo e una principessa (grande classico che funziona sempre), i due vivono una situazione di precarietà e stress, fisico ed emotivo, che non fa altro che cementare, mettendolo costantemente alla prova, il proprio rapporto.

Alcuni siparietti sono veramente divertenti, tutti gli altri sono adorabili!

Il linguaggio del corpo, oltre a quello verbale, si oppone però a questa pressione, mettendo in scena due ragazzi leggiadri, che non solo scivolano sulla superficie del pianeta nelle fasi esplorative, ma combattono con eleganza innata, tra attacchi combinati, schivate e cure, tanto più efficaci quanto più sincronizzati riescono a essere. C’è una musicalità, un’armonia nel loro modo di essere e di interagire, tra loro e con l’ambiente, che diventa presto il vero messaggio dell’opera. Nel raggiungere i loro obiettivi, Yu e Kay impareranno a vivere in sintonia con la natura, non prendendo mai più del necessario e aiutando a eliminare l’inquinamento, che sta tormentando le specie endemiche e provocando disastri naturali su larga scala (ovviamente scatenati da chi ha cercato di colonizzare Fonte, anni prima, per estrarne risorse in nome del profitto). Danger, autore della colonna sonora, adatta la sua synthwave al messaggio degli sviluppatori, rallentando spesso i bpm e ammorbidendo le sonorità, come fossero modificate dalla gravità di Fonte, ovattate, rotonde, piene, naturali. Un gioco adorabile, che mette in pace col mondo e tira su il morale, capace di raccontare una storia d’amore scritta in modo mai pacchiano, appassionante perché ci si può specchiare dentro, con stile a pacchi e un gameplay da godere sbattuti sul divano, condividendo pure l’esperienza in un’azzeccatissima modalità cooperativa, chiudendo il cerchio ed esaltando il messaggio di The Game Bakers. Zona di comfort totale, da riprendere quando la vita si fa pesante e l’atmosfera va addolcita, con una spolverata di zucchero virtuale senza controindicazioni. Gli voglio veramente un sacco di bene!

Questo articolo fa parte della Cover Story “Febbraio romantico”, che potete trovare riassunta a questo indirizzo qui.

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