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Bill & Ted's Excellent Adventure, il mio primo giro fuori tempo massimo

Disclaimer assolutamente non necessario: in prima battuta ero partito con l’idea di scrivere un pezzo sugli anni Novanta di Keanu Reeves, qualunque cosa significhi, adoperando come trampolino di lancio quel particolare taglio di capelli detto “alla Trunks” e basato sul mix riga in mezzo più sfumatura alta.

Il medesimo taglio che, più o meno trent’anni fa, spopolava negli Stati Uniti, tra mille variazioni oggettivamente fighissime, come frangettoni e via discorrendo, mentre qui dalle nostre parti (e per “nostre parti” intendo naturalmente Como-cintura) finiva irrimediabilmente per infrangersi sugli ultimi residui di mullet, oppure a ornare le criniere di giovani motociclisti caduti prematuramente in calvizie, a partire da quella maledetta riga che la pressione del casco contribuiva a spianare.

Comunque. Dopo essermi reso conto che quell’America lì era già stata trattata a sufficienza dal sottoscritto in diversi pezzi ma, soprattutto e molto meglio, dalla disamina di Point Break del Tanzillo, ho deciso di lasciar perdere per buttarmi su un film con Keanu Reeves a caso tra quelli che mi sono avanzati. La scelta è caduta su Bill & Ted's Excellent Adventure, nientemeno che ottava apparizione cinematografica del ragazzo prodigio in un lungometraggio, venuta subito dopo la parte di cicisbeo ne Le relazioni pericolose.

Vale la pena di segnalare che il nostro all’epoca aveva venticinque anni, ovvero l’età minima sindacale per poter interpretare un liceale durante gli anni Ottanta e Novanta. E in effetti, il film parla di questo: di due sbarbatelli scombinati che, mentre sognano di sfondare con la loro band, i Wyld Stallyns, finiscono a zonzo nel tempo a bordo di una cabina telefonica, raggranellando a destra e a manca personaggi come Abraham Lincoln, Giovanna d'Arco, Gengis Khan, Napoleone Bonaparte, Socrate, Billy the Kid, Beethoven e Sigmund Freud. E questo, attenzione, nel tentativo di superare un esame di storia.

Fine. Tutto qui. La trama sta in un francobollo. Il sugo, come spesso succede, si infila dentro alla conchiglia, solo che io questa conchiglia non l’avevo ancora assaggiata. Ne avevo sentito dire, OK, ma non ero mai andato oltre i meme a base di air guitar.

Robe falliche di Freud.

Così, quando qualche mese fa si è iniziato a parlare di questa fantomatica reunion tra Keanu Reeves e Alex Winter in Bill & Ted Face the Music, riuscivo a malapena a ricordare Un mitico viaggio, traduzione italiana del secondo film dedicato al dinamico duo, Bill & Ted's Bogus Journey. L’unico che mi risulta sia stato ufficialmente distribuito qui dalle nostre parti, tra l’altro, e spesso confuso con il primo (almeno qui da noi in zona Como-cintura).

Ma non solo ignoravo che ci fosse di mezzo una terzetto di film, ma addirittura un’intera serie televisiva omonima passata nel 1992 con Evan Richards e Christopher Kennedy in vece di Reeves e Winter, e financo l’immancabile spin-off animato composto da due stagioni di cui la prima, tra l’altro, con le voci riprese dal film (nella seconda c’era solo Winter, ché a quel punto Keanu aveva da fare in Italia con la Caselli, oppure era troppo impegnato a farsi intortare da Bodhi).

In tutto questo, leggiucchiando cose a caso, mi ero pure convinto che Bill & Ted's Bogus Journey fosse una specie di operazione semi-didattica in stile National Treasure. Eh, beh, niente di più sbagliato. Perché se è vero che da una parte saltano fuori nomi e personaggi del passato, dall’altra il film se ne serve per alimentare la folle visione del mondo dei due protagonisti, versione ante litteram e meno sguaiata di Beavis and Butt-head, o degli scombinati Wayne Campbell e Garth Algardi battezzati da Mike Myers e Dana Carvey sul palco del Saturday Night Live.

Wayne e Garth sono, tipo, la versione leggermente più adulta di Bill e Ted.

Soprattutto in quest’ultimo caso, le analogie si fanno fitte: qua come là abbiamo a che fare con aspiranti musicisti persi tra rock e metal e intenti a costruirsi un futuro partendo dai propri garage. Stando alle date pubblicate sull’Internet Movie Database, verrebbe da credere che il primato della cazzata spetti a Bill & Ted's Excellent Adventure, distribuito per la prima volta nel febbraio del 1989 e presumibilmente girato l’anno precedente. Naturalmente, questo non ci impedisce di supporre che Myers e Carvey non stessero già lavorando ai loro personaggi prima di portarli in scena.

