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Dragonheart, il cuore di drago nato da Jurassic Park

Quando Il Trono di Spade (sì, preferisco il titolo italiano a quello originale) è sbarcato in Italia, ho affrontato la serie con sincera curiosità, ma dopo la prima stagione ho capito che non faceva per me. Troppo serio, troppi intrighi, attori che non mi convincevano… insomma, dopo la chiusura della prima stagione, ho resistito ancora un paio di puntate della seconda ma no, ho capito che non faceva per me. Ed è strano, perché non essendo un fan estremo del fantasy, il fatto che, soprattutto nelle prime puntate, non fossero presenti accenni forti a creature tipo elfi, draghi, spade magiche etc. poteva solo essere un plus, per me. E invece niente, l’amore non è scoccato.

In maniera diametralmente opposta, e sempre di stranezza si tratta, vista la suddetta riluttanza a temi fantasy, sono un grandissimo fan di Dragonheart, film del 1996 che, per vari motivi, ho sempre apprezzato tantissimo.

Prima di tutto, uno dei due protagonisti era uno dei miei attori preferiti del tempo, quel Dennis Quaid che ho adorato in Salto nel Buio e D.O.A. Dead on Arrival (Ogni Maledetta Domenica sarebbe arrivato lustri dopo), e poi era un film con degli effetti speciali che ancora oggi, come capita per Jurassic Park, possono essere visti senza cavarsi gli occhi dalle orbite. In realtà, l’effetto speciale che ha fatto diventare Dragonheart un piccolo cult (nonostante le ambizioni non fossero altissime) è Draco, l’altro co-protaginista della pellicola, un drago enorme sputafuoco la cui voce viene donata da uno strepitoso Sean Connery, che verrà surclassato (forse) solo da Benedict Cumberbatch con il suo Smaug (per la cronaca, non ho mai visto e non vedrò mai la trilogia de Lo Hobbit). 

Uscito tre anni dopo Jurassic Park, Dragonheart ha potuto beneficiare di tutta l’esperienza che la Industrial Light & Magic si era fatta negli anni. Per Draco, infatti, era stata utilizzata probabilmente per la prima volta su schermo la cattura completa del viso di Connery, tecnica che poi è sfociata negli anni nel performance capture che tanto ci è caro, sia nei blockbuster hollywoodiani, sia nei nostri giochi preferiti. 

Draco è vivo, è vero, parla, ha delle espressioni del muso incredibilmente realistiche anche per gli standard odierni e la fusione fra drago digitale e scenografie era per il tempo praticamente perfetta. La grande sfida rispetto al T-Rex di Jurassic Park era proprio questa: Draco doveva avere tutte le caratteristiche di un drago ma, al contrario dei dinosauri di Spielberg, doveva parlare ed essere “umanizzato” nelle espressioni e nella voce, una cosa fino a quel momento mai tentata, non su quella scala. Ovviamente, essendo il 1996, fu necessario utilizzare anche effetti speciali con modelli fisici e non solo CGI, ma, come in Jurassic Park, è praticamente impossibile capire dove si tratti di una riproduzione 1:1 della bocca di Draco o dove sia tutta CGI. Tra l’altro, visti i costi dovuti a renderlo credibile, Draco compare su schermo solo per il 20% del film.

Oltre a Quaid e Connery, il cast annovera anche altri attori che la maggior parti di noi ha visto nelle più disparate pellicole. Un giovanissimo David Thewlis, il Remus Lupin della saga di Harry Potter, è il tremendo re deposta che tutto vuole comandare, Dina Meyer, la stupenda rossa di Starship Troopers, è la fanciulla per nulla indifesa che aiuta l’eroe a compiere il suo destino e infine Pete Postlethwaite, l’avvocato Kobayashi de I soliti sospetti, rappresenta il personaggio comico del film. Non da meno il regista Rob Cohen, diventato negli anni uno specializzato nelle pellicole d’azione, il primo Fast and Furious e xXx su tutti.

Ecco, Dragonheart è piacevole anche perché non è un drammone super intriso di tristezza e angoscia come altre pellicole fantasy (o come Il trono di spade) ma ha un tono molto più scanzonato, con diversi siparietti comici (anche tra Draco e Bowen, il personaggio interpretato da Quaid). Ovvio, non manca il dramma, e sinceramente, rivedendolo, mi ricordavo di un film molto più edulcorato anche sul lato della violenza su schermo, ma comunque non scade mai nel truculento o nell’angoscia. 

Consiglio di dargli un’occhiata, per me è una sorta di classico, quando lo danno in TV mi fermo a guardarlo un po’ come Ladyhawke, e comunque è uno di quei film che ci fanno tornare un po’ ragazzini per le tematiche, il cavaliere, il sovrano cattivissimo, il drago, potendo contare su una realizzazione che è apprezzabilissima anche da chi è cresciuto a pane e Avengers.

E mi raccomando, non provate neanche a tentare di guardare i seguiti, tutti nati come progetti direct to video. Di cuore di Drago ce n’è solo uno.

Questo articolo fa parte della Cover Story dedicata a Il trono di spade e al fantasy lercio, che potete trovare riassunta a questo indirizzo.