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L'ultima apocalisse di id Software | Racconti dall'ospizio

Racconti dall’ospizio è una rubrica in cui raccontiamo i giochi del passato con lo sguardo del presente. Lo sguardo di noi vecchietti.

L'equazione “sparatutto uguale id Software” ha accompagnato gran parte della mia vita di videogiocatore. Anche se, dal 2000 in poi, non è che i ragazzi di id Software avessero combinato molto. L'ultimo “vero” gioco creato da John Carmack e soci (John Romero se n'era già andato da tempo, per fondare Ion Storm e lanciare l'atteso Daikatana) era datato 2004 e si chiamava Doom 3, con tanto di nuovo, spettacolare, engine (id Tech 4 per la precisione) ed ennesima dimostrazione di superiorità del team di Mesquite sulla concorrenza nello sviluppare corridoi claustrofobici e texture ad alta risoluzione. Dopo la pubblicazione di Doom 3, i texani si sono presi periodo sabbatico, partecipando a una serie di progetti alternativi, come Enemy Territory: Quake Wars. Una pausa durata fino alla pubblicazione, nel 2011, di RAGE, da parte di Bethesda (PC, macOS, Xbox 360, PS3, iOS) e allo sviluppo dell'imprescindibile id Tech 5.

RAGE si andò a infilare in quel filone post-apocalittico reso popolare dalla saga firmata dall’australiano George Miller (Mad Max) e riportato in auge dallo splendido Fallout 3, della stessa Bethesda, e dal sorprendente Borderlands, di Gearbox. Questo gioco ha segnato per il team di sviluppo texano (passato già da qualche annetto sotto il controllo del gruppo ZeniMax Media) uno storico cambio di rotta, verso quell'open world che tanto andava di moda in quel periodo. Ricapitolando, niente più tunnel claustrofobici e sinistri labirinti da esplorare con il fiato in gola ma un mondo intero da visitare in lungo e in largo, a piedi o a bordo di veicoli a dir poco strambi.

L'id Tech 5, poi, si adattava piuttosto bene alla riproduzione di ambientazioni apocalittiche, con tanto di deserto, rovine e bande di predoni mutanti e di mercenari in cerca di qualsiasi cosa da rubare o innocenti da torturare. Insomma, uno scenario cruento alla Kenshiro (la coppia Tetsuo Hara/Buronson si era ispirata alla opera del sopracitato regista australiano), sublimato da una sceneggiatura banalotta (con tanto di eroe pronto a salvare quel che restava della razza umana) e da una realizzazione tecnica di prim'ordine.

Chi ha amato la produzione targata id Software, solitamente, non ha mai prestato molta attenzione alla trama: era importante sparare in quantità industriale, combattere creature mutanti e paurose, distruggere qualsiasi cosa in mille pezzi e soprattutto divertirsi. RAGE riproponeva il tutto con l'inconfondibile stile id Software: tra shotgun, mitragliatori, lanciarazzi, balestre, granate, scudi, boomerang (i famosi “wingstick”) e altri gadget, il ritmo era serratissimo e il caos regnava sovrano!

La varietà delle missioni era quello che era (lo schema ricorrente era più o meno sempre lo stesso), mentre la sceneggiatura proponeva quest ambientate in ambientazioni incastonate in una struttura piuttosto classica. RAGE, nonostante l'impostazione open world, era uno sparatutto piuttosto convenzionale e molto più lineare di quello che si potesse pensare. L'esplorazione, per esempio, non era incentivata più di tanto e gli spostamenti con i veicoli erano limitati. Si poteva andare da un punto all'altro della mappa a bordo del proprio veicolo (lo spostamento era automatico) oppure affrontando una serie di gare contro dune buggy guidate da NPC incazzatissimi. Il modello di guida, poi, non era un granché (per usare un eufemismo).

Nonostante alcune limitazioni nel gameplay, il titolo di id Software riusciva a incollare allo schermo il giocatore per una dozzina di ore (completando tutte le side quest, anche qualcosa di più), merito anche di un'intelligenza artificiale che migliorava con il passare del tempo e che stupiva nell'uso sapiente delle coperture. A sorpresa, id Software non aveva previsto alcun tipo di multiplayer competitivo: c'erano solo una manciata di mappe e quattro modalità di gioco, oltre alla possibilità di giocare in co-op le missioni principali della campagna. Decisamente meglio la colonna sonora, che spaziava dalla techno all'elettronica più pura, e buona anche la localizzazione in italiano.

Non sarà ricordato come uno dei capolavori assoluti di id Software ma RAGE era un buon gioco e, soprattutto, l'ultima produzione firmata dal leggendario John Carmack. Scusate se è poco...

PS
Su RAGE 2 è meglio stendere un velo pietoso.

Questo articolo fa parte della Cover Story (post)apocalittica, che potete trovare riassunta a questo indirizzo.