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SEGA Vintage Collection - Monster World: l'eccellenza dei classici non conosce nostalgia

SEGA Vintage Collection - Monster World: l'eccellenza dei classici non conosce nostalgia

Alcune rapide note, qualora la mole del testo sottostante vi terrorizzi: 1) Se siete fan di Wonder Boy, questa compilation va comperata, se non altro perché presenta la prima traduzione ufficiale inglese sia di Wonder Boy in Monster Land (coin-op), sia di Monster World IV (Mega Drive, quest’ultimo totalmente inedito da noi).

2) Se siete fan di Wonder Boy, preparatevi a tornare presto sulle pagine di Outcast.it: a brevissimo pubblicheremo un’intervista esclusiva appena rilasciataci dal leggendario Ryuichi Nishizawa, uno dei fondatori di Westone, nonché patron della serie.

3) Se siete fan di Wonder Boy, trovate questi tre giochi anche su PlayStation Network come acquisti singoli (ma complessivamente vi costeranno un filo di più). Su Virtual Console pure, ma sfusi, ancor più costosi e privi di molte delle feature della qui recensita collection per Xbox 360 (800MP).

4) Se non siete fan di Wonder Boy, che state ancora leggendo a fare? Ah! Come? L'argomento nondimeno vi incuriosisce? Allora prego, da questa parte...

“Sembri un quattordicenne alle prese con il record della sala giochi”, commenta divertita la mia ragazza osservandomi giocare a Wonder Boy in Monsterland, il primo dei tre giochi che compongono questa SEGA Vintage Collection. Ha ragione, ed è il più bel complimento che si possa fare, da un punto di vista empatico, all’opera di Ryuichi Nishizawa, Michishito Ishizuka e colleghi. Ehi, io ci giocavo più o meno a quattordici anni. Se avvinghiato al mio arcade stick sembro, dall’alto dei miei trentotto anni, un teenager, non può che farmi piacere. D’accordo, dall’esterno probabilmente non fa un grande effetto. Eterno Peter Pan e quelle solite fregnacce. Ma in fondo al cuore, ove alberga impavido il fanciullino pascoliano, beh, là i tre giochi d questa collection risuonano in armonia come la musica delle Sfere.

Sarebbe molto facile indulgere in racconti dall’ospizio, per me che ho vissuto in prima persona l’era in cui anche i sassi sapevano chi fosse Wonder Boy. Magari qualcuno leggerebbe volentieri. Ma compierei un disservizio alla grandezza di questi titoli, li getterei nel calderone retorico del “formidabili quegli anni”, mi comporterei alla stregua di chi fa di tutta la pixel art un fascio. Retro-hipster superficialoni, fatevi da parte. Monster Land, Monster World III e Monster World IV sono infatti tre giochi – soprattutto il primo e l’ultimo – assolutamente moderni e meritori di essere (ri)giocati in profondità per il loro valore intrinseco, e non per venti di nostalgia che vanno e vengono, spesso, in base alle mode.

Ciò che fa piacere è che SEGA abbia finalmente deciso di presentare a noi occidentali un trattamento simile, in materia di contenuti ed emulazione, a quanto fino ad ora offerto quasi esclusivamente agli abitanti del Sol Levante. Ci riferiamo ai tanti, egregi lavori di conversione operati, per il solo mercato giapponese, dallo sviluppatore M2, sovente sotto il celebre marchio SEGA AGES 2500. Il Volume 29 di questa serie edita per la PS2 nipponica, uscito nel 2007, era interamente dedicato all’intricato Monster World, a Bocke Lee Temjin, a Shion, a Asha e a tutti gli altri protagonisti della saga, e incorporava ogni possibile episodio uscito sotto l’egida di SEGA in versioni multiple (per esempio coin-op, Master System, Mega Drive… ), con tonnellate di artwork, spartiti musicali e quant’altro, per l’equivalente di  2500 yen (25 euro).

Su 360 non ci viene offerta una collection altrettanto comprensiva, ma per una frazione di quel prezzo (800 Microsoft Point, poco più di 8 euro) potete scaricare dal Marketplace i tre suddetti episodi della saga con un contorno, sebbene quantitativamente inferiore al sopraccitato SEGA AGES, qualitativamente di pari livello. La firma M2 è sempre quella, è gente che ama i classici e si vede, sicuramente più delle altalenanti produzioni di Backbone Entertainment, che magari i classici li amano ma, nella pratica, non li capiscono.

