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Animali fantastici: I crimini di Grindelwald non è male, ma forse era meglio il libro

Animali fantastici: I crimini di Grindelwald non è male, ma forse era meglio il libro

Al di là che li considero ottima letteratura popolare, sono estremamente affezionato ai romanzi di J.K. Rowling. Incappai nel primo Harry Potter nel 1999, mentre mi trovavo nella sala d’aspetto di un pronto soccorso per via di una storta alla caviglia o qualcosa del genere. Per puro caso, raccolsi il libro da uno scaffale adibito al BookCrossing e presi a leggerlo; così, tanto per passare il tempo. Quello fu l’inizio di una brutta storia di droga.

Harry Potter e la pietra filosofale era poco più che un giallo per ragazzi travestito da racconto d’avventura, ma trovai tutta la faccenda del mondo magico talmente intrigante e ben costruita che dal primo passai al secondo e dal secondo al terzo. E se avete letto Il prigioniero di Azkaban, saprete bene pure voi che non si torna indietro, vuoi per il fatto che lì, l’autrice, allarga drasticamente gli orizzonti della mitologia, vuoi soprattutto perché, di pari passo con la crescita dei suoi personaggi, inizia a pompare sangue nelle venature dark che esploderanno nei capitoli successivi.

Dopo il terzo, mi toccò a malincuore tornare in “sala d’aspetto”, dal momento che all’epoca Il calice di fuco ancora non era uscito. Da lì, ogni volta, grandi giri di craving, astinenza e godimento, con i libri che si facevano sempre più spessi e pesi a livello di dimensioni, ma soprattutto di tematiche, al punto che mi viene abbastanza difficile rubricare una roba sinistra come Il principe mezzosangue tra i racconti per ragazzetti.

Terminata ufficialmente la saga di Potter nel 2007, e dopo essersi levata lo sfizio di giallista pura dietro il nom de plume di Robert Galbraith, J.K. Rowling ha iniziato a raccontare il passato del mondo magico direttamente al cinema, curando la sceneggiatura originale di Animali fantastici e dove trovarli.

Diretto da David Yates e uscito nel 2016, il film prende il la dall’omonimo pseudobiblium scritto dalla Rowling per beneficenza nel 2001: niente più che un divertissement, in cui vengono catalogati alcuni animali fittizi appartenenti al mondo magico. La pellicola, però, del libro se ne frega proprio (bene), e segue le avventure del magizoologo Newt Scamander, impegnato a girare il mondo durante gli anni Venti del secolo scorso, alla ricerca di animali rari da studiare.

Quello che all’apparenza pareva un racconto autonomo, in realtà, si è in rivelato essere il primo episodio di una nuova saga composta da cinque film, che fungerà da prequel alle battaglie di Hogwarts, andando a coprire gli anni dell’ascesa del mago oscuro Gellert Grindelwald e della sua nemesi naturale, Albus Silente. E io sono finito un’altra volta sala d’aspetto, tiè.

Domani (ma stando all’internet già stasera, in alcune sale) esce in Italia il secondo episodio di questo nuovo ciclo, Animali fantastici: I crimini di Grindelwald, sempre ambientato negli anni Venti e sempre diretto da David Yates con J.K. Rowling alla penna.

Tornano anche i protagonisti del film precedente: Newt Scamander, interpretato da Eddie Redmayne; l’auror americana Tina Goldstein (Katherine Waterston) assieme alla svampita sorella Queenie (Alison Sudol), innamorata, ricambiata, dal babbano/no-maj Jacob Kowalski (Dan Fogler).

Si infittisce anche il mistero attorno a Credence Barebone (Ezra Miller) e all’Obscurus che ospita, e, dopo il fulminante cameo in Animali Fantastici e dove trovarli, torna anche Johnny Depp che, nei panni di Gellert Grindelwald, costruisce una figura di villain potente, che riesce a stare contemporaneamente dentro e fuori dal suo stesso mito. Rimangono i parallelismi con l’ascesa di Hitler e del nazismo già suggeriti dalla Rowling nei libri, ma non vanno a instradare o limitare troppo il personaggio, anzi.

Tra l’altro, ammetto di avere avuto qualche riserva nei confronti di Depp, e non tanto per aderenza fisica, ma per il rischio di una caratterizzazione troppo sopra le righe, che invece non si è innescata. Non solo: con il suo tono misurato e carismatico, l’attore finisce per mangiarsi il film.

Perfetto pure Jude Law nei panni di un Albus Silente di mezza età. I tratti leggermente ambigui dell’attore inglese, assieme al taglio della sua recitazione, rendono perfettamente l’idea di un uomo che in gioventù ha peccato di hỳbris.

Tra le new entry anche Zoë Kravitz, nei panni di Leta Lestrange, vecchia fiamma di Newt che ha finito per sposarne il fratello maggiore, Theseus (Callum Turner); e Claudia Kim in quelli di Nagini, personaggio che nell’economia generale ho trovato piuttosto inutile, apparentemente messo lì giusto per gettare un ponte verso Voldemort.

