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Racconti dall'ospizio #202: Salta, coniglio bastardo!

Racconti dall’ospizio è una rubrica in cui raccontiamo i giochi del passato con lo sguardo del presente. Lo sguardo di noi vecchietti.

Ricordo che Jumping Flash era il “gioco del coniglio bastardo” (non ricordo perché “bastardo”, ma ci piaceva così), nella mia cerchia di amici stretti, quando ci si ritrovava la sera a casa di qualcuno per provare i giochi della nuova PSX. Ai tempi della prima PlayStation, non seguivo tantissimissimo la scena videoludica, ma ricordo bene che rimasi a bocca spalancata quando vidi Ridge Racer e, soprattutto Tekken girare sulla TV pari pari a come erano in sala giochi, quando fino ad allora in casa regnava il 2D. E accanto a titoli blasonati come quelli, c’erano poi delle cose come Jumping Flash, il più assurdo dei giochi di lancio della nuova macchina: un gioco incomprensibile, con una mascotte sconosciuta, prodotta in un’era in cui erano i platform a far vendere le console. Non ho studiato a fondo la storia di Jumping Flash e non so esattamente cosa possa aver spinto dei giapponesi a produrre un platform-FPS, ma la mia personale interpretazione è che nella prima rosa di giochi per la sua nuova macchina, Sony volesse anche un prodotto che potesse fare da ponte tra i giochi di piattaforme tipici delle console a 16bit e il mondo del 3D, che era perfetto per giochi di corse, picchiaduro e sport, ma non si era mai prestato granché ad altri generi. Con davanti la tabula rasa di una console senza storia, basata su di una tecnologia innovativa e con un controller che, con il senno di poi, non era ancora pronto al 3D, il team di Exact, che già aveva un po’ di esperienza con i platform 3D grazie a un precedente progetto chiamato Spring Man, sviluppato come demo per Sony, se ne uscì con questo Jumping Flash.

In Europa, il gioco non credo sia stato apprezzato da molti, perché chi comprava PlayStation (che costava un botto e mezzo) lo faceva per giocare a giochi come Ridge Racer, Toshinden o WipeOut, non certo per pilotare uno sconosciuto coniglio robot; e a dirla tutta, Jumping Flash è anche un gioco abbastanza corto, il cui acquisto era onestamente difficile da giustificare. Tuttavia, credo che i pochi che hanno avuto la fortuna di pilotare questo coniglio spaziale ricordino con piacere le ore passate a saltare nei suoi buffi livelli e, con il senno di poi, Jumping Flash era davvero un gioco super innovativo, che nel 1995 è stato in grado di improvvisare un intero nuovo genere di gioco, con scelte di design molto intelligenti e un gameplay godibile ancora oggi. Se il genere dei platform 3D inizia ufficialmente con Super Mario 64 [link] e i suoi controlli analogici, Jumping Flash è stato il primo platform in soggettiva, e ancora oggi può dire la sua in questo genere di super nicchia. Ciò che gli ha impedito di essere considerato davvero il precursore di un nuovo genere è stato il suo essere troppo innovativo; di fatto, Jumping Flash metteva insieme cose come: visuale in soggettiva, platform in 3D e livelli open world, tutte cose mai viste prima, tanto che né la copertina né le immagini del gioco sul retro riuscivano a illustrare bene il suo gameplay, e ovviamente non c’era YouTube per guardarne un video. Il risultato è che, vent'anni fa, in pochi hanno voluto investire i sudati risparmi in un gioco come questo, quando ce n’erano altri più famosi e più comprensibili. Ma oggi, con una macchina come PlayStation Classic tra le mani, invito tutti a sforzarsi di giocare un po’ a Jumping Flash, per scoprire un gioco con una meccanica di salto in soggettiva che funziona e un gameplay da sparatutto che davvero non ti aspetteresti, da un coniglio robot in copertina.

