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L'oscura fantascienza Disney anni Settanta di The Black Hole

L'oscura fantascienza Disney anni Settanta di The Black Hole

Una delle cose che apprezzavo di più della scuola che frequentavo durante le medie era il teatro. Non era una sala conferenze o un auditorium dalle modeste dimensioni, ma un vero e proprio teatro che era usato per spettacoli vari ma che poteva essere riconvertito in cinema (e vi assicuro che poteva rivaleggiare con diverse sale “vere”).

C’era però un problema: probabilmente per motivi di budget (stiamo comunque parlando di metà anni Ottanta e le pellicole per i cinema erano, immagino, molto costose), la selezione di film era abbastanza ridotta e quindi poteva capitare che nei momenti di pioggia, quando si decideva di usare il teatro a mo’ di cinema, si rivedesse una pellicola che era già “passata” su quello schermo. Uno di questi film era The Black Hole.

The Black Hole è un film Disney del 1979 diretto da Gary Nelson (tranquilli se questo nome non vi dice nulla, perchè non ha avuto una carriera particolarmente prolifica), che racconta l’avventura dell’equipaggio della nave stellare USS Palomino nel suo viaggio esplorativo, quando in maniera inaspettata si ritrova nelle vicinnanze di un buco nero, dove staziona la misterioza Cygnus, un’altra astronave che sembra completamente deserta.

In realtà la Cygnus, scomparsa venti anni prima, non è disabitata ma è governata dal dottor Reinhardt, un personaggio decisamente inquietante, che si è circondato da decine di robot. Gli altri membri dell’equipaggio sembrano essere morti cercando di tornare sulla Terra, ma, ovviamente la realtà è ben diversa.

I mondi del cinema in generale, e della fantascienza in particolare, erano stati sconvolti due anni prima dal fenomeno Star Wars e molti studios stavano cercando di salire sul carrozzone dei film ambientati nello spazio profondo per cercare di seguire l’incredibile successo di Lucas. Giusto per capire il momento storico, ricordo che nel 1979 escono anche Alien e Star Trek (per rimanere in tema spazio) o anche pellicole come Interceptor, che piazza le basi per una fantascienza più “post apocalittica". Disney quindi decise di provarci con The Black Hole ma qualcosa già da subito non sembrava andare per il verso giusto. 

Le basi erano ottime, con storyborad affascinanti e molto futuristici e con l’obiettivo di creare qualcosa che potesse non solo rivaleggiare ma superare a livello visivo quanto uscito al cinema fino a quel momento.. Con tali premesse, Disney decise di fare le cose in grande, chiedendo ai pionieri della Industrial Light and Magic la possibilità di sfruttare la tecnologia utilizzata per comandare via computer le cineprese usate in Star Wars, ma a causa dell’altissimo costo richiesto, alla fine decise di crearsi in casa quanto necessario. 

Disney quindi progettò non solo un sistema addirittura più avanzato di quello della ILM ma anche una telecamera speciale che potesse filmare, muovendosi, gli sfondi dipinti con la tecnica del matte painting.

In un’epoca in cui il cinema era ancora lontano dall’utilizzare la computer grafica (sarà proprio Disney con Tron nel 1982 la prima a farne uso in maniera massiccia) tutta l’effettistica doveva essere realizzata con metodi “analogici”. Quindi non solo gli sfondi e le loro prospettive erano messi in scena grazie agli sfondi dipinti, ma anche un effetto come il buco nero doveva essere realizzato con il giusto ingegno. Fu creato infatti filmando  un vortice d’acqua colorata in una vasca da bagno. Quando si dice che la necessità aguzza l’ingegno.

Il problema del budget non sufficiente, che già aveva interferito con il noleggio della tecnologia ILM, era una costante della produzione. Il progetto, infatti, si rivelò molto più ambizioso del previsto. Tutte le scene in assenza di gravità o la realizzazione dei robot, in particolare Vincent (ammetto che avevo il modellino al tempo, ora si chiamerebbe action figure) furono “downgradate”, per dirla con un termine caro al mondo videoludico, facendo muovere gli attori su delle piattaforme con le rotelle o spostando cose e persone con cavi attaccati al soffitto (che purtroppo in gran parte sono visibili durante il film).

Tutti questi problemi, però, non impedirono a The Black Hole di essere la pellicola più costosa prodotto da Disney fino a quel momento. Si trattava comunque un buon film, godibile e con un cast di prim’ordine, con attori dal calibro di Robert Foster, Ernest Borgnine e Anthony Perkins. Al botteghino non fu un fiasco totale, anzi, andò anche abbastanza bene, ma visti il budget profuso e il momento favorevole al genere, le aspettative erano decisamente più alte.

Per confermare comunque l’ottimo lavoro fatto a livello tecnico,The Black Hole fu candidato anche a due premi Oscar, di cui uno per gli effetti speciali, ma avere proprio un capolavoro assoluto come Alien come competitor non gli ha permesso, forse, di godere del premio dell’Academy.

The Black Hole rimane un buon film di fantascienza da recuperare assolutamente, una fantascienza “antica” in parte anche drammatica e oscura, tanto che è stato il primo film Disney con bollino PG-Parental Guidance cosa che qualche anno dopo porterà alla creazione della Touchstone Pictures, casa dedicata alle pellicole un pelo più adulte del classico cartone Disney.

Questo articolo fa parte della Cover Story dedicata allo spazio, che trovate riassunta a questo indirizzo.

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