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I (nostri) migliori anni del videogioco: Il 1980 è quel nonno che oggi non si regge in piedi ma quarant'anni fa spaccava culi a destra e a sinistra

Fra chi ci legge (e chi “ci scrive”) c’è senza dubbio gente che ricorda il proprio 1980 a tema videogiochi. Ma c’è anche un sacco di gente che nel 1980 non era nemmeno una vaga idea nella testa dei propri genitori. Io sto più o meno nel mezzo, dato che nel 1980 avevo tre anni (anzi, per buona parte del 1980 ne ho avuti due) e quindi non ero esattamente in grado di intendere e di volere videogiochi, ma ho successivamente messo mano su quasi tutti i pezzi da novanta di quell’anno. Ma nel 1980, per l’appunto, mi sa che non videogiocavo molto. Mi dicono che il mio passatempo preferito consisteva nello stare seduto per terra a sfogliare riviste e imparare a leggere mentre la mia tata Angela stirava davanti agli sceneggiati televisivi. Non saprei, non ricordo una fava, ma mia figlia ha due anni abbondanti e fra gli apici delle sue giornate c’è il leggere numeri e lettere, quindi mi pare credibile.

Non ho idea di quando sia avvenuto il mio primo impatto coi videogiochi ma il mio ricordo più antico su quel tema mi vede appiccicato per un pomeriggio intero a un cabinato di Jungle Hunt, all’interno di un qualche ristorante o baretto, con i miei genitori seduti a chiacchierare a un tavolo lì vicino. Probabilmente furono solo pochi minuti, altro che pomeriggio intero, ma insomma, si sa, i ricordi storpiano. Considerando quanto mi ricordo bastardo Jungle Hunt, non so se sia il mio primo videogioco ma potrebbe aver generato il momento in cui ho scoperto il concetto di imprecazione.

Il mio primo sistema casalingo, invece, fu un Atari 2600, ma di quello ho già scritto nel nostro Racconto dall’Ospizio natalizio e in ogni caso direi che ho già divagato a sufficienza. Sigla!

Se ne può discutere, eh, ma se lo chiedete a me, il 1980 è soprattutto l’anno di Pac-Man. Il capolavoro di Toru Iwatani si manifesta in Giappone a inizio estate e arriva in occidente in autunno, scatenando un panico di massa a livelli Space Invaders e proponendosi come icona pop, successo fuori scala per un’esperienza per lo più “pacifista” (non si spara a nessuno, anche se tra fantasmi e coso giallo non sprizza proprio amore) e gioco capace di accalappiare con forza il pubblico femminile diversi anni prima della rivoluzione casual (non a caso, il seguito apocrifo-ma-poi-ufficiale sarà Ms. Pac-Man). Io ho chiari ricordi di averci giocato come uno scemo, da bambino, riuscendo raramente a combinare qualcosa di concreto. Ma d’altra parte, pur divertendomi anche con questo genere di giochi, ho sempre amato di più quelli con un inizio e una fine. Sono problemi miei.

Avendo citato Space Invaders e Atari 2600, comunque, mi sembra il caso di sottolineare che nel 1980 arriva la conversione del gioco Taito per la console Atari, e si tratta di un dato importante perché stiamo parlando del primo gioco per console capace di sfondare il milione di copie vendute (oltre due milioni in un anno), quadruplicando le vendite della macchina e diventando di fatto la prima killer application nella storia dei videogiochi. D’altra parte, visto il successo che Space Invaders aveva riscosso in sala, non è che ci fosse molto da stupirsi. In generale, comunque, il 1980 è un anno pieno di uscite e avvenimenti significativi. Qualche esempio? Beh, vengono fondati studi e publisher del calibro di Brøderbund, HAL Laboratory, Mindscape e On-Line Systems (che poi diventerà Sierra On-Line); Mattel lancia l’Intellivision, Nintendo avvia l’invasione dei Game & Watch, Data East fa esordire in sala giochi il DECO Cassette System (prima piattaforma arcade standardizzata della storia) e Sinclair propone lo ZX80, primo personal computer britannico con potenzialità videogiocose e “nonno” del ben più popolare ZX Spectrum.

