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Racconti dall'ospizio #34: Quella magica meraviglia di Jade Empire

Racconti dall'ospizio #34: Quella magica meraviglia di Jade Empire

Racconti dall’ospizio è una rubrica in cui raccontiamo i giochi del passato con lo sguardo del presente. Lo sguardo di noi vecchietti.

Nel 2017, dici BioWare e ti vengono in mente subito i giochi delle serie Mass Effect e Dragon Age. Splendidi giochi di ruolo adeguati ai nostri tempi. Nel 2003, parlare di BioWare significava pensare, invece, ai due Baldur's Gate: riuscitissimi tentativi di portare il mondo dei Forgotten Realms e di Advanced Dungeon & Dragons su PC, con visuale dall'alto. Si trattava di gioco a turni ma senza farlo pesare troppo, con decine di statistiche, dadi lanciati e calcoli complessi ma resi indolori per il giocatore. C'era una storia da vivere; c'erano decisioni da prendere e scelte etiche da compiere che avrebbero parzialmente influenzato la storia; c'era da interpretare un personaggio e, appunto, un ruolo, in un modo visto raramente prima. Nel 2002 era uscito anche Neverwinter Nights, ma non ha sicuramente avuto nel tempo la stessa risonanza.

Nel 2003, BioWare intraprese la sua svolta epocale in quello che ancora oggi è considerato un classico: passò al gioco di ruolo in terza persona, lo sviluppò con in mente l'Xbox... e tanto per non farsi mancare niente, lo ambientò nell'universo di Guerre Stellari (diciamo, come piace ai fan, "l'universo espanso di Guerre Stellari"): Star Wars: Knights of the Old Republic, per gli amici KOTOR. Applausi, gente che si spellava le mani, mutande e reggiseni che volavano... un capolavoro assoluto, ricordato ancora oggi con piacere da chiunque ci abbia messo mano. L'intelligenza che muoveva il gioco era ancora quella di un GdR a turni basato sulle regole di AD&D, ma non si notava: sembrava di vivere la storia in tempo reale, focalizzandosi, appunto, sulla narrazione - ancora densa di scelte sia dal punto di vista del gameplay che dell'etica - e non sulle statistiche, che pure c'erano ed erano fondamentali per decidere l'esito degli scontri e dei dialoghi. Inutile far notare che la produzione più recente di BioWare è diretta discendente di quella svolta.

Nel 2005, BioWare tirò fuori, partendo dallo stesso motore grafico di KOTOR, un gioco "strano", completamente avulso dalla loro storia fatta di GdR a turni basati su licenza. Un gioco ambientato in un immaginario oriente medievale, un po' ispirato ai film di arti marziali di Hong Kong, un po' all'immagine che l'Occidente aveva di una Cina medievale fiabesca, densa di misteri e strane filosofie. Un gioco, e questa fu la cosa più sorprendente, che pur mantenendo un'anima da GdR occidentale, la nascondeva dietro un action game basato sulle arti marziali: Jade Empire. Uscì inizialmente per Xbox, un Xbox che si avviava sul viale del tramonto, visto che il già presentato successore sarebbe uscito di lì a pochi mesi, ma che ancora poteva offrire perle come questa.

Me ne innamorai all'istante!

Follemente!

Io, che avevo sempre guardato con disprezzo i giochi di ruolo di azione, diventai folle per Jade Empire.

Ma ci torniamo dopo.

Jade Empire (così come KOTOR) si rifaceva, in 3D, a quello che era stato Baldur's Gate in 2D. Di fatto è la filosofia dei giochi di ruolo attuali: esplori il mondo, parli con i personaggi, raccogli oggetti, scopri situazioni... a un certo punto c'è da menare le mani e lo stesso motore grafico che ha guidato la parte esplorativa si trova a manovrare la parte di combattimento. La grossa differenza rispetto a KOTOR è che Jade Empire in questa fase diventava quasi più un picchiaduro semplificato, che un gioco di ruolo: dovevi stare attento a non finire l'energia e cercare di menare l'avversario finché non andava giù, senza pianificare azioni e coordinare gli attacchi del party (che non c'era: avevi solo un compagno di supporto e non lo potevi guidare). Al solito, dietro c’erano dei calcoli su quanto male avessimo fatto con un colpo o su per quanti secondi potevamo tenere attiva la trasformazione, ma non c’era modo di considerarli durante lo scontro.

In sostanza, la parte più "statistica" da gestire verteva su tre caratteristiche fisiche di cui tenere conto: corpo, spirito e mente. Il primo era legato all'energia, il secondo al ki (il mana da cui attingere per la magia), il terzo alla concentrazione (la possibilità di usare le armi e di rallentare il tempo). Sparsi per il mondo, c'erano vari gadget per potenziare le caratteristiche in diverse maniere. La componente squisitamente statistica, che tanto importante è nei GdR, era però molto semplificata: avanzavi di livello, distribuivi un po' di punti tra le caratteristiche e tra gli stili di combattimento e andavi avanti. Ogni tanto trovavi un gemma o una pergamena che ti potenziava una particolare abilità e te la mettevi in tasca. Detta così, sembra quasi banale, ma funzionava.

