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La title shot di Guacamelee!

La title shot di Guacamelee!

C’erano un giapponese, un canadese e un messicano... no, non è una barzelletta ma è, molto sinteticamente, l’albero genealogico di Guacamelee!, metroidvania sviluppato per PlayStation 3 e PS Vita dai canadesi di DrinkboxStudios, grazie a un’idea di Augusto Quijano, animatore dello studio che, in un attimo di nostalgia, mentre tutti i suoi colleghi si chiedevano cosa fare nel prossimo gioco, ha proposto “non so, però farlo in Messico sarebbe figo”. Detto, fatto.

Guacamelee!, un po’ come i wrestler nei match e nelle conferenze stampa che precedono una lotta per il titolo, fa la voce grossa dall’alto dei suoi punti di forza: un’art directionspudoratamenteappariscente e colorata, che ricalca un po' i cartoni animati dell'epoca d'oro di Cartoon Network, una storia strampalata e apprezzabilissima nella sua semplicità, un corollario di personaggi completamente fuori di zucca e una quantità pressoché infinita di meta-riferimenti che coinvolgono tutto lo scibile, partendo chiaramente dai videogiochi per arrivare alla cultura di internet, passando addirittura alla stampa di settore. Il tutto, come detto, immerso fino al collo in uno scorcio intriso di folklore, usanze e cultura popolare di un tentacolare Messico alle prese con le celebrazioni del Día de Muertos, espediente che da il là alle vicende del gioco e che richiama vagamente Grim Fandango, che non fa mai male.

Il brevissimo incipit ci introduce Juan, mite fattore di Pueblucho, impegnato a salvare la donzella in pericolo della circostanza, la figlia di El Presidente, dalle grinfie di Calaca, un charro (cowboy) maledetto intenzionato a fondere il mondo dei morti con quello dei vivi e dominare entrambi grazie al sacrificio della pulzella. E, senza timore di spoilerare, ché la cosa succede due minuti dopo l’inizio della partita, il nostro Juan muore nel tentativo, finendo nell’aldilà, salvo poi tornare prontamente tra noi grazie ad una potentissima maschera da luchador, che consentirà alle potenti braccia da agricoltore di Juan di essere usate adeguamente contro la minaccia di Calaca.

Il combatsystem di Guacamelee!, come si richiede a un titolo con protagonista un luchador di stazza, è piuttosto immediato, ben congegnato e appagante e propone, oltre all’immancabile salto, i colpi sopra la cintura, le prese e i lanci, e tutto un corollario di colpi speciali, tra uppercut e frogsplash, che si vanno ad aggiungere al repertorio lungo la nostra avventura e che, come in ogni buon metroidvania che si rispetti, vanno utilizzati per raggiungere le porzioni di mappa virtualmenteinaccessibili. A suon di manate, suplex e balzi plastici, ci faremo strada nelle profondità del Messico, esplorando tutti gli anfratti di un level design curatissimo nella forma ma un po’ blando e lineare nella sostanza, che pur nella sua freschezza non riesce mai a introdurre un elemento davvero eccellente o memorabile, dando l’impressione che la breve durata della nostra visita a Pueblucho e dintorni, piuttosto che un difetto, sia tutto sommato provvidenziale.

Inoltre, se da un lato la possibilità di passare dal regno dei morti alla terra dei vivi e viceversa risulta un ottimo escamotage dal punto di vista dell’esplorazione delle aree e delle fasi platform, dimostrando una volta di più l’ottima fattura complessiva del level design (nonostante dei controlli non particolarmente comodi, almeno su PS3), la possibilità di cambiare costantemente “lato” si dimostra una scelta un po’ poco armoniosa per quanto riguarda i combattimenti contro gli avversari che popolano i livelli: poiché questi sono danneggiabili solo nel loro mondo di appartenenza, ci troviamo a fare continui andirivieni, che, per quanto non particolarmente fastidiosi o scomodi, stonano un po’ rispetto alla cifra generale del gioco.

C’è anche da dire che gli sgherri infernali di Calaca sono poco più che sparring partner tutt’altro che insormontabili per il nostro Juan, e quindi la scelta di piazzarli su due mondi diversi va in qualche modo a sopperire al tasso di sfida piuttosto docile che contraddistingue tutto il gioco, fatta eccezione per qualche fase più esigente verso la conclusione. Di tutt’altra pasta sono i boss del gioco che, dall’alto dei loro pattern di attacco più variegati e subdoli, richiedono di essere affrontati con gli occhi bene aperti e con un’attenzione speciale alle mosse e al tempismo con cui andremo ad attaccarli, pena qualche retry di troppo e il profilarsi, addirittura, di un po’ di frustrazione.

Insomma, per quanto Guacamelee! lanciasse proclami da titolo, il match per la cintura non è andato proprio per il meglio: nonostante una forma invidiabile, fatta di colori sgargianti, battute e ammiccamenti continui quanto sagaci e una realizzazione tecnica di prima fattura, grazie anche a un frame rate sempre sostenuto e a una risposta dei comandi sempre pronta, dal punto di vista ludico, andare dietro a Calaca e i suoi lacché per le varie zone della mappa risulta una missione piuttosto lineare, al limite del teleguidato, in cui gli unici sussulti sono legati a fasi esplorative capaci di farci tarantolare sul pad e ai boss fight, che davvero rappresentano un salto di categoria rispetto al resto degli avversari del gioco.

Tuttavia è innegabile che, pur con qualche sbavatura, Guacamelee! sia un buon gioco, capace di intrattenere pur senza esprimere tutto il buon potenziale che risiede in quelle possenti fibre muscolari, lasciando ben sperare affinché il lavoro di Drinkbox non cada nel vuoto come un salto dalla terza corda, ma porti presto Juan e tutta la combriccola di Pueblucho a disputare un rematch per il titolo.

Ho finito Guacamelee! in cinque ore tonde tonde, senza quindi mettermi dietro a tutti i collezionabili, dopo averlo regolarmente acquistato su PlayStation Network al prezzo di 10,39 € (se non avete PlayStation Plus, il prezzo è 12,99 €), giocandolo interamente sulla mia PlayStation 3. Parlando con un mio amico che lo ha finito su PS Vita, ho cominciato a pensare che i comandi siano molto più comodi sul portatile Sony che sul DualShock, perché spesso pensavo che ci fosse un po’ troppa roba da premere. Però, purtroppo, a me le PS Vita non le regalano, quindi non ho modo di confermare i miei timori. Comunque, come avrete intuito, il gioco è Cross-platform e soprattutto Cross-save, quindi con un esborso solo, vi portate a casa sia la copia da salotto che quella portatile, e andate avanti con lo stesso salvataggio. Niente male.

Voto: 7.5

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