Outcazzari

Adorabile Nayuta no Kiseki!

Strano destino, quello di PlayStation Portable. Console apparentemente nata sotto una cattiva stella: vittima del successo di Nintendo DS, incapace di imporsi in Occidente e priva di una personalità propria o di un catalogo titoli capace di sviscerarne l’anima. Una console né carne né pesce, verrebbe da dire, l’ombra pallida di PlayStation 2, eppure ancora oggi attiva, eppure capace di ospitare, dando loro linfa e dignità, almeno un paio di generi ludici di nicchia tipicamente giapponesi, e nel mercato del Giappone per lo più confinati, come quelli delle avventure grafiche e dei giochi di ruoli. Genere quest’ultimo da tempo in crisi, come i più sostengono, e non a torto, considerando la quasi totale mancanza di esponenti validi per le console casalinghe, salvato forse solo da una riproposizione a oltranza di giochi del passato (adattamenti, rifacimenti, e quant’altro) e dalla passione di alcune storiche case di sviluppo interamente dedite a esso. Tra queste c’è Falcom, che proprio grazie a PlayStation Portable ha rinverdito i suoi fasti, tornando a sviluppare con continuità su console dopo essersi concentrata a lungo sui personal computer. E nominare Falcom vuol dire chiamare in causa proprio chi il gioco di ruolo giapponese lo ha creato e declinato, ispirando tutto quello che sarebbe venuto dopo, da Zelda a Final Fantasy. Inutile in questa sede tracciare una linea che congiunga Dragon Slayer, Xanadu, Sorcerian e The Legend of Heroes, meglio evidenziare come l’ultima serie creata da Falcom, quella di Sora no Kiseki, il primo capitolo della quale è conosciuto da noi come The Legend of Heroes: Trails in the Sky, rappresenti quanto di meglio si possa oggi trovare nel panorama giapponese dei giochi di ruolo più classici. Mentre il qui recensito Nayuta no Kiseki, spin-off parallelo alla saga appena descritta (o forse primo capitolo di una serie a parte), potrebbe persino essere considerato come il nuovo vertice dei giochi di ruolo d’azione. Peccato che forse in Occidente non lo vedremo mai!

Citare Falcom a proposito dei giochi di ruolo d’azione vuol dire anche andare con il pensiero alla saga di Ys. Rispetto a quest’ultima, tutta combattimento ed esplorazione, con poco testo, un personaggio muto e un terreno d’azione per lo più continuo, piatto e orizzontale, Nayuta no Kiseki introduce diverse novità, nel tentativo di legare l’universo di Adol (lo storico protagonista di Ys) a quello di Sora no Kiseki. Ci troviamo su un’isola che funge da contesto unico per l’intera avventura: non ci sono città da visitare, castelli da liberare o grotte infestate di nemici da sconfiggere, solo poche case e negozi che formano un piccolo villaggio folcloristico. Qui vive il protagonista, il classico preadolescente dai capelli azzurri che si trova invischiato in un’avventura fuori della portata di qualunque altro essere umano. Tuttavia gli stereotipi finiscono qui, o quasi. La mancanza di luoghi da scovare e visitare, più propriamente di una mappa aperta del mondo, lascia subito intuire la meccanica del gioco. Il villaggio rappresenta la base alla quale tornare dopo ogni singola avventura: al suo interno troviamo sparuti abitanti o forestieri, ma ognuno di essi svolge una funzione precipua, è dotato di una spiccata personalità e va a comporre con gli altri un tessuto vitale che incoraggia il dialogo dall’inizio alla fine della storia.

Sembra di vivere in un contesto vero, pulsante, mutevole, che risponde a dovere alle sollecitazioni della trama. A ogni nuovo evento, cambiano le righe di testo, gli atteggiamenti, le richieste: ci si affeziona a personaggi non giocanti che costituiscono nel loro insieme una famiglia composita. Abbiamo il maestro d’armi, le amiche di infanzia, le giovani negozianti, il fabbro, il gestore del museo, i pescatori e il capitano, qualche ragazzetto e un soldato macilento che richiama Don Chisciotte. Lungo l’arco della storia, molti di loro avranno delle missioni secondarie da assegnare al protagonista, non più di due o tre a capitolo, raramente invasive, di semplice risoluzione e contestualizzate con le esigenze narrative: piccole chicche che servono a racimolare denaro e qualche oggetto importante oltre che a familiarizzare con i diversi personaggi. La rete di relazioni e scambi costituisce un micro-mondo credibile, nel quale ogni sfumatura ha un senso, ogni azione una reazione. Dare un osso a un cane abbandonato equivale a trovare un amico, che ci ricompenserà di tanto in tanto con oggetti rari, trovati chissà dove, da consegnare al museo in cambio di pecunia da spendere nei negozi; aiutare a casa nella preparazione dei pasti vuol dire affinare le capacità culinarie e incrementare, nel contempo, gli slot dedicati alle razioni di cibo da portare con sé in battaglia, per ripristinare l’energia. E questi sono solo alcuni spunti che aprono le porte a un gioco in cui ogni elemento ha uno scopo e una funzione.

