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Seasons After Fall: o la va o la spacca!

Seasons After Fall: o la va o la spacca!

Appena qualche settimana fa, scrivevo di RIVE e di come lo studio Two Tribes abbia deciso di sviluppare un ultimo gioco prima di chiudere lo studio e di farlo dando vita a qualcosa in cui il team crede davvero, mettendoci tutte le forze per l'ultima volta (a proposito: nel frattempo RIVE è uscito). Ebbene, ci risiamo, anche se con Seasons After Fall la prospettiva è un po' diversa. Swing Swing Submarine è infatti un piccolo studio francese, dalla vita decisamente più breve, che viene da alcuni progetti minuscoli e da due giochi commerciali (Blocks That Matter e Tetrobot And Co.) di buona qualità ma dallo scarso successo. Messi di fronte all'incapacità di sfondare, i ragazzi hanno quindi preso una decisione forte: fare un ultimo tentativo, realizzando il gioco che vogliono realizzare, senza accettare (troppi?) compromessi legati alla speranza di renderlo un successo commerciale.

Un paio di anni dopo, eccoci qui con Seasons After Fall, un gioco a base di puzzle e piattaforme che si propone come struggente e malinconica fiaba adatta a grandi e piccini. La storia racconta di un volpino che, per una serie di motivi, si trova a interagire con gli spiriti delle stagioni e nel farlo affronta tematiche delicate e interessanti, parlando di pazienza, rispetto per gli esseri viventi e incedere della vita lungo il ciclo naturale degli eventi. Tutto è immerso in un bel tocco leggiadro e poetico, con una ricerca stilistica deliziosa e un bel lavoro di scrittura e doppiaggio, che conduce verso un finale agrodolce davvero azzeccato. È un racconto semplice, anche abbastanza esile, ma efficace per gli scopi che si propone, sicuramente più di quanto non lo sia il gioco in senso stretto, che ha momenti molto riusciti ma complessivamente non funziona fino in fondo.

Seasons After Fall, come dicevo, è sostanzialmente un platform game incentrato sui puzzle. O, meglio, un puzzle game in cui si deve anche saltare in giro ma non c’è davvero sfida nei salti. O, ancora meglio, un gioco in cui corri di qua e di là inseguendo l’incedere dell’avventura e risolvi tanti puzzle molto facili e qualcuno vagamente impegnativo. È chiara e dichiarata l’intenzione di non puntare sulla sfida, ma più sul coinvolgimento emotivo, sul fascino dell’ambientazione e sulla fantasia con cui sono concepiti alcuni puzzle, e per lunghi tratti, tutto sommato le cose funzionano, anche grazie alla pulizia delle meccaniche di base.

Il volpino, tramite la sua interazione con gli spiriti citati sopra, ottiene il potere di alterare l’incedere delle stagioni e si ritrova quindi a poter evocare a piacere primavera, estate, autunno e inverno. Tutta la struttura di gioco ruota attorno a questa capacità e al fatto che, chiaramente, coi cambi di stagione, si modificano gli ambienti. D’inverno è possibile camminare sui laghi ghiacciati, d’autunno i funghi si aprono per fare da piattaforme, a seconda delle stagioni c’è più o meno acqua che scorre in giro e i venti tirano a diversa intensità… tutto funziona in maniera piuttosto logica e apre le porte a un design dei livelli potenzialmente molto interessante, anche se i puzzle veri e proprio vanno raramente oltre il minimo indispensabile.

Va detto che ci sono anche altri metodi d’interazione, per lo più legati al guaire del volpino, che può “attivare” determinati elementi sparsi in giro, ma il grosso del gioco ruota attorno alla meccanica delle stagioni. Il problema è che la scelta di realizzare un gioco estremamente basico e accessibile si rivela un’arma a doppio taglio. Da un lato l’esperienza è generalmente piacevole e scorrevole, grazie alla grande atmosfera, allo stile azzeccato e a una sensazione di relax e immersione che funziona sul serio. Dall’altro, soprattutto nella lunga porzione introduttiva di “conquista” dei poteri ma non solo, ci sono fasi in cui il gioco è talmente piatto e semplice (non facile: semplice) da fare il giro e diventare addirittura frustrante nella sua pochezza. Ed è un peccato, perché quando Seasons After Fall ingrana, emergono enigmi davvero ingegnosi e riusciti, su tutti quello che richiede di condurre delle lucciole attorno a un grosso albero. Si tratta però di lampi isolati in un gioco per lo più poco interessante nel design di ambienti e puzzle.

Inoltre, c’è un discreto problema di leggibilità dal punto di vista dell’esplorazione, che alterna fasi in cui si viene condotti per mano ad altre nelle quali mancano indicazioni chiare e ci si ritrova a vagare per ambienti da metroidvania all’acqua di rose senza sapere bene dove e come andare, senza una mappa a disposizione e con l’omogeneità visiva degli ambienti a mettere i bastoni fra le ruote. Non dubito che ci siano dei geni dell’esplorazione che hanno trovato tutti gli elementi collezionabili senza colpo ferire e che leggendo queste righe sbotteranno con un “Ma che stai a dire? È tutto chiarissimo e lineare!”, ma tant’è, sono dell’idea che una maggior coerenza nel dare indicazioni precise e una maggiore leggibilità avrebbe giovato al tutto. E insomma, Seasons After Fall è un gioco interessante e piacevole, con diversi lati positivi che dovrebbero farlo prendere in considerazione da chi non cerca necessariamente una sfida impegnativa ed è intrigato all’idea di un’esperienza pacata, non violenta, suggestiva. Ma ha purtroppo anche limiti piuttosto evidenti, che non fanno girare le cose come dovrebbero. Peccato.

Ho giocato a Seasons After Fall su PC grazie a un codice per il download ricevuto direttamente dallo sviluppatore. Ho impiegato quasi sei ore per completare l’avventura, lasciandomi alle spalle un po’ di segreti e cinque achievement su ventuno.

Hue e il fascino dei colori

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