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Il fantasy sopra le righe di The Book of Unwritten Tales 2

Il fantasy sopra le righe di The Book of Unwritten Tales 2

Tra uova, galline, kickstarer e videogiochi sono veramente nel pallone; ancora qualche anno e non saprò più chi è nato prima. Però in fondo chi se ne frega, se il risultato è convincente. Sia che si tratti di una gustosa omelette, che del seguito di una delle più ispirate avventure grafiche degli ultimi anni. Genere (puntatore a forma di) croce e delizia per una considerevole fetta demografica dei lettori di questa recensione, presumo, abituata a detonare mortaretti e sventolare bandiere ad ogni annuncio di Sierra e Lucasfilm Games nei tempi d'oro che furono, salvo rimanere a bocca asciutta o quasi negli anni successivi, quando il genere venne messo in criostasi senza troppi complimenti, per un motivo o l'altro.

Grazie Lucasfilm Games, per lo S.C.U.M.M. e per gli scoiattoli a due teste da uccidere con la mazza da golf, anche se non era necessario; grazie Sierra, per Larry Laffer e per aver mostrato agli utenti Amiga le meraviglie di EGA e AGI, prima della febbre degli emulatori.

Ok, l'ultima era cattiva, ma andiamo avanti.

Nate, sempre con la testa tra le nuvole.

Gli amici di King Art la sanno lunga in materia, ma del resto è nel loro DNA. Sono tedeschi, un popolo che vanta una competenza di spicco nel genere avventura, sia per quanto riguarda i prodotti commerciali che per quelli amatoriali, come l'ottimo Zak Mc Kracken 2: The Mindberders are Ba... no, quello era un pesce d'Aprile di Zzap!, volevo dire Between Time and Space.

King Art è però uno studio piccolo, con titoli apprezzati dalla critica ma lontano dai riflettori delle produzioni a tripla A, quindi il connubio con la celebre piattaforma di crowdfunding è stato un passo comprensibile quanto necessario per dare un seguito alle avventure di Nate, Ivo, Wilbur e di quell'adorabile, pelosissimo idiota di Critter. Ben venga la "colletta", mai come in questo caso: personalmente The Book of Unwritten Tales 2 (uff, lo abbreviamo TBOUT2 d'ora in poi, sì?) è uno dei migliori giochi creati unendo il portafogli e l'amore degli appassionati al know how di un gruppo di programmatori che sa il fatto suo, qualitativamente al livello del meraviglioso Divinity: Original Sin. Tutti i pezzi del puzzle sono al posto giusto, con enigmi diabolici ma allo stesso tempo logici e appaganti, un cast a cui non si può non voler bene e un doppiaggio in lingua inglese senza punti deboli.

Quella spada mi ricorda qualcosa...

Per chi avesse perso l'appuntamento con il primo capitolo, niente paura; il gioco è perfettamente godibile anche ai nuovi venuti, sebbene qualche citazione verrà comunque persa. Fa nulla, perché i tre protagonisti inizieranno separati l'uno dall'altro, ognuno intento nelle sue faccende; ne avrete di tempo per apprezzare la disarmante buona volontà dello gnomo Wilbur alle prese con una scuola di magia a rotoli, così come la disperata Ivodora in quel di Silberwaldreich (la risposta di King Art a Rivendell), concentrata su un matrimonio combinato che non s'ha da fare. E poi c'è Nate; un po' Sinbad, un po' Indy, scaltro ma scemo allo stesso tempo.

Ho davvero apprezzato la rappresentazione dei personaggi, grazie ai dialoghi e alle situazioni che li spingono a ritrovarsi e confrontarsi; sotto questo aspetto TBOUT2 vi stupirà con momenti pregevolissimi, pur non nascondendo la sua vena comica neppure un attimo. Merito delle battute e delle citazioni alla cultura pop. Ce ne sono parecchie; solo nella biblioteca di Silberwaldreich ho trovato strizzate d'occhio rivolte a Game of Thrones, Masters of the Universe, Final Fantasy, Skyrim, Portal, Minecraft, Monsters & co. e chissà cos'altro sto dimenticando. Ma non si tratta di una presenza soffocante e sbandieratissima come in un Randal's Monday qualsiasi, quanto di un metagioco in cui è divertente notare quel dettaglio o l'altro quasi per caso, con il successivo ghigno del vegliardo che capisce dove i ragazzi di King Art volevano andare a parare, perché lui c'era: ricordate quanto vi siete divertiti a riconoscere questa o quell'altra astronave all'inizio di Space Quest III? Stessa cosa, ma fortunatamente senza EGA, dato che TBOUT2 vanta una resa grafica ottima, valorizzata da un uso del colore impeccabile.

Una Hogwarts tutta sbagliata per Wilbur.

Come ciliegina sulla torta ci sono gli enigmi extra, non indispensabili per raggiungere i titoli di coda dopo una ventina di ore circa, tuttavia utili per sbloccare capi di abbigliamento extra e qualche dialogo supplementare. Un extra niente male, abbinato a una certa libertà nell'ordine con cui risolvere gli enigmi, che non guasta. Per questo avrete a disposizione un'interfaccia pulita, sommariamente spiegata in un breve tutorial iniziale; solitamente il primo clic serve per ottenere una descrizione dell'oggetto puntato, mentre con il secondo lo si aggiunge all'inventario o lo si usa.

Snella e immediata, ma anche completa grazie alla barra spaziatrice che evidenzia tutti gli oggetti con cui interagire, risparmiando ulteriori mal di testa a chi ha perso pazienza e capelli andando alla caccia di pixel in un Gabriel Knight qualsiasi. The Times They Are a-Changin', cantava un tipo più importante di me. Non sempre per il peggio, fortunatamente.

Ho giocato TBOUT2 con un codice fornito dagli sviluppatori carico d'amore e speranza, dato che a suo tempo avevo completato la prima avventura e non vedevo l'ora di tuffarmi nuovamente nei guai assieme a un gruppo di cari amici digitali. Aspettative andate in porto alla grande, dato che il gioco è una bomba, come probabilmente avrete intuito dai toni della recensione. Quel brav'uomo di giopep aveva sottomano un walkthrough tentatore che ho rifiutato senza pentimenti, dato che gli enigmi sono stati piacevoli e mai eccessivamente cervellotici. Nel dubbio, esaurite sempre tutte le opzioni di dialogo nei vicoli ciechi, consiglio spassionato.

VOTO: 9

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