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Coffee Talk Episode 2: Ibiscus & Butterfly e perché in Italia non capiamo un ca**o di caffè

Coffee Talk Episode 2: Ibiscus & Butterfly e perché in Italia non capiamo un ca**o di caffè

Quando in Coffee Talk Episode 2: Ibiscus & Butterfly ci chiedono un espresso, dobbiamo preparare probabilmente un double shot o un triple shot servito su una tazza grande. Invece di 7 grammi di caffè, se ne usano 14 o 21. E a giudicare dai sacchettini da 250gr che si intravedono sullo sfondo, non sarà una banale miscela ma sicuramente un monorigine, o ancora meglio uno specialty. Noi italiani abbiamo un terribile difetto: crediamo di bere il caffè migliore al mondo. Non è così. Che poi, come il vino o la birra o l’olio, non esiste UN caffè ma molteplici tipologie di caffè e di estrazioni, ma a questo ci arriveremo più avanti. Quando entriamo in un bar, invece di chiedere “che caffè avete?” ci accontentiamo di un mediocre “mi fà un caffè?”. Errore! Il palato dell’italiano medio è ormai assuefatto da migliaia di caffè bruciati, amari, bollenti, da sorseggiare al volo davanti al bancone di un bar. Spesso corretti con zucchero o latte proprio per mascherare i difetti, o accompagnati da un bicchierino d’acqua per portare subito via lo sgradevole retrogusto. Come ci spiega Antonio Tombolini nel suo recente podcast Coffelines, “se l'espresso ci parla di energia, concentrazione rivolta all'azione, velocità; il caffè filtro ci parla di meditazione, conversazioni, compagnia. Se l’espresso è la rapidità della pausa caffè tra un'incombenza impellente e l'altra; il caffè filtro è il caffè che si fa compagno del nostro lavoro appoggiato alla scrivania accanto al computer o durante una passeggiata o nella prima colazione di una domenica mattina." Noi italiani, nella maggior parte dei casi, non prendiamo il caffè perché ci piace, ma per la caffeina, come se fosse una medicina da buttar giù con il naso tappato.

La caffeina è la sostanza psicoattiva più abusata al mondo.

Michael Pollan, in Piante che cambiano la mente, arriva a dire che “la caffeina è una maledizione, in quanto ci rende assuefatti in un regime che ci trasforma in lavoratori più arrendevoli e produttivi, accelerandoci in modo da farci stare meglio al passo con l'apparato della vita moderna creato dall'uomo". La medicina perfetta per il capitalismo, insomma, a basso costo e presente praticamente ovunque. Non voglio tediarvi su quale sia il migliore caffè o il migliore metodo di estrazione. Vi basti sapere che esistono due varietà principali di caffè al mondo: la coffea arabica e la coffea canephora, meglio conosciuta come robusta. La prima cresce solo sopra determinate altezze, ha un corpo equilibrato, aroma intenso, sapore dolce, gusto persistente e sviluppa metà caffeina rispetto alla robusta, che invece risulta amara, meno aromatica, legnosa. Mentre nel resto del mondo si consuma prevalentemente arabica, in Italia ci beviamo principalmente robusta. Tiè!

Una esplicita illustrazione di GGT

Ma c’è un motivo per cui beviamo principalmente robusta o quando va bene una imprecisata miscela. Perché, come dicevamo prima, nel nostro paese, che è anche quello che ha inventato la macchina per espresso, si beve quasi esclusivamente un caffè ristretto, cremoso, da mandare giù tutto d’un fiato, velocemente, in piedi o seduti su scomode sedie di plastica e tavolinetti appiccicosi. Le cose non vanno di certo meglio dentro le mura domestiche, dove i poveri utenti, martellati da pubblicità con brand ambassador hollywoodiani in pigiama e vestaglia, preferiscono sempre di più la velocità delle cialde o delle capsule al rito della moka, della cuccumella o di un caffè filtro che richiede di macinare i chicchi regolando la grana a seconda dell’estrazione preferita, pesare la giusta quantità di polvere, mettere la corretta proporzione e temperatura di acqua e aspettare. In Italia non c’è la concezione del caffè come bevanda da sorseggiare lentamente, per trascorrere del tempo a chiacchierare in compagnia, accomodati su soffici poltroncine in una bella caffetteria, magari piluccando anche una fetta di torta. E pensare che in Svezia (dove per la cronaca si consuma molto più caffè che in Italia) hanno persino una parola per questo rito: fika! Fico, no?

Luci soffuse, comode sedute, fuori piove, due chiacchiere e una bevanda calda. Ah la vita!

