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Fire Force: abbiamo un problema

Fire Force: abbiamo un problema

AMV!! (che per me è come dire: SIGLA!!)

BAM! Senza neanche chiedere “permesso”.

L’avete percepito, il FOMENTO?! L’avete realizzato che, al netto della impressionante capacità dell’editor di unire in un video adrenalinico i momenti “Fuck Yeah!”, la serie anime Soul Eater, tratta dal manga omonimo di Atsushi Ookubo, evidentemente, di momenti “Fuck Yeah!” ne doveva avere una certa quantità (anche tanti momenti “Meh!”, eh! Siamo onesti)? Avete percepito la chiarezza e linearità delle scene d’azione, con azione e reazione cesellate al millimetro dal miglior cambio di inquadratura possibile? Mentre c’eravate, avete notato la scelta assolutamente controcorrente di avere una protagonista a-carismatica (e piatta come una tavola), circondata da personaggi ciascuno con la sua devianza evidente, che portava UNO SHONEN ad avere adulti decisamente più interessanti dei giovani protagonisti (per non parlare della Professoressa Medusa, antagonista principale e MILF: Mother I Like to FFFFFFFFFFFFFFFFFaaaadon’tkillmepleaseeee!)?

Ecco, bene, di tutto questo, in tre puntate della serie animata Fire Force, tratta dal manga omonimo di Atsushi Ookubo e distribuita in Italia da Yamato Video, non c’è traccia.

Ma zero, eh!

E forse la sigla è già indizio sufficiente

E, boh, non so voi ma a questo punto io penso che abbiamo un problema.

Perché mi piacerebbe poter dare la colpa allo Studio David, responsabile della messa in produzione dell’animazione ed evidentemente non dotato delle stesse capacità registiche e realizzative dello Studio Bones. Però devo riconoscere che già il manga di Fire Force mi aveva lasciato abbastanza freddo, laddove la carica demenziale di Soul Eater, al netto dell’impossibilità di digerire BLACK STAR (da scrivere sempre maiuscolo e urlato) e di alcuni gimmick forzati, mi aveva conquistato entro il terzo numero.

Ma se a un anime applico la nota “regola del tre” (in caso di dubbio: arrivare alla terza uscita per decidere se continuare o droppare) e se la applico FORZANDOMI perché credo nell’autore, quando già al primo capitolo vorrei droppare, non so voi, ma penso che abbiamo un problema.

Perché non riesco a prendere bene il fatto che non riesco a ricordarmi il nome del protagonista ORFANO, con UN TRAUMA e UNA MISSIONE, e preferisco rivolgermi ai comprimari come “Officer GoodGuy”, “Tenente Perfettino” e “Il biondo”.

Ancora meno, apprezzo che dopo aver fatto un lavoro, appunto, “decostruzionista” con una delle rarissime protagoniste femminili shonen completamente priva di qualsiasi fascino femineo

Oh, senti, sei ancora una bambina… cresceranno anche a te!

Oh, senti, sei ancora una bambina… cresceranno anche a te!

nelle prime tre puntate TRE di Fire Force vengano introdotte TRE comprimarie femminili a cui, in rispetto della inequivocabile dichiarazione d’intenti, possiamo riferirci come Fanservice 1 (fetish: pure, nun, blonde), Fanservice 2 (fetish: muscle, airhead, brunette, big girl), Fanservice 3 (fetish: savage, twin tails, cat ears, sexy accident, tiny top big boobs).

Eh, no, certo… sono io che mi invento le cose!

Eh, no, certo… sono io che mi invento le cose!

Ora, onestamente, io derido, a volte proprio depreco, chi in nome di una “crociata contro il fanservice” non è in grado di “farsela una risata” e apprezzare COMUNQUE un anime che nonostante le quantità tossiche di fanservice fornisce intrattenimento di qualità superiore (Bakemonogatari) o, semplicemente, “se ne sbatte di tutto e di tutti” (Cross Ange).

Ma ci deve essere qualcosa da apprezzare. Qui, boh, la trama? Vi ho detto che il protagonista è ORFANO con UN TRAUMA e UNA MISSIONE?

Lo sapete che abbiamo antagonisti che sembra trasformino persone in demoni incendiari “for the Evulz” ma che poi sotto sotto hanno UN MOTIVO perchè “i buoni non la raccontano giusta”(tm) e di mezzo c’è LA KIESA!!!111!!!

Ci sarebbe ancora una cosa, che può salvare tutto quando tutto, in uno shonen, sembra perduto: l’azione! Innumerevoli serie hanno dimostrato che, se ci sono I PUGNI NELLE MANI, si può passare sopra al fanservice buttato “in dog dicking way” e alla trama presa a pagina 133 di “Comodi Canovacci Narrativi” del professor GianPierCarlo Banaletti de Pigris.

Purtroppo, l’azione in Fire Force si divide tra la “afterburner-capoeira” del protagonista e gli effetti pirotecnici dei dotati di superpoteri e la tecnica di assalto che, con una ficcante immagine, definiremo “del pupazzo di neve a rotelle (all’inferno)”, di tutti i “normali” pompieri d’assalto.

Eh, no, certo… sono io che mi invento le cose!

Insomma, nelle parole di un saggio: “è un po’ un casino”.

Per cui, boh, alla fine mi trovo un po’ depresso e un po’ seccato e mi viene voglia solo di riguardarmi a nastro il meglio che Soul Eater, con i suoi difetti, aveva provato a offrirci nel tentativo di “svecchiare” lo shonen e renderlo un po’ più bizzarro.

E, sotto sotto, spero lo faccia Ookubo, magari spendendo una lacrimuccia.

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