Comunque, il film si apre veramente col botto. La rocambolesca fuga di Grindelwald riesce a concentrare in un manciata di minuti tutta la cazzimma del personaggio; più in generale, oltre a filare liscia e a riacchiappare lo spettatore, la prima parte approfondisce ulteriormente la mitologia del mondo magico, partendo dagli Stati Uniti per poi spostarsi in Inghilterra e concentrarsi, infine, sulla Francia. La Rowling può dare libro sfogo – e lo fa – alla sua capacità di creare universi e di riempirli di particolari interessanti e coerenti.

Silente, mentre si produce nella sua classica espressione "mo' ti tiro una sòla".

Ecco, va detto che l’entrata in scena di due pezzi da novanta come Grindelwald e Silente (e dei rispettivi interpreti davvero in forma) toglie un po’ di fiato alle “nuove leve”; Per carità, Redmayne - con tutto che lo ritengo un attore sopravvalutato di brutto - veste bene l’aria stralunata di Newt, ma non riesce a imporsi come protagonista e finisce per sbilanciare anche la partner, Katherine Waterston.

Pure il Jacob Kowalski di Fogler e il Credence Barebone di Miller ne escono così così: un po’ troppo caricato il primo, banale il secondo. Molto meglio le interpretazioni di Zoë Kravitz, Callum Turner e soprattutto quella di Alison Sudol, che accompagnano i rispettivi personaggi verso esiti interessanti.

Tiene botta anche la dimensione politica del film, già introdotta in chiusura del precedente Animali Fantastici e in generale punto fermo della Rowling, che ha costruito i propri romanzi attorno alle discriminazioni tra maghi purosangue, mezzosangue e babbani. Qui, col fatto che Newt e compagni vivono a due passi dal Nazismo e dalla Seconda Guerra Mondiale, le critiche all’intolleranza e al razzismo suonano ancora più forti. In più, un paio di sequenze sono chiaramente degli ammonimenti sui rischi dell’ascesa di totalitarismi e populismi (la scrittrice ha sempre criticato apertamente Trump e la sua amministrazione).

Non ci fosse stata anche Katherine Waterston, avrei messo un'altra foto di Grindelwald.

Eppure, se da un lato I crimini di Grindelwald riesce a far brillare alcune tra le doti migliori della Rowling, purtroppo ne lascia emergere anche il più grosso difetto. Mi riferisco agli intrecci inutilmente artificiosi - se non addirittura incongruenti - che le mura di Hogwarts e, soprattuto, la dimensione letteraria delle sue opere precedenti sono riuscite in qualche modo a contenere.

Ma mostrare e raccontare sono due cose diverse e il cinema – per ragioni intrinseche di linguaggio – non ce la fa a nascondere così bene certi impicci, lasciando lo spettatore in balia di una serie di rami morti e piste che si intrecciano e si ingarbugliano. In più, per quanto si sforzi, la struttura da giallo propria dell’autrice non riesce a stare dietro all’apertura del racconto e alle pretese da spy-story internazionale.

Tra l’altro, finora ho parlato solo della Rowling, come se Yates manco ci fosse. In effetti, la sua regia è completamente prona alla scrittura, senza guizzi; ci sono un paio di sequenze ben piazzate, OK, e l’atmosfera generale, tutto sommato, è curata, ma ho visto poca personalità. E poco cinema. Per quanto più sbilanciato e complessivamente meno interessante, il precedente Animali Fantastici, visivamente, aveva un po’ di carattere, questo no.

Tornano nuovamente i problemi del regista con le scene di massa (anche se le cose mi sono parse un filo migliorate rispetto ai pasticci del secondo I doni della morte), con gli equilibri di cast, ma soprattutto con la gestione del ritmo: la parte centrale del film è un po’ sonnacchiosa, anche se poi risale.

Animali fantastici: I crimini di Grindelwald vive soprattutto dei suoi personaggi, del background che va a far evolvere e dei misteri che svela e contemporaneamente introduce. C’è poca personalità a livello visivo ed emerge qualche garbuglio di troppo, ma se siete fan della saga, probabilmente, uscirete dal cinema contenti in attesa del nuovo capitolo, previsto per un 2020 che mi pare lontanissimo. Diversamente, se fino ad ora delle storie della Rowling non vi è mai fregato nulla (male!), vi conviene cominciare dai libri.

Ho visto Animali fantastici: I crimini di Grindelwald in anteprima grazie a una delle solite proiezioni stampa alle quali veniamo invitati (grazie!), doppiato in lingua italiana. Probabilmente, tra domani e sabato finirò col guardarlo un’altra volta in lingua originale, anche se mi ha convinto solo a metà: l’ho ben detto che sono un fan della serie.

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