In Coffee Talk Episode 2: Ibiscus & Butterfly vestiamo per la seconda volta i panni de* barista dietro il bancone del locale di Seattle che apre le serrande solo di notte e le chiude all’alba. Credo che in Italia un locale così avrebbe una vita più che breve. Uno perché non so come un'attività possa sostenersi con solo tre o quattro clienti al giorno che consumano solo una bevanda calda restando seduti per ore a chiacchierare tra loro. Due perché il barista/proprietario si ritrova più a svolgere il ruolo di psicologo che di barman. Avete presente quella meravigliosa serie TV che è Midnight Diner: Tokyo Stories (ne parlammo qui)? Ecco, siamo a quei livelli! Solo che invece di preparare piatti giapponesi, prepariamo tazze di caffè. Per fortuna, come nella serie, ci sono gli habitué.

In una Seattle fantasy e multietnica abitata da lupi mannari, elfi, fauni, vampiri, alieni, umani e così via, dobbiamo servire le bevande richieste dagli avventori ed ascoltare le loro storie. Se serviamo o meno la bevanda giusta, la narrazione prenderà diverse pieghe, fino a portarci a diversi finali. Tornano alcuni personaggi che abbiamo imparato a conoscere nel primo episodio, ma non mancano nuovi clienti. Così come sono stati introdotti due nuovi ingredienti con cui preparare colorate bevande: il fiore rosso dell'ibisco e quello blu del butterfly pea. Quando il cliente ci chiede di preparargli qualcosa, è nostro compito cercare di capire quali ingredienti usare scegliendo tra una base, un primario e un secondario. Oltre a questa meccanica di base, è stata aggiunta una piccola variazione, che consiste nel poter dare anche degli oggetti insieme alla bevanda. Dando l’oggetto giusto al cliente giusto, si sbloccano dialoghi aggiuntivi.

Coffee Talk è frequentato da personaggi variegati, che per la maggior parte potremmo definire hipster. Solitamente gli hipster vanno in cerca di locali nuovi e sconosciuti, li amano e li frequentano, ma quando diventano famosi si spostano in cerca di altro. Coffee Talk non ha questo problema, è tutt’altro che famoso. È frequentato da pochissimi clienti, perlopiù appunto abituali. E mai più di quattro a sera. Ci sono influencer, programmatrici di videogiochi, tassiste, poliziotti notturni, modelli, scrittrici, cantanti. Il bar è il luogo dove si rifugiano durante le loro notti insonni, il fine turno o semplicemente per trovare riparo dalla pioggia incessante di Seattle. Un posto accogliente e caldo dove poter sorseggiare una fumante bevanda, scambiare due chiacchiere e magari fare anche qualche nuovo incontro. Nel bar non c’è il Wi-Fi e le sedute sono davanti al bancone, quindi anche chi è solo può parlare con il barista che è sempre pronto ad ascoltare. Amate leggere con la pioggia in sottofondo e una rilassante colonna sonora lo-fi? Vi piace preparare (almeno virtualmente) caffè, tè, cappuccini, cioccolate, e molto altro, sbizzarrendovi anche con la latte art? Sbavate per una colorata estetica in pixel art moderna? Vi piacciono le storie leggere, contemporanee, legate a temi di attualità ma anche con una morale? Adorerete Coffee Talk Episode 2: Ibiscus & Butterfly.

Facciamo una bevanda blu e “zenzerosa”?

Io ho un locale dove tra le altre cose servo anche il caffè filtro specialty a scelta tra due o tre monorigini di provenienza e micro torrefazioni diverse e so che chi apprezza questo tipo di bevanda è propenso al dialogo, alla cultura della lentezza, al buon bere. Se in altre parti del mondo questa tipologia di caffè è data per scontata, nel bel paese “open to meraviglia” fa molta fatica a prendere piede, soprattutto in provincia, dove non c’è il turismo internazionale. L’altra sera è venuto un cliente olandese e quando ha visto che proponevo il V60 mi ha ringraziato dicendomi “you made me happy”. Lo propongo principalmente perché piace a me, ho studiato il mondo del caffè e quando qualcuno me lo ordina al posto dell’espresso, per me è come una piccola vittoria. È come se Davide (il caffè filtro specialty) scagliasse un sasso contro Golia (l’espresso industriale delle grandi torrefazioni). A ben pensarci, anche Coffee Talk Episode 2: Ibiscus & Butterfly è Davide (piccola produzione indonesiana) che cerca di farsi spazio tra i tanti Golia (giochi mainstream). Magari non riuscirà ad ammazzarli, ma i suoi affezionati clienti saranno sempre al bancone ad aspettare nuove bevande e nuove storie. 

RIP Mohammad Fahmi.

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