Al di là dei tre giochi, di cui parleremo fra un attimo, ecco cosa comprende il confezionamento in stile M2: un menu di scelta fra i tre giochi con riproduzione poligonale del cabinato standard SEGA di fine anni Ottanta e del Mega Drive, la possibilità di riconfigurare i tasti in qualsiasi modo possibile e immaginabile (con pieno supporto per gli arcade stick), formati video con sfondi di bordura adattabili a piacimento, una serie di Prove che reinventano i giochi originali costringendo a giocare in condizioni inedite, classifiche online con possibilità di registrare le nostre partite e inviarle, e ovviamente di scaricare e visionare quelle altrui, manuali in italiano, Obiettivi fatti da chi sa cosa conta davvero nella Terra dei Mostri. Ah! E un juke box per ascoltare tutte le musiche di tutti i giochi!

Se in gran parte si tratta di feature che è lecito esigere da una collection, è anche vero che spesso le speranze in questo senso vengono disattese; qui no, anzi. Una nota di merito va invece alle succitate Prove. Tanto in questa collection per 360 quanto nei tre giochi pubblicati singolarmente in contemporanea su PlayStation Network, M2 ha inserito una serie di sfide aggiuntive, che funzionano come delle patch applicate al codice emulato, con lo scopo di alterare i parametri standard di gioco in maniera da costringere il giocatore a ripensare il suo stile. Un esempio fantastico da Wonder Boy in Monster Land: per tutto il gioco non ci viene data spada alcuna, ma una dose infinita di potentissime palle di fuoco a ricerca con cui fare piazza pulita degli avversari; tuttavia un colpo dei nemici e pam, siamo morti. Finisce il tempo della clessidra e pam, siamo morti. Poteri più grandi, responsabilità più grandi.

Ma passiamo ai giochi. Attuali, dicevamo. E sì. Sarà per il ritorno a sorpresa del gameplay bidimensionale, magari in salsa indie, ma rigiocareWonder Boy in Monster Land (1987) fa veramente impressione. Perché le sue tante intuizioni di game design funzionano ancora, e probabilmente funzioneranno per sempre. Perché se le trovassimo in un gioco indie appena uscito le troveremmo fresche, e invece le troviamo fresche in un gioco di 25 anni fa. Perché è sorprendente riscontrare un mix così sapiente di arcade e gioco di ruolo, in cui nessuno di questi due elementi tira le coperte e scopre le gambe all’altro. Perché è folle pensare che SEGA abbia voluto portare in sala giochi un coin-op che pare inaccessibile alle prime partite, ma che in realtà poi permette di giocare con un credito per oltre mezz’ora, trasformando la partita in una danza, in una pura performance armonica alla ricerca del movimento perfetto – roba che giustamente ci si aspetterebbe in uno sparatutto arcade, non in un arcade GdR.

No, non abbiamo finito. Monster Land è grandioso perché ci giochi e pensi che graficamente sia un passo indietro al capostipite Wonder Boy, ed è vero, ma poi ti accorgi anche di quanto la grafica sia funzionale al gameplay, e di quanto il gameplay sia profondo, un pozzo di sorprese, quest epiche affidate a un moccioso col pannolone, ma poi il moccioso cresce, si procura scudi, armature, calzature e spade sempre più potenti, trova armi secondarie, si mette a cercare gli infiniti luoghi segreti che nascondono pecunia dimenticata chissà da chi, si mette a bussare alle pareti e scopre innumerevoli passaggi segreti e sotto-quest. E i cieli sono azzurri, e gli archetipi non sembrano stereotipi, perché negli anni Ottanta potevi essere un biondo San Giorgio jappo alle prese con il Drago, metafora dei nostri limiti e delle nostre paure videoludiche. Negli anni Ottanta potevi, forte del linguaggio registico dei videoclip, addirittura pretendere di comprimere questa sorta di romanzo di formazione videogiocoso in un tempo brevissimo, tre quarti d’ora, appunto, e pure riuscire nell’impresa. Questa è la forza che rende Monster Land un classico da 10 : è così breve (rispetto agli arcade GdR che lo avrebbero seguito) e così ambiziosamente intenso. Un gioco di ruolo in sala giochi. Sarai ancheoggidì caduta in basso, SEGA, ma da simili vette, come si poteva salire più di tanto?