Mentre Pac-Man ci spiega che è possibile videogiocare senza fare la guerra, comunque, altri ci tengono a portare avanti le loro armi di distruzione di massa videoludiche. E lo fanno con dei capolavori. Dave Theurer, che di lì a poco si inventerà pure Tempest, tira fuori Missile Command, giocone capace di mescolare azione e tattica in maniera semplice ma sopraffina, oltre che di colpire a fondo il momento storico e infilarsi come un trapano nei timori da guerra fredda. Non a caso sarà un successo clamoroso (e staccherà pure lui i due milioni abbondanti di copie nella versione per Atari 2600). Ma abbiamo anche Battlezone, che ci mette al controllo di un carro armato in grafica vettoriale, con tanto di cabinato a doppia cloche e, nella versione lusso, munito di periscopio. Una simulazione spettacolare, che fra l’altro creò anche qualche polemica interna ad Atari quando ne venne messa in produzione una versione più elaborata, pensata come simulatore per l’allenamento dei carristi.

Non ce la faccio... troppi ricordi...

E fino a qui sono tutte cose su cui prima o poi misi le mani, poco importa se in sala giochi o a casina bella. In particolare, l’amore per i Game & Watch di Gunpei Yokoi vive imperterrito ancora oggi nella testa e nei cuoricini di chiunque ci abbia giocato ai bei tempi, anche se poi, dalle nostre parti, finirono per diventare forse ancora più famose incarnazioni successive dello stesso concetto, tipo i Gig Tiger. Ma fra le pietre miliari del 1980 c’è anche roba con cui non sono mai entrato in contatto, per un motivo o per l’altro. Per esempio Rogue, dungeon crawler primitivissimo ma capace di proporre idee talmente azzeccate (permadeath e generazione procedurale) da renderlo popolarissimo ancora decenni dopo, quando addirittura verrà utilizzato per indicare un intero filone, quello dei roguelike. E dal termine roguelike nascerà poi proprio un modo di identificare i tipi di gioco (soulslike, whateverlike, stocazzolike… ).

Il 1980 ospita, fra l’altro, anche diverse altre “prime oscure”, giochi che magari oggi ci siamo per lo più dimenticati ma vengono ricordati come primo passo verso la definizione di un genere o una meccanica in particolare, tanto quanto le cutscene, la struttura a labirinto e i power-up lanciati da Pac-Man. Space Panic, per esempio, viene identificato da molti come primo gioco di piattaforme della storia. Il primo gioco a poter vantare una meccanica di arrampicamento verso l’alto è invece Crazy Climber, già più famoso, fosse anche solo perché omaggiato in maniera trasversale da Ralph Spaccatutto. Ma abbiamo anche il mitico Rally-X di Namco, primo gioco a poter vantare un livello bonus e primo, o fra i primi, a mettere in mostra uno scrolling multidirezionale.

E se non bastano le “prime”, abbiamo anche i paparini/nonni di lusso, tipo lo ZX80 citato sopra. Berzerk di Alan McNeil, infatti, farà da significativa fonte d’ispirazione per il ben più famoso Robotron 2084 di Eugene Jarvis, dando quindi indirettamente vita al genere dei twin stick shooter con visuale dall’alto. E Star Castle è il coin-op la cui conversione per Atari 2600 verrà affidata a Howard Scott Warshaw, che però, una volta resosi conto dell’impossibilità di creare una conversione fedele, trasformerà il progetto in Yar’s Revenge, titolo Atari più venduto di sempre per la sua console e da molti considerato il miglior gioco mai uscito sulla macchina.

E poi, oh, ci sarebbe Zork, primo capitolo nella lunga serie di avventure testuali simbolo per eccellenza della monumentale produzione Infocom. Ma insomma, su Zork non mi dilungo, tanto ho l’articolo da linkare.

Il 1980 è l’anno migliore nella storia dei videogiochi? Boh? Di sicuro non può vantare la quantità di capolavori che s’è vista in altri anni trattati in questa rassegna di articoli e certamente molti dei giochi che ho menzionato non sono invecchiati benissimo. D’altra parte, se ne facciamo una questione di importanza storica e di giochi che hanno segnato un prima e, soprattutto, un dopo, mi sa che l’anno di Pac-Man non teme molti confronti.

Il 1980 riassunto in maniera arbitraria e incompleta: Battlezone, Berzerk, Centipede, Crazy Climber, Game & Watch, Intellivision, Missile Command, Pac-Man, Rally-X, Rogue, Space Panic, Star Castle, Warlords, Zork, ZX80.

Questo articolo fa parte della Cover Story "I (nostri) migliori anni del videogioco", che trovate riepilogata a questo indirizzo.