Di fronte a casi come questo, tendo ad adottare la linea cerchiobottista dello Zeitgeist, al quale afferiscono tra l’altro anche lo Stanley "Stoney" Brown de Il mio amico scongelato (fun fact: Brendan Fraser è stato in lizza per la parte di Bill), Breckin Meyer, il Travis Birkenstock di Ragazze a Beverly Hills, e persino il Lorenzo creato da Corrado Guzzanti nel 1993, oltre, naturalmente, a tutta una serie di protagonisti di stoner movie che mi riportano a bomba sul tema del film.

Il terzetto de Il mio amico scongelato. Da sinistra: Pauly Shore, Brendan Fraser e Sean Astin.

Perché di quello si parla, di uno stoner movie a basso contenuto di THC e con le cannette nascoste nei marsupi, in modo da non farsele beccare dalle telecamere. Il film - ancora non l’ho detto - è diretto da Stephen Herek, su sceneggiatura di Chris Matheson e del suo ex compagno di college, Ed Solomon. Riguardo al primo, vale la pena di segnalare che si tratta del figlio di quel Richard Matheson, che si mormora abbia avuto l’idea dei viaggi nel tempo, mentre il secondo lo ritroveremo coinvolto, oltre che in quel fuckin' nightmare di Super Mario Bros., anche nella stesura del primo Men in Black. Ad ogni modo, pare che la sceneggiatura del film, in prima battuta, puntasse ad adoperare un’automobile in vece della cabina telefonica (in pratica, si è deciso di passare da Ritorno a futuro a Doctor Who), ma soprattutto a coinvolgere personaggi storici un tantinello più ingombranti, tipo Babe Ruth e Hitler.

Sempre sullo script: stando alle testimonianze, questo nasce dalla rielaborazione degli sketch che Herek e Matheson si inventavano tra i banchi di scuola, il che andrebbe a spiegare la natura svarionata del film, nonché la sua freschezza. Freschezza che è figlia anche dell’improvvisazione di alcune scene - si dice che la sequenza con Napoleone in piscina sia stata girata senza comparse pagate, ma in presenza di comuni bagnanti - oltre che della grande armonia creatasi sul set tra Keanu Reeves, Alex Winter e tutto il resto della troupe.

E poi c’è la trama, che non è una trama ma un continuo gimmick temporale per trascinare di palo in frasca i due scombinati e il loro vocabolario irragionevole a base di “Dude”, “Bogus” o “Excellent!”, proprio come negli stoner più classici basati su viaggi iniziatici e cose del genere.

Momento Monty Python/Non ci resta che piangere.

Nel complesso, siamo anche di fronte a una versione americana e più morbida degli sketch dei Monty Python (tra l’altro, lo scenografo Roy Forge Smith, qualche anno prima, aveva lavorato a Monty Python e il Sacro Graal) o, per spostarci qui dalle nostre parti, di un altro cult anni Ottanta a base di viaggi temporali come Non ci resta che piangere, che condivide involontariamente col film di Herek il caos dell’intreccio e quella goduria di chi si è appena inventato una scena sui due piedi ed è scoppiato a ridere assieme a tutto il cast.

Mi piacerebbe pure citare A spasso nel tempo di Carlo ed Enrico Vanzina, ma forse è meglio se mi fermo qui, per non farmi prendere troppo la mano. Piuttosto, preferisco segnalare alcune cose che, pure prese da sole, giustificano il recupero del film (ovviamente non prima di aver consumato sostanze o di essersi presi una sbronza). Ad esempio, tutte le scenette in background: mentre i protagonisti fanno i cretini in primo piano, in seconda fila, nove volte su dieci, c’è qualcuno che combina qualcosa di folle, tipo Socrate che gioca a football con Billy the Kid, o Freud che sventola tra le mani un enorme salsicciotto mentre tenta di approcciare due ragazze. Poi ci sarebbero anche i giochi di parole stupidamente geniali, tipo che il parco acquatico bazzicato da Napoleone si chiama “Waterloo”.

Missy, la matrigna di Bill, poco più grande di lui.

Nota di merito finale alla presenza di sottotesti spigolosi fatti passare sotto cazzata, come il rapporto tra Bill e la sua matrigna, Missy, che oltre ad essere una sua ex compagna di scuola poco più grande di lui, ha l’abitudine di consumare rapporti sessuali col marito nella cameretta del ragazzo. Un po’ tipo la faccenda dell’incesto di Ritorno al Futuro, insomma, ma annegata in qualche birra di troppo.

Questo articolo fa parte della Cover Story dedicata a Keanu Reeves, che potete trovare riassunta a questo indirizzo.