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Call of Cthulhu: elementare, Nyarlathotep

Call of Cthulhu: elementare, Nyarlathotep

Riuscire a sostenere il peso delle aspettative non è facile, soprattutto quando porti il nome della novella più famosa e iconica di tutta la letteratura horror mondiale. Gli sviluppatori di Call of Cthulhu hanno cercato in tutti i modi di rispettare il prezioso materiale lovercraftiano cui potevano attingere, capitolando, però, su una struttura ludica appena accennata. Introdurre la storia di Call of Cthulhu è paradossalmente uno degli elementi meno impellenti in sede di recensione. Non solo per una mera questione di spoiler, ma perché quanto di buono il gioco ha da offrire segue un canovaccio narrativo piuttosto basilare, che si snoda inesorabilmente col passare delle ore, soprattutto a livello emotivo.

Edward Pierce, il protagonista di Call of Cthulhu, è un veterano della Grande Guerra, avviluppato dalle spire dell’alcolismo e ottenebrato dalla dipendenza da psicofarmaci. La sua lunga e impervia scalata verso una rinnovata dignità passa attraverso l’apertura di uno studio investigativo, nel quale l’uomo riversa tutta la propria conoscenza. Un nuovo caso lo porta nel Massachusetts, sull’isola di Darkwater, per investigare sulla misteriosa morte della famiglia Hawkins. Una base narrativa assai semplice, plasmata soprattutto sulla rottura della lucidità e l’incedere inesorabile verso la follia. Temi universali, trattati non solo in altri titoli più o meno iconici, ma anche tramite giochi di ruolo vecchia scuola.

La casa della follia.

È proprio sul GdR cartaceo pubblicato nell'ormai lontano 1981, difatti, che Call of Cthulhu prende corpo, donando al gioco una fortissima aura da titolo investigativo. Non a caso, gran parte della prima metà di gioco ci vede di fronte a una sorta di avventura à la Sherlock Holmes, rivista in chiave horror. Chiaramente non si tratta di un difetto, soprattutto vista la cura con cui ogni elemento del protagonista è caratterizzato attraverso un’efficace scheda riassuntiva.

Le abilità rappresentate - investigazione, fiuto, psicologia, forza, eloquenza - sono tutte destinate a crescere col procedere degli eventi, ma anche e soprattutto facendo determinate scelte. Altre abilità specifiche, come occulto e medicina, vanno invece rimpinguate trovando appositi testi da “studiare“. Una soluzione un po' semplicistica ma comunque funzionale allo sviluppo del personaggio.

A debita distanza, in senso letterale, i personaggi principali appaiono più che discreti.

Da bravo investigatore privato, il nostro Edward non lesina in domande dirette e puntute, mettendo in risalto una struttura a dialoghi piuttosto soddisfacente. In base alle proprie facoltà e alle scoperte fatte, alcune domande risultano sbloccate e disponibili, oppure necessitano lo sviluppo di una particolare abilità, affinché Edward riceva risposte esaurienti. Sulla carta, e non è una battuta infelice, tutto fila liscio, almeno nella prima metà dell’avventura. Scavando ancora nel comparto ludico, tuttavia, emergono altri elementi interessanti, ma poco approfonditi, come le fasi investigative. Molto simili a quelle già viste in The Vanishing of Ethan Carter o nei vari Batman di Rocksteady, questi momenti mostrano del potenziale, ma non lo sviluppano mai abbastanza. Quando il gioco lo permette, il protagonista può entrare in una sorta di trance, in cui dare vita agli indizi che lo circondano, per ricostruire la situazione e gli eventi che li hanno generati.

Accendini, torce e lampade fendono a stento l’oscurità.

Pur attingendo alle varie conoscenze mediche, occulte o più semplicemente deduttive, tali sezioni sembrano fin troppo guidate e praticamente impossibili da fallire. A costo di un ozioso backtracking, avrei preferito che il protagonista rinunciasse a trarre conclusioni affrettate in assenza di prove sufficienti, optando per ulteriori sessioni investigative. Invece, nonostante gli ambienti discretamente ampi, l’incedere dell'avventura è fin troppo guidato e lineare. Un gameplay di questo tipo, con più bassi che alti, non si discosta poi molto da quanto già visto in altri titoli investigativi, con qualche sparuto accenno a sessioni più complesse. Nello specifico, mi riferisco alle immancabili “digressioni” stealth e alle dimenticabili fasi sparacchine, che chiudono la seconda metà del gioco in un vortice claustrofobico e angosciante, ma anche confuso e inconcludente.

Non mancano scene visivamente esplicite, ma la chiave di lettura è (quasi) sempre psicologica.

A ben vedere, oltre alla raccolta di olio per la propria lanterna o alla minuziosa ricerca di indizi, Call of Cthulhu non sfrutta appieno nessuna delle velleità ostentate nelle prime ore di gioco. Qualche timido espediente meta-ludico, come la deformazione dell’interfaccia di gioco o l’intrusione subliminale di scritte in alfabeto “r'lyehiano”, non riesce a trasmettere appieno quel senso di follia cui il gioco sembra ambire fin dalla schermata iniziale. Eppure, nonostante tutto, la putredine del mare immoto, il verde opprimente che trasuda da ogni parete e l’inesorabile trascendenza psicologica del protagonista tengono legati allo schermo. Magari è poco, per un gioco venduto quasi a prezzo pieno, ma è impossibile negarne l’oscuro carisma.

La crescita del personaggio, ahimè, non ricalca la profondità dello schema che la rappresenta.

La grafica, seppur impreziosita da gradevoli effetti di illuminazione, rimane mestamente ancorata al passato, ricordando più un remaster di un gioco del 2008 che una produzione moderna. Pur presentandosi come una versione putrescente e verdognola del primo Dishonored, il titolo dei Cyanide Studios non ne possiede il ricercato character design, né la perfetta stilizzazione architettonica. I personaggi sono assai legnosi e poco caratterizzati, eccetto il protagonista, che risalta soprattutto nelle cutscene. L’atmosfera non è del tutto deficitaria, grazie alle ottime fonti di luce e agli ambienti plumbei e soffocanti. Tecnicamente rimane un prodotto arretrato ma, come il resto del gioco, non è una componente da bocciare in toto.

La vicenda di un uomo distrutto, ferito dalla guerra e dall’alcolismo più di quanto qualsiasi creatura ultraterrena possa mai fare, è un incipit forse scontato ma che riesce a tenere a galla una produzione altrimenti assai lacunosa. Pur scialacquando il prezioso materiale a disposizione vergato da H.P Lovercraft, Cyanide Studios pone le basi per un ottimo seguito. Il prezzo da pagare, tuttavia, oltre a un gioco chiaramente incompleto, è anche quello di listino: ed è un costo del tutto spropositato, nonostante ogni ragionevole attenuante.

Ho scaricato Call of Cthulhu su una PlayStation 4 PRO grazie a un codice fornitomi direttamente dal distributore italiano. Ho terminato la campagna principale in otto ore, prendendomela comoda. Poi ho cercato di ottenere diversi finali, modificando alcune scelte e aumentando caratteristiche del protagonista inizialmente ignorate. Call of Cthulhu è disponibile su PC, PlayStation 4 e Xbox One. Come al solito, se acquistate il gioco (o qualsiasi altra cosa) su Amazon passando dai seguenti link, una piccola percentuale di quello che spendete andrà a noi, senza alcun sovrapprezzo per voi. Se volete procedere su Amazon Italia dirigetevi qui, se preferite Amazon UK puntate qui.

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