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Librodrome #39 – Bruno Fraschini, Hideo Kojima e L'evoluzione del serpente

Librodrome #39 – Bruno Fraschini, Hideo Kojima e L'evoluzione del serpente

Attenzione. Ogni due settimane, in questa rubrica si parla di cultura. Niente di strepitoso, o che ci farà mai vincere il Pulitzer, ma è meglio avvertire, perché sappiamo che siete persone impressionabili. E tratteremo anche dei libri. Sì, quelle cose che all’Ikea utilizzano per rendere più accattivanti le Billy. E anche le Expedit.

Mi domando cosa penserebbe oggi Bruno Fraschini riguardo a Metal Gear Solid 5 e ai sempre più frequenti microtilt verificatisi nel cervello di Kojima. Mi chiedo come analizzerebbe l'etica di The Phantom Pain e di Ground Zeores (ammesso che esistano) o come approccerebbe la discinta estetica di Quiet, zittendo tutte le sterili polemiche tuttora in corso con un nuovo e autorevolissimo tomo. Per cercare d'immaginarlo, l'altra sera ho riletto per l'ennesima volta Metal Gear Solid. L'evoluzione del serpente (appartenente alla collana Ludologica e risalente addirittura al lontanissimo 2003).

Un libro di dieci anni fa, che m'ha inondato ancora una volta le sinapsi con l'estasi che è propria di una primissima, limpida rivelazione.

Retrospolpatevelo.

Retrospolpatevelo.

"Il senso più autentico del testo emerge solamente nel momento in cui il giocatore accetta la sfida di Kojima e rimette insieme gli indizi forniti dall'autore durante l'intera esperienza di gioco. All'utente è dunque richiesto di accedere a un livello superiore e cominciare a riflettere." L'analisi di Fraschini muove dalle origini della serie su MSX2 (1987), fino all'ermeneutica della finzione illusoria di Sons of Liberty (2001). Il testo del "riccione" nipponico, si sa, prende a prestito il linguaggio e le modalità espressive di altri media, quindi sovraccarica il giocatore con informazioni apparentemente contraddittorie e lo costringe a rielaborare i fatti in qualità di giocatore/spettatore. Lo stile di Fraschini, invece, è pregevole perché chiaro e lineare, avvalorato da accurate descrizioni di plot e brillanti disamine sulle tecniche cinematografiche utilizzate nei giochi della serie. L'autore, mediante un tutorial teorico che si propone lo scopo di chiarire concetti quali "il videogioco come testo incompleto", "il videogiocatore come attore e regista", "protesi digitale" e "giocatore empirico", esamina con perizia gli stratagemmi utilizzati di volta in volta dalla vecchia volpe di Setagoya. Metal Gear Solid.

Hideo Kojima, tra narrazione ricorsiva e ludus

Hideo Kojima, tra narrazione ricorsiva e ludus

La trattazione di Fraschini, allora, adotta metodi d'analisi propri della ricerca cinematografica, sbobina con premura interi plot, li rilegge con piglio critico e ne estrapola le componenti ideologiche sottese. Segnala ciascun movimento della telecamera e spiega con dovizia di particolari le tecniche cinematografiche utilizzate dal "regista", per esempio nel duello tra Snake e Gray Fox (Metal Gear Solid, 1998), smembrato e sminuzzato in diciannove sequenze analizzate per filo, per segno e con più precisione di una katana di un cyborg ninja. E come non emozionarsi di fronte al mirabile racconto (parimenti tecnico ed emozionale) dello scontro tra Snake e Psycho Mantis, quando ci ritrovammo per la prima volta alle prese con un metavideogioco, come sotto scacco, in bilico fra etica, sperimentazione genetica e guerra nucleare?

L'evoluzione del serpente, del resto.

L'evoluzione del serpente, del resto.

L'evoluzione del serpente, così, diviene un ineguagliabile strumento d'analisi senza tempo, universale e più che mai attuale. Praticamente, un imprescindibile coltellino multifunzione per sviscerare la produzione hideologica, ossessiva e metareferenziale del game designer nipponico. Una lunga, sottile e penetrante riflessione epistemologica sull'uomo e sulla tecnologia funzionale alla sua alienazione.

Per capire di più, bastano soli dieci euro.

Scheda dell'autore: Bruno Fraschini (1976-2004) si è laureato in Relazioni Pubbliche presso la Libera Università di Lingue e Comunicazione di Milano con una tesi dal titolo Strategie comunicazionali e linguistiche del videogame. Ha insegnato game design presso l'Istituto Europeo di Design e ha collaborato con numerose riviste di videogiochi. Per Unicopli ha pubblicato il saggio Videogiochi e New Media nell’antologia Per una Cultura dei Videogamesa cura di Matteo Bittanti (2002). Ha scritto e curato anche Le affinità elettive. Il linguaggio del cinema nei videogiochi, con un’analisi di Project Zero(testo disponibile esclusivamente in file .pdf). Ha fondato il gruppo musicale Je ne t’aime plus. Ha ufficialmente smesso di giocare nel novembre del 2004.

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