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Una crisi di mezza età

Una crisi di mezza età

L’anno scorso, in piena pandemia, sono stato colpito da una crisi di mezza età. Una crisi che mi ha spinto, nel corso dei mesi, ad accumulare tra le varie cose: un bokken da kendō, un paio di kimono, dei sandali tradizionali giapponesi e diverse paia di calzini pensati per separare l'alluce dalle altre dita; insomma, una bella sfilza di capetti assolutamente perfetta per il ritiro obbligato, un po’ meno da sfoggiare al cinema, al supermercato, o in generale in tutte quelle situazioni che non prevedono cosplayer.

Io sono quello al centro.

Un’altra categoria merceologica che ha trovato posti nei miei carrelli digitali è stata quella del videogiochi, in particolare i videogiochi vecchi, e nel complesso direi che poteva andare decisamente peggio, soprattutto se penso a certi miei coetanei in fissa con le moto o le automobili. Ad ogni modo, chi mi conosce sa che non sono mai stato un retrogamer sfessato - lo specifico perché qui gira gente tipo Kenobit, Babich o il Bellotta - e di solito, quando desidero smanettare con qualche vecchia gloria, tendo a buttarmi sulle riedizioni, più raramente sull’emulazione.

Ciononostante, complice anche la comparsa di un televisore a tubo e del PC Engine giapponese, da qualche tempo sto accumulando console e giochi del passato; spesso sborsando discrete somme - contestualmente parlando - per ricomprare cose che nel corso degli anni ho scelleratamente regalato a cani e porci* in nome del mantra: “Il futuro è digitale, indietro non si torna”. Piano piano, nel mio armadio si sono accomodati un Sega Mega Drive, un Super Nintendo, una PlayStation, un Dreamcast, almeno un paio di NES e finanche un Game Boy Advance SP; quest’ultimo recuperato con la scusa del Retroutcast su The Legend of Zelda: Link's Awakening, e davvero in ottime condizioni.

Indietro non si torna… col cazzo!.

La scelta del modello è stata dettata principalmente dall’illuminazione integrata, ché ormai senza illuminazione integrata non riesco a fare nulla; in secondo luogo dal design e dalla chiusura a portafogli (anche se devo ammettere che l’ergonomia dell’Advance classico non si batte). Comunque, figata, se non fosse che al momento di lanciare Link's Awakening mi sono reso conto che la storia della luce è una sòla, e persino l’accendisigari della mia auto illumina meglio.

Non ne avevo idea, giuro, anche perché all’epoca avevo puntato tutto su N-Gage (risate di sottofondo), bazzicando la consolina giusto allo SMAU, dove qualche PR sessista di Nintendo aveva pensato bene di spedire tra gli stand delle signorine poco vestite con un pugno di SP agganciati alla cinta. Una via di mezzo tra i pod di R-Type e un cordone ombelicale che ricordo particolarmente disagevole, anche perché implicava l’obbligo di giocare letteralmente attaccati alle ragazze, con relativi scambi imbarazzanti.

Prima di fare gli emancipati agli aperitivi.

Ma sto divagando. Il punto è che l’illuminazione del Game Boy Advance SP originale fa schifo al cazzo, come dicono su Gameromancer, e capisco la necessità di ottimizzare i consumi eccetera, però, davvero, per tanto così, potevano anche non metterla. Poi magari è anche “colpa” mia, che negli anni mi sono abituato troppo bene e non riesco più a tornare indietro, tipo quando passi dal televisore di quaranta pollici a quello di cinquantacinque; né sono stato sufficientemente sgamato da procacciarmi il modello AGS-101 retroilluminato di putenza. Resta che tutti i sogni di spararmi con un minimo di purezza Final Fantasy VI, The Minish Cap, i vari Castlevania e Metroid Fusion, quest’ultimo in vista della Cover Story, stavano per andarsene in vacca.

Fortunatamente, la risposta alle mie grane è arrivata dai social, nello specifico da un post di Alessandro Mazzega; lo stesso Alessandro Mazzega che almeno una volta all’anno mi persuade a smontare qualche console e a ordinare cose da siti mai sentiti prima.

Arrivato a metà ero già praticamente convinto, ma da ossessivo compulsivo, e conoscendo la mia attitudine a complicarmi la vita, ho applicato un vincolo: “Se l’italia vince gli Europei mi sparo la mod, altrimenti nada”.

Due mesi dopo sono entrato nel negozio di retro modding con l’idea di recuperare giusto uno schermo IPS per risolvere la situazione luce, ma OVVIAMENTE mi sono lasciato ingolosire e ho finito per ordinare un case totalmente nuovo, trasparente ma soprattutto fosforescente (a quarant’anni e rotti non devo vergognarmi di niente), assieme a tasti, gommini colorati e altre amenità, conservando della macchina originale giusto la scheda madre e un paio di cazzatine.

Storia vera.

In “sala operatoria” è andata meglio del previsto: rispetto a smanettare una PlayStation 4 o uno Smartphone non c’è storia, per dire, e con qualche accorgimento e il tutorial giusto, nel giro di una sera si riesce a fare tutto. Tra l’altro, per uno scarsone come il sottoscritto, che non ha mai assemblato un PC in vita sua (perdonami, Quedex), le “budella” della consolina Nintendo sono sembrate incredibilmente artigianali, giocattolose e persino eleganti, nella loro apparente semplicità.

Unica svista: il kit del case conteneva anche una lente adesiva che, a fronte dello schermo IPS, avrei fatto meglio a non montare, e nel levarla ho rischiato di fare casino; ma alla fine le cose si sono risolte, e sono rimasto talmente soddisfatto da rifiondarmi sul sito la sera stessa per ordinare anche una batteria più performante (l’illuminazione potenziata succhia), uno speaker nuovo di zecca e un adattatore per caricare la console via USB, ché non si può mai sapere.

Bello di zio.

Con poco più di un centinaio di dollà ho portato a casa il risultato, anche se col senno di poi avrei fatto meglio a partire da un SP meno pettinato, visti i tre quarti di console finiti in pattumiera; ma insomma, pazienza. È stato divertente smanettarci ma soprattutto è soddisfacente giocarci, e in vacanza il mio mostriciattolo di Frankenstein ha fatto faville: rispetto a Switch, parliamo di un cosino veramente tascabile capace di infilarsi dappertutto, anche negli scompartimenti più stronzi dello zaino, e tra Cerasuolo e arrosticini, Metroid Fusion ha trovato la morte sua. Ah, poi ovviamente il Retroutcast a tema l’ho saltato e in questa storia non c’è nessuna morale, alè!.

*Ho scritto “cani e porci” solo per colorare il pezzo: se in passato avete ricevuto console o giochi dal sottoscritto, significa che vi considero dei veri e insostituibili amici.

Questo articolo fa parte – un po’ pretestuosamente - della Cover Story dedicata a Metroid e ai metroidvania, che potete trovare riassunta a questo indirizzo.

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