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Post Mortem #8: Atom Zombie Smasher raccontato da Brendon Chung

Post Mortem #8: Atom Zombie Smasher raccontato da Brendon Chung

Una rubrica in cui vi raccontiamo i post mortem dei principali videogiochi, vale a dire le considerazioni a posteriori, da parte dei membri del team di sviluppo, su cosa abbia funzionato e cosa no durante il lungo processo che porta alla nascita di un videogioco.

Quella di Atom Zombie Smasher è la classica storia, sempre più comune, sentita, chiacchierata nel mondo dei videogiochi, di un ragazzo al lavoro presso un grande publisher che decide di non volersi più sentire ingranaggio della macchina e punta a lavorare su giochi piccoli, personali, all'interno di un team ristretto o addirittura, come in questo caso, in totale solitudine. Brendon Chung ha avviato la sua carriera programmando piccoli giochini per passione e sperimentazione, ma si è poi trovato alle prese con progetti "tripla A" all'interno di un grande publisher, affrontando i terrificanti periodi di "crunch" e passando magari il suo tempo a lavorare su piccole componenti di grandi giochi. Insomma, lavori poco stimolanti, totalmente su commissione, privi di visione d'insieme. Come tanti suoi colleghi, nel tempo libero lavorava su piccoli progetti personali, vivendo il paradosso di avere un hobby, un metodo per "rilassarsi", che di fondo era solo un'altra versione "privata" del suo lavoro. Quando ci si trova in una situazione del genere, decidere di mollare la certezza dell'impiego fisso per provare a inseguire la propria soddisfazione personale è un rischio ed è una mossa non banale, ma è chiaramente anche piuttosto allettante. Chung, convinto anche dal piacere dell'esperienza di essersi preso un mese di ferie per imparare a lavorare sul sistema XNA, ha a un certo punto deciso di farlo. E il senno di poi gli ha dato ragione.

Tranquilli, nessun problema di privacy: la mail di Chung si trova sul sito ufficiale di Blendo Games.

Tranquilli, nessun problema di privacy: la mail di Chung si trova sul sito ufficiale di Blendo Games.

La filosofia alla base di Atom Zombie Smasher prende (non) vita sul concetto di semplicità e immediatezza. Il criterio base era di creare un gioco basato su soli cinque input, quindi lo stick analogico e quattro pulsanti. Il concept, invece, è figlio dell'idea che ritrovarsi a gestire dal punto di vista "manageriale" l'esplosione di un'epidemia zombi possa essere affascinante e stimolante, anche se in realtà il tema di fondo non è necessariamente quello degli zombi in sé, quanto piuttosto delle malattie infettive in generale (Chung, non a caso, in fase di documentazione si è letto testi su virus ebola e altre piacevoli schifezze). Poi è chiaro che ripiegare sugli zombi ha significato usare un tema di grande presa sul pubblico e comunque apprezzato da Chung in mille libri, film e, certamente, videogiochi.

Lo sviluppo del gioco, nei primi tempi, procedeva apparentemente a gonfie vele: dopo appena un mese era già pronto un prototipo, sicuramente rozzo e pieno di problemi, ma che veniva molto apprezzato dalle persone sottoposte a playtesting. Il problema, però, è che il prototipo, per stessa ammissione di Brendon Chung, era programmato da cani: tutto racchiuso in un unico file, cosa che rendeva aggiungere feature o rimuovere bug un'impresa ai limiti dell'impossibile. Per questo motivo Chung decise di buttare via tutto, nonostante il gioco fosse quasi completo, e ripartire con un nuovo progetto, sotto l'egida del neo aperto studio Blendo Games. Si prese quattro mesi per creare da zero un engine ben fatto e strutturato e diede poi vita, nel giro di sei mesi, a Flotilla. Un lavoro reso decisamente più snello e pulito dal tempo speso in partenza per costruire un motore flessibile e adattabile a diverse esigenze.

Morte anticipata per i non morti.

Morte anticipata per i non morti.