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Per chi non lo conosce affatto, diciamo che Jumping Flash è un platform open world (pur con mondi molto piccoli) in cui in ogni livello bisogna recuperare tre carote sparse in giro e poi raggiungere un'uscita. Tutto qui. La particolarità del gioco sta nella visuale e nei controlli, perché il coniglio protagonista non si controlla in terza persona, ma in prima, come in un FPS. Considerando che i platform in soggettiva che funzionano si contano sulle dita di una mano (Mirror’s Edge e.... boh…), è assurdo come Jumping Flash FUNZIONI davvero, grazie a una serie di idee che lo rendono particolarmente fruibile. I suoi meriti maggiori sono due: il sapiente uso della verticalità e la gestione automatica della visuale. Il primo pregio è evidentissimo nei livelli, che si espandono tanto in altezza quanto in larghezza, con un effetto uau molto forte quando si salta, in particolare per i tempi (nel 1995, questa roba qui faceva impressione quasi quanto la VR oggi). Ma è la gestione del salto ad essere fondamentale: dato che ai tempi PlayStation non aveva controlli analogici (non esisteva nemmeno il concetto di singola leva analogica), non c’era modo di muovere efficacemente la visuale senza ricorrere alle frecce direzionali, che servivano però per spostarsi. Quindi, per rendere il tutto giocabile, Exact utilizzò una visuale automatica che si rivolgeva verso il basso durante i salti, in modo che controllando la posizione dell’ombra del coniglio, perfettamente verticale, fosse possibile effettuare salti sufficientemente precisi. Questo sistema, unitamente alla verticalità, aumentava ancora di più l’effetto vertigine e dava vita a un gameplay davvero unico, anche dopo tutti questi anni.

L’unico difetto di Jumping Flash, oltre al presentarsi non proprio benissimo vicino a un Ridge Racer a caso, era la sua longevità, piuttosto scarsa. Il titolo Exact si componeva di soli diciotto livelli, di cui sei erano boss fight mono-stanza e dodici livelli veri e propri, ma piuttosto piccoli. Alla fin fine, per completarlo bastavano due o tre ore e, superato il disorientamento iniziale, il gioco era anche piuttosto semplice. Tra i power up e la discreta quantità di energia, per i nemici era davvero dura avere ragione del coniglio e il sistema di salvataggio su memory card permetteva di continuare dal mondo in cui si era arrivati. Oggi è una pratica piuttosto standard ma allora esistevano ancora platform da giocare tutti d’un fiato, come Sonic the Hedgehog, e forse per Jumping Flash avrebbe avuto senso usare un sistema come questo. Ricordo che nei negozi di videogiochi di allora, molto prima dell’arrivo di GameStop e delle console nei centri commerciali, era piuttosto comune trovare copie usate di Jumping Flash, perché la rigiocabilità era scarsa e dopo aver completato tutti i livelli, davvero, non rimaneva molto altro da fare. Anch’io sono abbastanza certo di averlo comprato usato in un negozio o da un amico. Rispetto a Super Mario 64, che oltre ad appassionare ogni amante dei platform, offriva una quantità di contenuti esagerata, Jumping Flash era sì capace di stupire, ma non si presentava in modo chiaro come platform, e soprattutto era talmente breve da sembrare quasi una demo o uno strano esperimento, piuttosto che un gioco vero e proprio.

Un anno dopo la pubblicazione del primo gioco, Exact se ne uscì con Jumping Flash 2, ma nel frattempo, di giochi per PlayStation ne erano usciti un altro po’ (lo stesso Crash Bandicoot uscì a pochi giorni di distanza da Jumping Flash 2) e con il mercato che stava cambiando, allontanandosi dalle mascotte tipiche dei primi anni Novanta, il successo non fu tale da giustificare un terzo capitolo della serie. Parti del mondo di Jumping Flash sono poi tornate in giochi minori per il Giappone, ma onestamente la serie non ha mai avuto un successo tale da giustificare un remake o un rilancio. Ammetto che una versione moderna di Jumping Flash mi piacerebbe molto, ma credo che questo personaggio sia molto in basso nella lista degli IP Sony da rilanciare, e un po’ me ne rammarico.

E con questo chiudo, ribadendo il consiglio di dare un’occhiata a Jumping Flash su PlayStation Classic: non sarà un capolavoro, ma è davvero un gioco che vale la pena provare almeno una volta! E urlare “Salta, coniglio bastardo!” alla TV regala ancora oggi delle soddisfazioni!

Questo articolo fa parte della Cover Story dedicata a PlayStation Classic e alla prima PlayStation, che potete trovare riassunta a questo indirizzo.