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Hardcore! è uno sparacchino per interposta persona

Hardcore! è uno sparacchino per interposta persona

Ciao mamma, guarda, sono sulla cover story dedicata a DOOM nonostante io e gli FPS siamo due rette parallele! Sì, certo, ho usato una scorciatoia, ho scelto un film, ma ehi, lo stesso: cosa ci faccio qui?

A me i giochi in prima persona mettono quasi sempre in difficoltà, e lo fanno ancora di più quando penso che alcuni dei miei giochi preferiti degli ultimi anni (Portal, Subnautica, Outer Wilds) sono in soggettiva, e allora che cosa cazzo? Perché mi sono spaccato di Mirror’s Edge (pure del 2!) ma quando ho provato a giocare alle versioni più recenti di DOOM ho mollato dopo dieci minuti, nauseato e con la sensazione di essere incredibilmente stupido? Immagino che più che la soggettiva, il problema sia la parte sparacchina: non sono capace di mirare, ero scarso anche con il mouse quando facevo i LAN party di Quake, è proprio una skill che non mi appartiene e che non sono mai riuscito non dico a coltivare, ma neanche ad approcciare con un bastone. E questo mi ha tenuto per tutta la vita lontano dagli FPS, e dai giochi in prima persona in generale, perché non mi oriento, mi perdo, non capisco, tranne quando per qualche imperscrutabile motivo capisco. Che casino, no? Non esiste altra forma d’arte che abbia questo tipo di barriera all’ingresso e anche di capacità di modificare l’esperienza del singolo e la sua percezione di un’opera, non bisogna essere capaci di guardare un film di Tarkovski per dire, o di leggere Casa di foglie, ma io non riesco a superare il terzo livello di un FPS a caso neanche abbassando la difficoltà al minimo, e quindi non posso giocare agli FPS – non è che non voglia, cioè, spesso non voglio perché non mi piacciono le armi da fuoco sia nella vita sia nei videogiochi, ma anche se volessi, ecco, c’è la barriera, l’ostacolo, c’è che sono scarso e vado in confusione e finisce che su cento proiettili che sparo, novantanove finiscono contro il muro.

Two couches, one casting.

Henry, il protagonista dell’impossibile da cercare su Internet Hardcore!, non ha questo problema, e immagino che questo mi abbia aiutato ad apprezzare il film. In realtà la situazione è ancora più bizzarra e intricata, perché a me le robe girate sbilenche e amatoriali e in soggettiva piacciono da matti. The Blair Witch Project è uno dei più grandi film del millennio. Cloverfield è un gran bel film di mostri. Per qualche motivo che non so identificare, ma che mi fa escludere l’ipotesi che non mi piacciano gli FPS perché ho un problema specifico con la visuale in prima persona, i film girati come FPS mi piacciono da matti, mi tirano in mezzo con forza e convinzione.

Perché poi c’è quest’idea un po’ farlocca che Hardcore! sia stato un film in qualche modo rivoluzionario, che usava la soggettiva come unico linguaggio visivo. La realtà è che Hardcore! non è il primo manco per scherzo: Maniac di Lustig è del 1980, Una donna nel lago di Montgomery addirittura del 1947. Il film di Ilya Naishuller, a sua volta un’espansione di un concept già sperimentato qui

Hardcore! celebra però una specifica tipologia di cinema in prima persona, quello nato con le GoPro ma anche con le dashcam sui cruscotti dei russi, e a rivederlo oggi il meta-film è forse più interessante del film stesso. Voglio dire che è stato venduto nel modo sbagliato, puntando tutto sulla prima persona e non sugli stunt assurdi che la regia si è dovuta inventare per girare certe scene – i dietro le quinte sono di altissimo livello in questo senso, e ti fanno quasi apprezzare di più il modo in cui è stato girato rispetto al risultato finale. Quasi perché comunque Hardcore! è anche un film divertentissimo, che se esistesse senza la gimmick della soggettiva ma con le stesse coreografie folli delle sequenze d’azione (cioè il 90% del film) e non solo sarebbe comunque un modo validissimo per passare novanta volgarissimi minuti senza dover rivedere per l’ennesima volta Crank.

I film di Neveldine e Taylor sono ovviamente il riferimento principale di Hardcore!, sia in termini di approccio a cazzo durissimo e ritmo insostenibile, sia per la qualità e quantità delle cafonate che dissemina qui e là per dare un po’ di colore a questo mondo bizzarro a metà tra la distopia, la fantascienza e il film di supereroi. Henry è una sorta di RoboCop senza le menate morali, ma dove Alex Murphy era un tankone con miliardi di HP e movimento dimezzato a causa dell’armatura pesante, il nostro supersoldato russo è una Dex build, niente armatura, armi improvvisate, agilità, parkour, tutte quelle cose che possono arricchire una sparatoria ed elevarla sopra il classico “ci sparacchiniamo da dietro una copertura di cemento armato” e trasformarla in un altrettanto proverbiale ma sempre piacevole balletto di morte.

Non sono riuscito a recuperare uno screenshot non sfocato di un balletto di morte per cui eccovi Haley Bennett che succhia un pollice.

Henry salta, corre, fa le capriole, fa i numeri da circo, fa Mirror’s Edge, ha persino un NPC che compare ogni tanto per dargli la quest successiva e che ha la fazza di uno Sharlto Copley che fuori dal set ha scoperto le gioie della vodka. Quando Mereghetti s’incazza e dice che “questo film sembra un videogioco!” quello che intende dire in realtà è “Hardcore! è l’unico film contemporaneo che sembra davvero un videogioco, perché è concepito in quanto tale!”. Ci sono stati, ultimamente, qui e là, piccoli o grandi esempi di film che hanno provato a prendere di peso il linguaggio visivo e l’approccio alla regia e alla messa in scena di un videogioco (mi viene in mente una bella sequenza FPS nel primo Kick-Ass, o John Wick 4 che cita con meno grazia Hotline Miami), ma Hardcore! è l’unico che sceglie quel modo di parlare per immagini e non lo molla per un istante.

Da qui anche tutti i suoi inevitabili e soggettivi (ah ah) difetti: io posso anche passare i prossimi tre paragrafi a celebrare Naishuller e il suo team per il loro completo e irresponsabile sprezzo del pericolo, ma se una persona mi dice “mi sembra di guardare un Let’s Play su YouTube senza neanche il commento” io non posso certo dire che non è vero. È un’esperienza particolare e molto connotata ed è, credo, impossibile che possa far cambiare idea a qualcuno che ci si approcci dicendo “questa roba non mi piace”. Cioè, è leggibile fin dai suoi presupposti. È uno di quei preziosi casi in cui puoi guardarti il trailer e decidere con coscienza se il film ti interessa o meno, senza per questo rovinarti l’esperienza.

Forse la cosa più carina di Hardcore! è il suo essere perfettamente inutile, una proof of concept intorno alla quale è stata costruita una trama che a sua volta è solo una scusa per mostrare un po’ di tette e Haley Bennett in lingerie. Non ha una briciola di umanità, ma dannazione alle dashcam se è divertente.

Questo articolo fa parte della Cover Story dedicata a Doom, agli sparatutto e alle sparatorie, che potete trovare riassunta qua.

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