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Old! #55 – Marzo 1994

Old! #55 – Marzo 1994

Old! è esattamente quella stessa rubrica che da vent'anni vedete apparire su tonnellate di riviste o siti di videogiochi. Quella in cui si dice "cosa accadeva, nel mondo dei videogiochi, [inserire a piacere] anni fa?" Esatto, come su Retro Gamer. La facciamo anche noi, grazie a Wikipedia, pescando in giro un po' a caso, perché siamo vecchi nostalgici, perché è comoda per coprire il sabato e perché sì. Ogni settimana, anni Settanta, Ottanta, Novanta e Zero, o come si chiamano. A volte saremo brevissimi, a volte saremo lunghissimi, ogni singola volta si tratterà di una cosa fatta senza impegno, per divertirci assieme a chi legge, e anzi ci piacerebbe se le maestrine in ascolto venissero a dirci "oh, avete dimenticato [inserire a piacere]".

A marzo del 1994, si manifesta sui PC di tutto il globo la seconda avventura grafica firmata Revolution Software e basata sul motore Virtual Theatre, partorito per il precedente Lure of the Temptress e creato con in mente – fra le altre cose – l'idea di dare vita ad avventure grafiche in cui l'ambiente fosse popolato da personaggi costantemente "attivi", ciascuno con le sue routine e il suo stile di vita. Per assecondare alcune esigenze di trama e di design, però, questa seconda edizione del Virtual Theatre, pur ovviamente molto migliorata sotto il profilo tecnologico, vede in un certo senso un passo indietro sul piano dell'interazione, con un numero ridotto di personaggi coi quali interagire e, soprattutto, un'incidenza assai minore del sistema di collaborazione con il coprotagonista.

Inizialmente intitolato Underworld, con un cambio di rotta causato dall'uscita di un certo GdR targato Origin Systems, Beneath a Steel Sky è una splendida avventura grafica, figlia della collaborazione fra Charles Cecil di Revolution Software e il fumettista Dave Gibbons. Racconta la storia di un mondo futuro oppressivo e degenerato, in cui – come da tradizione della fantascienza distopica – la popolazione umana è divisa fra ricchissimi agiati e pezzenti sparsi nella polvere, e mette nei panni di un orfano alla ricerca di se stesso, preso in mezzo fra le due realtà. La storia viene introdotta per mezzo di un fumetto realizzato per l'appunto da Gibbons, le cui matite sono responsabili anche per la realizzazione di tutti i bellissimi scenari che fanno da sfondo alle vicende, e il gioco è una fra le avventure grafiche “indipendenti” più riuscite dei quegli anni.

Quasi dieci anni dopo l'uscita, nel 2004, Beneath a Steel Sky viene reso completamente gratuito, disponibile legalmente per chiunque voglia giocarlo, con pieno supporto alla piattaforma ScummVM. E oggi è possibile reperirlo un po' dappertutto, anche su negozi online come gog.com e Desura. Nel frattempo, però, è stata pubblicata anche un'edizione rimasterizzata su smartphone e tablet, fra le cui modifiche spicca la versione animata del fumetto introduttivo. E Revolution Software sembra seriamente intenzionata a realizzare finalmente un seguito, nonostante non sia stato raggiunto l'obiettivo del milione di dollari a cui era legato nella campagna di raccolta fondi per il nuovo Broken Sword. Incrociamo le dita.

Sempre nel corso del 1994, ma Wikipedia non mi conforta sulla data precisa, esce Universe, seconda avventura grafica di Core Design, che in seguito abbandonerà il genere per dedicarsi a una certa esploratrice dall'ampia capacità polmonare. Il parallelo con Revolution Software è un po' sospetto: la prima avventura grafica di Core era infatti il fantasy Curse of Enchantia (e ricordo che all'epoca molti lo confondevano con Lure of the Temptress), la seconda, come Beneath a Steel Sky, è un gioco di fantascienza, seppur molto distante dalle atmosfere del gioco di Charles Cecil.

Il paradosso sta nel fatto che inizialmente Universe doveva essere un seguito di Curse of Enchantia, ma poi si decise di cambiare rotta e raccontare la storia di un uomo dei giorni nostri che si ritrova proiettato in un altro universo e diventerà il prescelto salvatore. O qualcosa del genere. Universe, per il periodo, è un gioco dalla realizzazione tecnica abbastanza sorprendente, quantomeno nella versione Amiga 500, che, grazie a un sistema denominato SPAC, può permettersi di visualizzare a schermo ben 256 colori. Mica male, no? Purtroppo, però, il gioco non raccoglie il successo sperato, Core Design decide di dedicarsi ad altro e l'era Amiga s'appresta al termine (che, come noto, è coinciso col giorno in cui ho deciso di passare al PC per giocarmi in maniera dignitosa Indiana Jones and the Fate of Atlantis).

Il 19 marzo 1994 è il giorno in cui si manifesta sul territorio giapponese uno fra i più bei giochi mai usciti su Super NES, oltre che, in generale, una fra le robe più belle che l'era dei 16 bit ci abbia regalato: Super Metroid. In Europa arriverà solo a luglio dello stesso anno, ma ho deciso di giocarmelo qua e buona così. Creato da Nintendo Research & Development 1 e Intelligent Systems, con Yoshio Sakamoto alla direzione, Makoto Kano a produrre e Gunpei Yokoi a tirar coppini, Super Metroid è un gioco meraviglioso, un action adventure ricco, lunghissimo, pieno di azione e di cose da fare, con fra l'altro una capacità di raccontare la sua storia in maniera estremamente dinamica e cinematografica, nonostante gli ovvi limiti tecnologici dell'epoca. Insomma, una ficata.

Super Metroid introduce una serie di novità nelle meccaniche di gioco e recupera il sistema di salvataggio che aveva fatto il suo esordio in Metroid II: Return of Samus, diventando poi bene o male lo standard per i giochi del filone che oggi identifichiamo come “metroidvania”. Seguito diretto del precedente episodio, Super Metroid è figlio di un lavoro mirabile nello sforzo di bilanciare temi, caratteristiche e punti fermi di quanto visto nelle prime due uscite e rielaborarli per dare vita a un gioco talmente moderno da esserlo ancora oggi, vent'anni dopo. Moderno, dico.

E infatti ancora oggi viene considerato uno fra i giochi più belli e influenti di sempre, infilato in altissimo nelle classifiche dei migliori videogiuochini della storia, amato e riverito. Se non l'avete mai giocato, o se l'avete giocato e volete rigiocarlo, o se whatever, recuperate un Super NES o scaricatelo dalla Virtual Console, che è più comodo.

Colonel Campbell’s Art Soup #55

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Librodrome #46: Maestro Mario

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