Sebbene i dialoghi siano corposi, in pieno stile Sora no Kiseki, e la trama nient’affatto scontata o banale, ma anzi apparentemente ricca di colpi di scena (apparentemente perché la fruizione di un gioco di ruolo in giapponese è sempre più una questione di immaginazione che di vera e propria comprensione), il cuore del gioco è l’azione. Motivo per il quale questo Nayuta no Kiseki è ampiamente fruibile anche da un giocatore occidentale. Conosciuti un paio di personaggi di supporto, tra i quali spicca la pseudo fatina che accompagnerà il protagonista consentendogli di usare la magia, attraversiamo un portale che conduce in una dimensione parallela. Ogni ambientazione ivi presente è caratterizzata da una serie di livelli unici da superare in sequenza, fino a sbloccare lo scontro con il classico boss. I singoli livelli possono essere attraversati a più riprese, dato che celano al loro interno bivi e passaggi segreti affrontabili solo dopo aver ottenuto particolari poteri. Presentano inoltre una serie di sfide, soddisfatte le quali si verrà premiati con una, due o tre stelle. Queste vanno a “timbrare” delle specie di cartoline di viaggio, che, una volta riempite, permettono a Nayuta, il protagonista, di ricevere nuove tecniche di lotta dal suo maestro.

Le sfide proposte sono essenzialmente di tre tipi: raccogliere i macro cristalli presenti nel livello, trovare i forzieri e soddisfare il requisito di completamento specifico (finire entro un certo limite di tempo, venendo colpiti meno di dieci volte, senza mai cadere, senza usare cibo, ecc… ). Sembra poco, ma in realtà è quanto basta per tornare più volte, e con gusto, negli stessi ambienti: per esigenze di completamento, perché si è ricevuta una nuova tecnica utile a scoprire un segreto o perché si vogliono affinare le abilità magiche. I livelli sono, in tal senso, mediamente corti (tranne gli ultimi, che portano via anche venti o trenta minuti) e ricchi, ricchissimi di piattaforme, trampolini, burroni, appigli sui quali attaccarsi, leve, pulsanti, pozze d’acqua o di lava, cunicoli e amenità di sorta: a volte sembra di trovarsi in un platform game dei più classici!

Nayuta si muove lungo corridoi obbligati, che si aprono a bivio e si moltiplicano e intersecano nelle zone più avanzate. La visione è per lo più laterale e lievemente inclinata (come in Ys: The Oath in Felghana), la telecamera fissa, i movimenti circoscritti nello spazio dato, con barriere ovunque a impedire una libera deambulazione: è quindi assai difficile essere circondati dai nemici, se non in aree circolari di raccordo tra un corridoio e l’altro. L’azione è veloce, il ritmo intenso, si salta da una parte all’altra senza soluzione di continuità; i nemici, ben presenti, torniti e agguerriti sono posizionati ad hoc, non tanto per disturbare, quanto per permettere al giocatore allenato di concatenare fino a cento o duecento colpi: una furia selvaggia che diverte senza freni. A meno che non si voglia esplorare con calma! Dipende un po’ dall’approccio di gioco, ma ciò che conta, però, è che i controlli sono virtualmente perfetti. Aldilà dell’analogico di PlayStation Portable, non esattamente comodo, Nayuta risponde con prontezza a ogni sollecitazione: il salto è preciso e agevolato dall’ombra del personaggio che va a suggerire il punto di atterraggio, gli attacchi vengono portati con prontezza, lo scatto in avanti si attiva senza indugi, così come lo scudo e le combinazioni più astruse scivolano via come l’olio. Insomma, combattere è uno spettacolo. Non che ci siano chissà quante o quali tecniche da domare, stiamo pur sempre parlando di un gioco di ruolo d’azione, non di un God Hand o un Ninja Gaiden, ma siamo comunque ben aldilà del più classico “pigia pigia” proposto da alcuni esponenti del genere.

