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Dieci giochi sulla preistoria che sono preistoria

Eccolo qua, lo spazzino del Pleistocene che aspettavate. E che devo fare? La qualità dei Racconti dall’Ospizio altrui è tale che mi sento quasi in imbarazzo a mettermi pure io a raccontarvi la rava e la fava di quella volta in una sala giochi di Canicattì nel 1991 in cui ho conosciuto Gilda, la campionessa di Trog che mi ha rivelato le gioie del sesso orale. Molto meglio invece dedicarsi a un lavoro di bassa manovalanza. Andare a recuperare frattaglie preistoriche in bidoni di spazzatura videoludica fossile. I giochi che nessuno sentiva il bisogno di riesumare. Quelli che, datazione al carbonio 14 alla mano, sono vetusti, bislacchi, inutili, dimenticati, invecchiati male o che semplicemente fanno cagare. Pietra.

Yabba Dabba Doo - The Flintstones (Quicksilva, 1986, C64 et al.)

C’è da dire che, visto all’epoca, faceva un’ottima impressione per almeno due minuti, il primissimo gioco dedicato a Fred e cumpa. Sprite rigorosamente in grafica hi-res, con quell’outline cartoon impeccabile. Palette assolutamente preistorica. Un gameplay rispettoso del lore hannabarberiano. Addirittura l’audacia di raccontare l’origine dell’amore tra Fred e Wilma. Ma a conti fatti, era il tipico gioco proto-freeroam dell’epoca: andavi in giro senza capire che fare e, quando capivi che dovevi solo cercare pietre per costruire una casa e convincere così Wilma a sposarti, ti sentivi tanto muratore nell’hinterland bresciano ad agosto e ti passava la voglia di vivere. Menzione d’onore per l’inclusione della leggendaria macchina di Fred: quando ci entrava, lui e l’auto erano più piccoli di quando il nostro deambulava a piedi. Mettici un main theme arrangiato con le clave et voilà, il primo di una lunga serie di giochi dei Flintstones da dimenticare.

Caveman Ugh-Lympics (EA/Dynamix, 1988, C64 et al.)

Da tempi immemorabili - ma comunque post preistorici - i cavernicoli sono stati usati come metafora perfetta della condizione dell’uomo moderno. Guardare con distacco per ridere di noi stessi. Lo facciamo con gli zombi, perché il mondo è più in merda, ora, ma una volta bastavano i cavernicoli. Che bello! Qui lo humour regna sovrano: le olimpiadi dei cavernicoli sono ovviamente un tripudio di duelli di clave, lancio della fidanzata per i capelli, corse col dinosauro che se lo prendi a mazzate in testa va più veloce. Ovviamente, il gioco in sé è il nulla olimpionico, l’ennesima versione dei multigioco Konami/Epyx ma senza un’oncia di stile a livello di gameplay. Però che grafica grossa e colorata (e lenta su PAL, molto da giochi americani fine 80s). Però che risate, quando ancora sapevamo ridere di noi stessi, invece di avere solo paura di mangiarci a vicenda.

B.C. Bill (Imagine 1984, C64 et al.)

Caveman, titolo di un oramai oscuro film di inizi anni Ottanta con Ringo Starr e Barbara Bach, ha sicuramente ringalluzzito la voglia di satira cavernicola della Perfida Albione. E la tanto vituperata Imagine primo periodo qui crea probabilmente il suo capolavoro, vista anche la palta precedente. Bello in tutti i formati, riproduce la sbatta dell’uomo medio che deve andare a caccia, tirare la donna per i capelli, fare figli eccetera. Anacronismi coi dinosauri per forza di cose, ma anche cibo già pronto alla cottura che cammina, real-time weather change e altre chicche come la scena della morte. Capolavoro. Totalmente indigesto per chiunque non ci abbia giocato all’epoca.

Qui yours truly si cimenta nella versione pirata da edicola, dal sublime nome GUNGA.

Chuck Rock (Core Design, 1991, Amiga et al.)

Ero partito con l’intenzione di seppellire Chuck Rock sotto una tonnellata di insulti, tipo “merda pretenziosa in salsa british giurassica”, ma la verità è che è l’apice dello humour inglese associato all’età della pietra. Chuck Rock ha un character demodé come un numero di Viz, la rivista demenziale UK che a inizio anni Novanta tirava oltre un milione di copie. Un incrocio tra Homer Simpson e il mio collega Gianmarco, ma più greve, più torvo, più nudo. Beve birra, guarda la partita in una TV di pietra e si fa rapire la donna, bionda e pettoruta, da Garry Gritter, parodia di una ex star del glam rock (Gary Glitter, purtroppo molto più gritty nella vita reale, che schifo). Il gioco è un platform con la palette che ti aspetti, la fluidità che non t’aspetti e tanti tocchi buffi. Gameplay? Niente, ragazzi. Il Giappone ha spazzato via quasi tutta ‘sta roba, sotto il profilo gameplay. Buon per Core che si sono inventati Lara Croft, garantito. (fun fact: scopro che Viz esiste ancora).