In fondo, è un po' l'inizio dell'evoluzione che ci ha poi portati a Mass Effect.

Sulla carta, il gioco prevedeva decine di stili di combattimento. con centinaia di possibili varianti: si poteva combattere con gli stili "marziali", ossia usando solo mani e piedi con pugni, calci, salti e schivate; si poteva andare in "bullet time", muovendosi rapidissimi in un mondo rallentato; si poteva combattere con le armi (che però assorbivano concentrazione); si potevano usare degli stili magici, che potevano essere combinati con gli stili marziali per generare delle devastanti combo (le "combo armoniche"); addirittura, potevi trasformare per qualche secondo il tuo personaggio in un demone potentissimo.

Tutti questi stili potevano a loro volta essere potenziati in vario modo con l'evoluzione del personaggio. Ma poi ti accorgevi che il ki ti serviva per recuperare energia, che la concentrazione era più utile per rallentare gli altri che per manovrare un'arma e che, insomma, c'erano mille stili da usare ma solo un modo per andare avanti senza tanti problemi. Alla fine, tutte le volte che ho giocato a Jade Empire mi sono ritrovato a potenziare uno stile di combattimento marziale velocissimo e a menare gli altri prima che loro menassero me, sfruttando tutte le possibilità di recuperare energie durante il combattimento. Giocato al valore "medio" di difficoltà, era pure abbastanza facile: si andava avanti senza morire quasi mai. Sicuramente i livelli superiori avrebbero richiesto capacità di combattimento più evolute, magari sfruttando tutte le opzioni presentate dal gioco, ma per giocare al livello medio questa tecnica bastava e avanzava.

Ricapitoliamo: siamo di fronte ad un titolo che come gioco di ruolo era a dir poco scarno, come picchiaduro lasciava quantomeno a desiderare, offriva mille opzioni ma nessuna di queste realmente unica... e quindi? Come se non bastasse, a un certo punto (SPOILER SPOILER SPOILER), verso la fine del gioco, quando le cose avrebbero cominciato a farsi serie, ti capitava di apprendere una trasformazione che ti faceva diventare Hulk in un mondo di cartapesta e finivi il gioco in allegria, sbattendo il boss finale come fosse un tappeto. E quindi? Cosa aveva di bello, questo gioco? Tutto! Tutto quello che è difficile descrivere a parole!

Quello che mi sconvolse era l'atmosfera: il mondo fiabesco era poesia pura già preso da solo, ma poi c'era il modo in cui questo mondo ti trascinava all'interno del monitor, la cura per i dettagli, l'emozione di alcune situazioni, il fatto che ti sentivi parte del mondo e della storia... ti chiedevano di vivere un'avventura e ti sentivi come se la stessi vivendo. Poi ti mettevi a parlare con i compagni che ti accompagnavano nel viaggio e capivi che ognuno di loro aveva un mondo dietro, una morale da seguire, un passato, delle paure, delle ferite da sanare... e, sì, lo sapevi che era solo un videogioco ma ti affezionavi lo stesso a loro.

Le immagini a corredo dell'articolo sono tratte dalla riedizione per dispositivi mobili.

Geniale anche la tipologia di scelte morali: due filosofie, la mano aperta e il pugno chiuso. Ma non si parla esattamente di male e di bene: la mano aperta porta con sé l'altruismo, la bontà esplicita e zuccherosa, la voglia di aiutare gli altri... il pugno chiuso, per contro, porta con sé sicuramente un punto di vista più centrato sull'egoismo, ma anche il desiderio di far imparare gli altri dai propri errori, l'idea che devi dimostrare di essere forte per sopravvivere in un mondo difficile, la spinta ad aiutarti da solo e il concetto che se magari oggi ti faccio un danno, domani sarai una persona più scaltra è più brava a sopravvivere nel mondo. Poi, nella realtà, tutto questo è una bella filosofia, ma nel gioco all'atto pratico si semplificava molto con una variante sulla solita dicotomia di lato chiaro e lato scuro, ma era comunque bello che ci avessero provato.

BioWare ti metteva in mano una storia da vivere. Avevi compagni di viaggio con cui parlare e confrontarti, amicizie ed amori da creare, un mondo da conoscere e da spolpare, personaggi da aiutare perché ti facevano pena o da contrastare perché si rivelavano odiosi. O magari il contrario.

E poi decine di libri e documenti da leggere (o anche no), quest secondarie che rivelavano sempre un po' di più del mondo che ti circondava e, insomma, qualcosa che, sia pure in maniera illusoria, sembrava funzionare anche senza di te.

La mia è una completa promozione, nonostante gli oltre dieci anni trascorsi, per questo gioiello di BioWare, rimasto in maniera incomprensibile senza un seguito. Ma forse è meglio che alcuni gioielli rimangano unici nel suo genere.

