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Librodrome #65 - Silent Hill. Il Motore del terrore - Per cacarsi in mano più consapevolmente

Librodrome #65 - Silent Hill. Il Motore del terrore - Per cacarsi in mano più consapevolmente

Attenzione. Ogni due settimane, in questa rubrica si parla di cultura. Niente di strepitoso, o che ci farà mai vincere il Pulitzer, ma è meglio avvertire, perché sappiamo che siete persone impressionabili. E tratteremo anche dei libri. Sì, quelle cose che all’Ikea utilizzano per rendere più accattivanti le Billy. E anche le Expedit.

"Voglio suscitare paure ancestrali, come quelle che si celano nei bassifondi dell'istinto umano. Non mi accontento di ricorrere a trucchi da luna park come la sorpresa. Preferisco creare un senso di angoscia, terrorizzare in modo graduale il giocatore. In Silent Hill 2, la paura è prodotta da tutto ciò che non siamo in grado di vedere. Il non visto ci terrorizza perché quello che sfugge all'occhio diventa concreto nell'immaginazione. E l'immaginario, com'è noto, è il vero motore del terrore." (Akihiro Imamura, produttore di Silent Hill)

L'"altro" giorno ho (ri)giocato Silent Hills, la (breve?) demo che c'è sul PlayStation Store, immergendomi nell'incubo, abbracciando il terrore più malsano e perdendomi disperatamente nel loop infernale dei suoi corridoi. Per non parlare poi di tutte le angosce, i tuffi al cuore e i balzi sul divano dopo ogni corridoio, dietro ogni porta, quando arriva la mezzanotte e tutto incomincia a deformarsi, gemere, gracchiare, ridere… insomma, è IL TERRORE. Provatelo a giocare di notte, da soli, in cuffia, e vedrete quante sorprese vi attenderanno nei pantaloni. A osser onesti, P.T. (Porca Troia!) è l'unico Silent Hill che io sia riuscito a completare senza CACARMI letteralmente addosso. Con il primo ho avuto gli incubi. Per un anno intero. Con il secondo ho pianto chiamando la mamma. E continuo ancora a farlo ancora oggi. Con The Room sono morto.

Ora, non è che il nuovo aperitivo di Hideo Kojima e Guillermo del Toro faccia meno paura o sia meno inquietante dei vecchi capitoli, eh. È solo che ho approfittato del salotto pieno di amici e il sole era ancora alto in cielo. Mi sentivo ben al sicuro, insomma. E poi… non ero neppure io a impugnare il joypad, a dire la verità, ma un po' tutti quanti, a turno, tra una birretta e l'altra. Tutto questo per dire che sono tornato a scartabellare tra i volumi videoludici che stipo in libreria, per rispolverare e riscoprire ancor meglio Silent Hill. Il Motore del terrore (Costa & Nolan, collana Videoludica, 2006) di Bernard Perron.

Vai con la recensione di un libro un po' vecchio, ancora oggi meritevole di lettura.

No, ma siamo pazzi??! Davvero no.

Docente di filmologia presso il dipartimento di Storia dell'arte e studi cinematografici dell'università di Montreal, Bernard Perron si concentra da tempo - e con successo - sulle teorie cognitive, sulla dimensione ludica del cinema narrativo, sul cinema interattivo e sui videogame. Ebbene, si capisce come il suo volume non sia affatto un esaltato panegirico dell'horror di Konami, bensì un lucido e attento laboratorio di ricerca sperimentale, capace di sviscerare di gran carriera tutti i perché e tutti i percome del nostro perverso bisogno di paura.

"Un'analisi di Silent Hill non può prescindere da un confronto con Resident Evil. […] Dato che il videogiocare è un'attività complessa – è performance ma anche passione – esaminare Silent Hill utilizzando come pietra di paragone Resident Evil (e viceversa) può condurci in un vicolo cieco. Un'analisi che sottolinei le affinità e le divergenze tra le due serie, per quanto utile, rischia di mettere in secondo piano le peculiarità dei singoli testi. […] La mia scelta di studiare Silent Hill è – de facto – una confessione. Tra le due serie, preferisco di gran lunga quella ideata da Konami. […] Il survival horror di Konami non è semplicemente un gioco, ma un'esperienza potente ed emozionante."

Libro e segnalibro.

Del resto, la forma più convincente di horror è quella che si rivolge alla psiche dei giocatori e non quella effettivamente mostrata sullo schermo. Silent Hill è un vero e proprio paradigma all'interno del genere del survival terror e Bernard Perron ha scritto pagine e pagine capaci di dimostrarlo. Utilizzando il cinema (Lynch, Kubrick, Cronenberg eccetera), la televisione e la letteratura (King, Lovecraft o Koontz), l'analisi transmediale di Perron approccia tematiche come la costruzione della suspense, la rappresentazione della violenza simulata e il ruolo del game designer nella narrativa videoludica: il mondo allucinato e perverso di Silent Hill viene qui totalmente esperito, quindi elaborato, affinché il lettore possa liberamente esplorarne tutti i suoi possibili meandri e recessi.

Leggetelo, prima che la serie horror di Konami faccia il suo ritorno… d'autore, per cacarvi in mano, consapevolmente, magari ripercorrendo la storia dell'orrore videoludico e i grandi classici del passato, da Haunted House del 1981 (adattamento videoludico di Halloween del 1983) o Sweet Home del 1989 ad Alone in the Dark del '92.

"Alla fine, Silent Hill non è nient'altro che un grande parco giochi, diabolicamente ideato per spaventare il giocatore, ma è anche un parco giochi dove il giocatore si reca per farsi spaventare."

Old! #102 – Marzo 1975

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OlliOlli2 o (Le prevedibili virtù di un seguito)

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