Controlli precisi e funzionali, azione frenetica ma anche ragionata, livelli di media lunghezza, non troppo articolati ma nemmeno lineari, e nemici poco aggressivi, ma nient’affatto storditi: che Nayuta no Kiseki sia ben confezionato ma scarso dal punto di vista della sfida? Dipende dal livello di difficoltà che si sceglie. Da evitare con cura il facile, meglio opzionare quello difficile a dispetto del medio, quest’ultimo assai poco impegnativo. Una volta terminato il gioco a difficile, sarà possibile accedere alla modalità “insane”. La prima tornata potrà essere completata in venticinque ore scarse, la seconda si rende interessante per la presenza di nuove missioni secondarie e qualche sorpresa gradita. Non è detto, però, che l’interesse si mantenga vivo tanto a lungo. La passione si assesta su buoni livelli, con qualche lieve caduta: combattere è a tratti entusiasmante, ma a volte si avverte una certa ripetizione, una certa mancanza di varietà, sensazione però messa subito a tacere da un nuovo livello ancora più complicato e affascinante da superare.

Il non poter godere della storia, dei dialoghi e dei personaggi riduce come è ovvio l’empatia e non favorisce la compartecipazione agli eventi, quello stato emotivo capace di sconfiggere anche la noia. A dispetto di questo, però, Nayuta no Kiseki riesce a destare interesse fino alla fine, e questo testimonia la bontà del suo impianto ludico. Peccato per i caricamenti a volte un po’ farraginosi e per alcuni boss di fine livello che, per quanto enormi e articolati nella sostanza, risultano poco interessanti. Ma questi sono gli unici, minimi difetti imputabili a Nayuta no Kiseki, che, oltre a offrire un’interfaccia di comando puntuale e menu chiari e di semplice navigazione, oltre a essere contemporaneo in ogni sua componente, riuscendo a favorire il giocatore senza per questo viziarlo o prenderlo per mano, ma anzi invitandolo a superarsi senza barare, riesce pure a presentarsi con una veste grafica sontuosa, cosa abbastanza inusuale parlando di Falcom, con paesaggi ispirati legati alle quattro stagioni, personaggi modellati e animati con dovizia di particolari, nemici splendidi nella forma e nelle movenze, e la solita inimitabile colonna sonora d’accompagnamento, con un misto di tracce jazz tipiche dei Sora no Kiseki ed elettriche più consone a vari Ys: una JDK Band in ottima forma!

Nayuta no Kiseki è un concentrato di puro piacere ludico, un gioco di ruolo d’azione armonico in ogni sua componente, capace di risvegliare nel giocatore picchi di entusiasmo rari. Niente sembra essere lasciato al caso, non ci sono elementi superflui o fastidiosi: è come trovarsi di fronte a una sintesi accurata del genere, ripulita nei fronzoli fino all’osso. Forse si indugia troppo nei dialoghi, mai comunque invasivi, e soprattutto estranei all’esplorazione, ma, non potendo misurarne il tono e la valenza, non posso esprimermi a dovere. Falcom conosce il genere alla perfezione ed è riuscita a presentare un titolo che sembra riportare in auge l’antica eredità lasciata da Seiken Densetsu II (Secret of Mana).

Lontano dal rigore logico di uno Zelda 2D e dall’esplorazione ininterrotta e compulsiva di un Ys, Nayuta no Kiseki centra in pieno il tono suadente della favola, nei colori, nei personaggi, nelle atmosfere, ma soprattutto nella semplicità con la quale si lascia scoprire e fruire. Proprio come accadeva in Secret of Mana, non è richiesta alcuna abilità particolare per avanzare, tutto è immediato ed è impossibile perdersi! Eppure, non si vorrebbe mai smettere di giocare e niente di quello che succede, niente di quello che viene proposto pare banale, scontato o limitante. Perché assegnargli “solo” un 8,5 allora? Posto che non parliamo certo di un voto penalizzante, a Nayuta no Kisekimanca un particolare per raggiungere l’eccellenza, vale a dire la possibilità di essere colto fino in fondo. Solo una versione occidentale potrà restituirgli il pieno valore, consegnando al giocatore gli strumenti per svelarne l’ottimo potenziale. Restiamo in attesa.

Ho comprato Nayuta no Kiseki in versione limitata presso un negozio online di Hong Kong. Ho impiegato venticinque ore per portarlo a termine in modalità normale e dedicato altre cinque ore al Game Plus. Penso si sia capito a sufficienza, ma lo ripeto: mi sono divertito da morire! Per superare certi frangenti e per capire quali fossero i requisiti necessari a completare alcune missioni, mi sono avvalso di una guida giapponese, resa più o meno comprensibile dai soliti traduttori online.

VOTO: 8,5
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