Come nota gustosa, ricordo che andavi in giro ad esplorare il mondo e ti potevi portare dietro solo un compagno, invece del “party” dei titoli precedenti... e quel compagno, occasionalmente, sarebbe intervenuto commentando il mondo oppure avrebbe detto la sua durante i dialoghi... e allora cominciavi a chiederti se sarebbe stato meglio portarsi dietro quello fortissimo nel combattimento ma disastroso nella diplomazia, oppure quello che conosceva benissimo quella città ma non ti avrebbe aiutato a picchiare gli altri… O magari quello (o quella) con cui ci stavi provando anche se per tutto il resto non ti sarebbe servito a un gran che, o magari solo quello che ti stava più simpatico. Ed era sicuramente anche questo, in qualche modo, che ti faceva sentire vivi i tuoi compagni.

In BioWare, lavorando su una IP originale, sembravano quasi essersi liberati di tutti i dubbi e i limiti che venivano imposti dall'uso di una licenza: sembravano aver dato sfogo all'estro creativo, divertendosi anche loro a creare un mondo e ad inserirci cose dentro. E farle vivere. E gustarsele.

Bello. L'ho giudicato per un decennio il miglior gioco a cui avessi mai giocato: non perfetto in nessun aspetto eppure così meraviglioso nel suo insieme. Diciamo che chiunque, negli anni, gli abbia assegnato un voto inferiore al 9 abbondante ha sbagliato la recensione.

Nel 2007 Jade empire è uscito anche per Windows, in una Special Edition che, di fatto, portava la grafica in alta risoluzione e poco altro, ma ha avuto un ulteriore clamoroso rilancio a fine 2016, quando è stato portato su iOS e Android. Lavoro fatto dalla Aspyr, che già aveva portato su iPad titolini “leggeri” come lo stesso KOTOR e Fahrenheit: Indigo Prophecy.

Si può restare un po' perplessi su come si possa portare un gioco del genere su un'interfaccia touch. Si tratta di un sistema di controllo ottimo per i GdR a turni, ma sicuramente non per un gioco che, nelle meccaniche, ha fasi in cui somiglia a un picchiaduro. E infatti, ahimè, l'interfaccia touch (nonostante le eccellenti soluzioni studiate da Aspyr) si dimostra laboriosa da utilizzare, tanto che la stessa Aspyr si è sentita in dovere di pubblicare un tutorial su YouTube.

No, no, Jade Empire va giocato con un joypad. È un grossissimo limite, per un gioco del genere, ma d'altra parte è l'unico modo per goderne appieno. Decenni di uso di un joypad non possono essere soppiantati da una nuova tecnica di controllo da studiare per l'occasione. Ammetto di aver avuto un po' di paura, a comperare il gioco. Avevo paura di rovinare il ricordo di un gioco che mi era piaciuto moltissimo, avevo paura che il tempo fosse stato inclemente con il capolavoro BioWare, avevo paura di trovarlo superato.

Endorsed by AlexBi.

Immaginate la mia meraviglia quando l'ho trovato stupendo come dodici anni fa, quando mi sono reso conto che non era invecchiato per niente. Certo, il fatto di essere paragonato con giochi mobile aiuta moltissimo a far risaltare le sue qualità. Però è bello. È graficamente più bello di quanto fosse a suo tempo su Xbox, il controller MFI che ho usato (uno Steelseries Nimbus) ha molto poco da invidiare ad un controller per xbox e non ha mostrato il minimo lag.

OK, ammetto che il sottoscritto non è obiettivo quando parla di Jade Empire, ammetto che gli avrei perdonato anche qualche piccola magagna, ma ricordate che era amore e che nulla è più pericoloso dell'amore deluso... e invece ne sono rimasto entusiasta nel modo più assoluto. Se riuscirete a immergervi nella storia, nonostante il piccolo schermo di un tablet o di un telefono, questo gioco sarà una gioia unica e un’esperienza da non perdere. Se invece siete di quelli che “Ma come si fa a giocare ad un gioco serio su uno schermo di 5 o 10 pollici!”, non fa per voi, o forse siete voi che non siete degni di questo gioco.

E ricordate il controller!

Il gioco è disponibile su PC (attraverso Steam a 15 €), su Xbox 360 (9,49 € tramite Marketplace Xbox), su OS X (10 € attraverso Mac App Store), su Android (11 € su Play Store) e iOS (10 € su App Store), gli ultimi tre nella versione di Aspyr. C’è perfino gente che vende ancora le versioni Xbox e PC in copia fisica su Amazon e, come sempre, se volete acquistarlo e usate il nostro link, ci fate arrivare qualche soldino senza sovrapprezzi per voi. Dato che esistono varie versioni, facciamo così: potete cercarle nel motore di ricerca, arrivando su Amazon Italia da questo link o su Amazon UK da quest’altro. Ciao e grazie!

Arriva Arrival, Arrivate al cinema!

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Backlog #4: Non so trovare un titolo perché sono scemo e penso solo a roba banale

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