E il problema di Monster World III (o Wonder Boy: Monster World, come era conosciuto sui Mega Drive nostrani) sta tutto qua: arrivò tra il 1991 e il 1992, dopo che la serie aveva saputo dire già davvero tanto sia con Monster Land, sia con il sublime Wonder Boy III- Monster World II, quello del SEGA Master System, che forse – forse – arriverà in una seconda Monster World Collection qualora questa ivi presente venda abbastanza. A vent’anni di distanza è probabilmente l’episodio della saga che è invecchiato peggio, a volerlo per forza quantificare gli daremmo un 8 (sì: è uno degli episodi deboli della saga e si piglia 8, figuriamoci, to be this good takes ageS).

C'è tanto, in questo gioco, addirittura troppo, in un certo senso. Simbolica è la musica d'accompagnamento alla schermata dei titoli, arzigogolata, in tempo dispari, progressive. Ecco, è un titolo che potremmo paragonare al progressive rock, a volte fa volare altissimi, a volte appesantisce con un po' troppe note, con un bilanciamento tra il lato arcade e quello GdR un po' disequilibrato. Per carità, ci sono tutti quegli elementi che avrebbero portato alla definizione del sotto-genere “Metroidvania” ma, nel desiderio di creare un’epopea lunga, lunga, lunga, il ritmo, qui in Monster World III, si perde spesso per strada. Inoltre, per enfatizzare la progressione e la crescita del personaggio, il povero Shion muove i primi passi con grande lentezza, poca energia e armi di gittata risibile e capacità offensiva discutibile. La grafica è piacevole, la musica di Shinichi Sakamoto è una caramella auditiva (anche se, di nuovo, non all’altezza dei capolavori creati per i due giochi precedenti), la trama, stavolta, è più dalle parti dello stereotipo e meno dalle parti dell’archetipo. Erano anche anni difficili, l’arcade GdR aveva abbandonato la declinazione platform e lo spettro enorme, irraggiungibile di a Link to the Past copriva ogni cosa in cui si parlasse con NPC e si combattesse a spadate – avremmo dovuto aspettare Castlevania: Symphony of The Night per sentire nuovamente schioccare il nerbo ritmico dei GdR arcade platformisti. Il consiglio è insomma di tenervi per ultimo il povero Monster World III. Poveretto, non ha fatto niente di male, è solo che un po’ sfigura tra due mostri sacri. Ha però alcuni dei migliori dungeon della serie, e sotto questo profilo supera nettamente il predecessore Dragon's Trap.

Parlando di sacralità, se Monster Land è il monolito nero dell’arcade GdR da sala giochi, Monster World IV è un idolo d’oro dimenticato in una cassa degli archivi archeologici SEGA per quasi vent’anni, e poi miracolosamente riscoperto e recuperato. Davvero. D’accordo che a metà anni Novanta SEGA cominciò a inanellare una serie di strafalcioni economici non indifferenti, ma come questa delizia videoludica sia rimasta confinata in Giappone fino ad oggi, beh, è un mistero. E spaventa anche un po’ che, nel 2012, SEGA decida di rispolverarlo e tradurlo, così, ex-novo. Anche Monster Land è qui presentato per la prima volta in traduzione ufficiale, ma la mia paranoia mi costringe a segnalarvi come le sue celle di testo siano le medesime, comprensive di divertenti strafalcioni engrish, già viste nella sua conversione per Commodore 64 & Co. a fine anni Ottanta: SEGA non aveva importato ufficialmente il gioco in Occidente, ma i bootleg pirata erano così popolari che vendette i diritti a Activision per la conversione, allungandole la bozza del testo in inglese mai usato in sala giochi. Paradossale, anzichenò!