Gon (Bandai, 1994, Super Famicom)

Masterpezzo! Il gioco? Forse no. Ma il manga di Masashi Tanaka da cui il gioco è tratto, be’, quello sì. E il gioco? Non è affatto male. Per niente! Fasi 2D, fasi Mode7, carisma del personaggio irresistibile, esperienza comunque da fare se siete in quel sordido giro della gente che gioca a giochi vecchi. La vera chicca è che, come il manga, il gioco è privo di testo. A parte la scritta GON nel titolo! Coraggioso e arguto. Gon è giapponese e se ne fotte del social commentary, ma è piuttosto una celebrazione della potenza stessa della natura. Niente cavernicoli, niente umani e basta. Solo survival of the fikest.

The Humans (Imagitec, 1992, Amiga et al.)

Togliete i Lemmings e mettete i cavernicoli. Togliete il controllo esterno god-like e fate swappare il giocatore da un personaggio all’altro. Togliete la frenesia di cercare di evitare suicidi di massa ai roditori e mettete il ritmo moderato con cui ‘sti Humans si organizzano per raggiungere l’uscita. Beeeeh! Ora capite perché si parla ancora un bel po’ di Lemmings e praticamente mai di The Humans. Che fu generalmente ben accolto sulla piattaforma originale (Amiga), mentre ben più schifato sulle altre, perché gli Amighisti ci hanno sempre tenuto a ribadire l’Amiga Difference, e gli altri ci hanno sempre tenuto a smontargliela alla prima occasione. E chissà che non sia giusto così.

Design-a-saurus (Designaware, 1988, Amiga et al.)

Dio sa perché mi ritrovai all’epoca tra le mani questo gioco su licenza dei giocattoli educativi Crayola. Disegna i dinosauri, colorali. Assembla ossa e crea dei dinos da schiantare in una specie di vivaio cambriano in cui moriranno di fame dopo mezz’ora. In verità assemblare i dinos era anche spassoso. In verità era spassoso anche vederli morire. Mi sentivo in colpa. Per divertimento non avevano inventato ancora il Tamagotchi, rendiamoci conto.

Cave Mania (Atlantis, 1992, Amiga)

In una lista così ci vuole sempre il gioco medio. Rende più belli i belli e più brutti i brutti. Cave Mania è il gioco medio Amiga fuori tempo massimo. Quella palette, quel gradiente, quei sample, quel gameplay come se tipo Sega e Nintendo non fossero mai esistite, quello stile grafico ormai disgustante anche per il più occidentale degli occidentali. Non ci avete mai giocato e - strano a pensarlo - non ci giocherete mai nella vostra vita, campaste cent’anni. Soprattutto dopo questa lapidata in fronte.

BC Racers (Core Design,1995, 3DO et al.)

Prima di passare a Tomb Raider, Toby Gard si ritrovò nella infame condizione di dover creare un gioco alla Mario Kart per piattaforme non Nintendo. Cosa può essere più fresco di un clone di Mario Kart (con rotazioni pixellose e tutto) che esce tardivamente e che adotta il lore già vecchio e sepolto di Chuck Rock? Una pozza di vomito, per esempio. Votato da Next Generation come il peggior gioco 3DO, fu sicuramente una spinta per Gard a cercare di cambiare la sua esistenza. Puntare su un’archeologa poteva sembrare un passo falso ai più, ma perché non avevano ancora visto Lara Croft e le sue due convincentissime ragioni. Vabbe’, dai, era un bel giochino, tutto sommato, Tomb Raider.

Crazy Caveman (Merlin Software, 1983)

E chiudiamo col più preistorico di tutti. Un runner degno dei telefonini moderni (sì, so che anche dire “telefonini” è giurassico! Son matusa mica per niente). Corri, salta, muori, rimuori, pixel perfect, ragequittare instant. Tutto già lì, in questo gameplay minimale, opera giovanilista e brutalista di quel Jason Perkins che tanto ha dato al gaming 8 bit, ma voi manco sapete chi sia. Nemmeno io lo sapevo. Ho googlato. Si dissolve la memoria storica, figuriamoci quella preistorica. Credimi, siamo niente. Dei miseri ruscelli senza fonte. Che la Storia ci sia lieve e la preistoria ci sia ludica.

E grazie a Roberto Magistretti che mi ha aiutato con la lista!

Questo articolo fa parte della Cover Story “Jurassic Outcast”, che potete trovare riassunta a questo indirizzo.