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The Turing Test lancia il sasso e nasconde la mano

The Turing Test lancia il sasso e nasconde la mano

Una serie di stanze che costituiscono enigmi da risolvere muovendosi attraverso una visuale in prima persona e utilizzando un pistolone che a tutto serve tranne che a far fuori nemici. Un’intelligenza artificiale che dialoga costantemente con il personaggio (femminile) da noi interpretato e affronta tematiche relative al libero arbitrio e al nostro essere umani. Una sensazione costante da topo da laboratorio, prigioniero in un labirinto dal quale è possibile uscire solo superando prove senza senso. Una componente narrativa ricca, intrigante, ma mai invadente, che può in larga misura essere ignorata se tutto quel che ti interessa sono gli enigmi. Sono gli elementi che, in linea di massima, definiscono il puzzle game in prima persona, un filone magari non inventato da Portal, ma sostanzialmente definito dal gioco di Valve, e The Turing Test è fedele al partito in ogni sua componente.

Perlomeno a un livello superficiale, la differenza più grossa, al di là ovviamente delle meccaniche su cui si basano gli enigmi, sta nella scelta di prendersi micidialmente sul serio, con pochissime, quasi inesistenti divagazioni nel campo dell’umorismo. Non che sia il primo gioco del genere a farlo, intendiamoci, ma insomma, è giusto sottolinearlo a favore di chi magari si potrebbe aspettare che l’intelligenza artificiale faccia battute sarcastiche e scateni risate ogni cinque minuti. No, The Turing Test non scherza neanche per sbaglio e gran parte del suo fascino sta anche lì, nella maniera in cui prova a buttare sul piatto temi intriganti e li affronta attraverso una storia drammatica, oltre che in delle meccaniche di base intelligenti e riuscite.

Le meccaniche sono molto semplici. Il pistolone d’ordinanza serve per prelevare anche da lunga distanza delle fonti di energia di diversi tipi, che possono essere poi sparate in vari meccanismi e servono ad attivare porte, ascensori, nastri trasportatori, calamite, ponti e via dicendo. Le fonti di energia possono essere presenti anche sotto forma di cubi, che vanno invece portati a mano nel luogo di destinazione. A questo si aggiungono i classici pulsantoni sul pavimento, leve tramite cui spostare marchingegni e una meccanica aggiuntiva molto specifica che si manifesta nella porzione finale di gioco e che preferisco non illustrare, anche perché si lega a una svolta narrativa piuttosto intelligente.

E, a proposito, dal punto di vista narrativo, il gioco parte dallo spunto del test di Turing (che serve per capire se una macchina sia in grado di pensare) e ci costruisce attorno la storia di una donna mandata in missione all’interno di una base sul satellite Europa, per conto di un’intelligenza artificiale, di nome Tom e dagli scopi un po’ fumosi. I puzzle che compongono le varie stanze della base sono stati pensati proprio secondo i criteri del test di Turing e Tom, in quanto I.A., non è in grado di risolverli. Per questo ha bisogno dell’aiuto della protagonista: bisogna assolutamente attraversare la base, è importante, fidati, dammi retta, è in ballo il destino dell’umanità. O qualcosa del genere.

Il problema di The Turing Test è che la fa troppo semplice. L’atmosfera c’è, i temi anche, le meccaniche pure, ma manca la profondità. I puzzle sono tanti, e sono tutti piacevoli da affrontare, ma sono anche quasi tutti molto semplici, con dei rari picchi di difficoltà che si manifestano ogni tanto. Da un lato questo dona al gioco un bel ritmo costante, ma dall’altro ti lascia addosso l’impressione che con queste meccaniche intelligenti si potesse fare di più. E invece, soprattutto se hai già giocato diversi giochi di questo tipo, si respira una certa aria di banalità in termini di level design. Ma non è solo una questione di difficoltà: anche Portal 2, nella campagna single player, era onestamente facilotto, ma mostrava nel design degli enigmi una fantasia e una voglia di uscire dalle regole basilari delle meccaniche che qui non si vede quasi mai. Fanno eccezione le sette stanze opzionali, che offrono enigmi non necessariamente più complessi, ma sicuramente più interessanti rispetto alla maggior parte di quelli regolari: è lì che si vede davvero quel pensiero laterale che, in linea teorica, dovrebbe fare da elemento fondante dei puzzle “a prova di I.A.”

Un discorso simile può essere fatto anche sull’aspetto narrativo. The Turing Test getta sul piatto il tema del libero arbitrio, che sembra essere l’unica cosa di cui si può parlare nei videogiochi post-BioShock, ma tutto sommato lo fa appoggiandosi su un paio di idee molto azzeccate e, soprattutto, non si limita a quello: va anzi a parlare in maniera intelligente di coscienza, intelligenze artificiali e di scelte non banali legate al proprio tornaconto personale, al bene di tutti, al timore dell’ignoto e a se, quanto e come possa avere senso ignorare la logica per dare retta all’istinto. La storia viene portata avanti nei soliti modi, fra i dialoghi tra i due protagonisti e una serie di elementi da narrazione ambientale, con fra l’altro dei begli approfondimenti riservati a chi risolve le stanze opzionali, ma si rimane abbastanza in superficie, senza sviscerare troppo i temi, senza che il racconto diventi mai davvero invadente a discapito del gioco. Ma tutto sommato questo può anche essere un lato positivo, dato che The Turing Test ti butta lì le domande e lascia che sia poi tu a trovare le tue risposte, in parte anche attraverso la decisione su cui si basa il gran finale.

E alla fine la sensazione che ti resta in bocca è piacevole, sai di aver passato una manciata di ore delle quali non ti penti, ma pensi anche che si sarebbe potuto fare qualcosina in più e che, tutto sommato, The Turing Test sia un po’ un’occasione persa. Bene, insomma, ma non benissimo e in fondo anche un po’ peccato.

Ho giocato a The Turing Test su PC (il gioco è disponibile anche su Xbox One) grazie a un codice per il download ricevuto direttamente dallo sviluppatore. Ho completato l’avventura e poi sono tornato a risolvere la manciata di puzzle opzionali che mi ero lasciato alle spalle, anche perché alcuni richiedevano suggerimenti e informazioni che si trovano nelle parti avanzate del gioco. Ho impiegato in totale poco più di cinque ore. Chiaramente, come sempre, la durata dipende anche da quanto ci si incarta sugli enigmi più tosti.

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