DICEVAMO! Dai che vado a dormire. Sono le tre e domani lavoro. Ma tutti abbiamo dei draghi da sconfiggere, a volte nei videogame che giochiamo, a volte nei videogame che sviluppiamo, a volte nei testi che scriviamo. Sui videogame. Ehm. MONSTER WORLD IV! Evviva! Bello. Bello. Bello. Nove, toh, per dirla tutta. È strano, come gioco, ma la sensazione dopo averlo completato è che sia veramente un gran gioco. È strano perché ti sembra un gioco indie di alto livello fatto con l’estetica di vent’anni fa, e mentre giochi pensi “dai, non è di vent’anni fa. Troppo fluidi i movimenti della protagonista. Troppo divertenti e divertiti i dialoghi, con metaironia sui videogame, stramberie anacronistiche. E questa pixel art con tutti questi fotogrammi d’animazione, c’è del chiaro citazionismo, questi qua hanno visto Shantae”. Shantae ‘sta ceppa, signori. Bello, ma è Wayforward, casomai, che dato un’occhiatona a Monster World IV! Questo è un gioco di quasi vent’anni fa, più ci giocate e più fa impressione questo fatto singolare che non è citazionismo pixelartistico, è the stramaledetted real thing. "Facile" farlo ora, pensate farlo allora, senza il senno di poi! Fresco, dinamico, ben ritmato, con una storia giocata benissimo, con molti più dialoghi che in passato (e ben venga l’ottima traduzione inglese, quindi!) e un sacco di idee di gameplay sfiziosissime, a partire da Pepelogoo, il buffo animaletto volante che vi portate sempre appresso. Vola, rimbalza, saltella come una palla con le molle, fa cose, vede gente, interagisce con voi e col fondale, vi fa commuovere, si presta a tanti usi, a planare, a premere interruttori, a fungere da piattaforma, a ricordarvi che la moda dei pet nei videogame non nasce con Tamagotchi e Pokémon. Avere Asha, la protagonista femminile, spariglia in tavola le carte degli archetipi, e l’ago della narrazione si sposta nuovamente al lato opposto rispetto agli stereotipi. I passi del romanzo di formazione videoludico sono poi sempre gli stessi, anche se qui c’è ben più action e meno GdR, ma va bene, i passi si fanno dunque più rapidi, e la tematizzazione arabeggiante fa riposare – e allo stesso tempo sognare - il cervello dopo tanti anni di fantasy sfrenato.

L’unico difetto di Monster World IV è, a mio avviso, un suo certo dilungarsi in alcune tranche dei livelli che compongono le aree di gioco. Un po’ come a dire: guarda come funziona bene il sistema di gioco, guarda che bellezza usare Pepelogoo, e allora tie', sparati un altro pezzo di livello simile a quello prima. Vero, verissimo, ma certe lungaggini e ripetitività, che potevano anche funzionare su un Megadrive del 1994 per saziare i giocatori affamati di quantità, oggi risultano stonate in un impianto altrimenti armonico e ispirato, qualitativamente altissimo.

Whew. Come al solito mi sono lasciato prendere la mano. Ma che ci volete fare: è una SEGA Vintage che risveglia il quattordicenne che è in me, perennemente alla ricerca di piacere videoludico. Ma non è solo di questo che si tratta, e spero, tra uno stream of consciousness stremato e l’altro, di avervelo fatto capire. Non è per nostalgia che dovete prendere questa collection. È per divertirvi, emozionarvi. E sì, anche perché chi non conosce la storia è schiavo delle mode.

Ho comprato tutto quanto su Xbox Live Arcade coi miei soldini, nonostante ne avessi già spesi pochi giorni prima per l'edizione Virtual Console e negli anni passati per qualsiasi cosa uscisse legata al marchio Wonder Boy. Ci ho giocato tanto tanto e ho passato le ultime due notti a scrivere questo articolo. Abbiate pazienza se è un po' delirante: è figlio dell'amore. Fra l'altro, mi sono preso così bene per questa Monster World Collection che mi sono messo a stalkerare Ryuichi Nishizawa, creatore della serie, su Facebook. Peraltro è pure stato gentilissimo, mi ha concesso un‘intervista nonostante gliela stessi chiedendo in giapponese con Google Translate – restate sintonizzati per questo esclusivo colpaccio di Outcast.it, pronto a stendere retrogamer e non!

Voto: 9

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