In questo periodo arriva anche la scelta di abbandonare la piattaforma XNA: garantiva vantaggi e aspetti positivi, certo, ma sul canale Indie di Xbox Live era difficile tirar su più di qualche migliaio di dollari l'anno (7.000 nel 2010 e 4.000 nel 2011, per la precisione) e, in buona sostanza, a Chung non conveniva lavorare in ambito console. E sempre in questo periodo, riparte lo sviluppo del gioco che sarebbe poi diventato Atom Zombie Smasher e arriva l'idea, ispirata a alla serie di UFO/XCOM, di creare un gioco che racconti anche una storia, generata da un sistema strutturato su una serie di scelte e conseguenze. Su queste basi, Brendon Chung crea un sistema di gioco estremamente articolato, che collega fra loro tutte le varie missioni e costringe a gestire su una mappa in stile overworld una gran quantità di dati, stando dietro a superstiti, zombi, risorse e via dicendo. Era fondamentalmente il secondo prototipo del suo gioco e si basava su una struttura molto ricca, con tante cose da fare. A Chung sembrava uno spettacolo, ma lui, chiaramente, era un pessimo giudice: abituato a lavorare completamente da solo, conosceva da cima a fondo il suo gioco, sapeva come funzionava tutto e il suo parere, semplicemente, non era affidabile.

Spazio quindi al playtesting, al far giocare gli amici con la sua creatura... ed ecco il colpo al cuore: la fase di evacuazione è perfetta, funziona benissimo, ma l'overworld è solo una gran rottura di scatole, con troppe regole, troppe componenti, troppi aspetti da seguire. Chung fa anche un tentativo di ridurre all'essenziale le componenti di gameplay, spogliandole di ogni orpello, per analizzarle e capire cosa non funzionava: costruisce un boardgame basato sulle regole del suo overworld e si rende conto che sta dando vita esattamente al genere di boardgame che odia. Pieno a dismisura di pezzi, di regole ultracomplesse e superflue... insopportabile. E allora arriva il triste momento dell'aborto: la sezione strategica era una componente forte del suo gioco, a cui aveva lavorato tantissimo, a cui era mortalmente affezionato e in cui credeva... ma non funzionava, andava "uccisa". Via tutto, conservando solo un paio di meccaniche. E all'improvviso, una volta compiuto il grande passo, sorpresa: il gioco funziona.

Una volta pubblicato Atom Zombie Smasher, Brendon Chung ci teneva a sfruttare le opportunità del formato PC/Mac per mantenere un canale aperto e diretto con i suoi giocatori. Per questo motivo ha dato la possibilità di segnalare bug e problemi tramite un modulo per il feedback incluso nel gioco. Non si aspettava, però, la marea impressionante di input che sono poi arrivati: i giocatori comunicavano incessantemente bug, modi per "fregare" il sistema e anche suggerimenti per possibili migliorie, nuove opzioni, modalità. Un flusso costante, con dieci e più messaggi al giorno ricchi di segnalazioni, grazie al quale, nel solo giro del 2011, Chung ha effettuato qualcosa come 36 aggiornamenti del gioco. Un gioco che, per inciso, si è rivelato essere un gran bel successo, con (all'epoca dell'intervento alla GDC 2012, quindi si parla di marzo) circa centomila copie vendute, delle quali, ehm, 96.000 su Steam. Il resto lo vedete nel grafico qua sotto.

BMT Micro è il sistema che Chung ha utilizzato per la vendita diretta del gioco dal suo sito.

BMT Micro è il sistema che Chung ha utilizzato per la vendita diretta del gioco dal suo sito.

Insomma, Steam aiuta, Steam è utile, Steam ti cambia la vita. E, nell'esperienza di Brendon Chung, per arrivare sul negozio online di Valve è molto, molto, molto utile far parlare del gioco, godere di buona stampa, essere aiutati da noi giornalisti. In tutto questo, comunque, le buone vendite di Atom Zombie Smasher hanno convinto Brendon Chung che il prezzo non è necessariamente un fattore in grado di influenzare le vendite in maniera aprioristica. Tutti gli dicevano che se il suo gioco fosse costato meno di 15 dollari avrebbe venduto molto di più, e magari è anche vero, ma è vero pure che Flotilla costava 10 dollari e ha venduto poco più della metà. Quindi, alla fine, il fatto è che bisogna trovare il prezzo giusto per il gioco.

A chiusura del post mortem, Brendon Chung ha voluto lanciare un messaggio alla nazione degli sviluppatori, insistendo su un argomento a lui molto caro. Essere sviluppatori indie significa poter essere autori del proprio gioco. Al mondo escono miliardi di videogiochi, ma c'è un solo "te", non ci sono altre persone identiche, che hanno le tue stesse esperienze. E se nel tuo gioco riesci a inserire qualcosa di personale, qualcosa di te stesso, lo rendi realmente una tua creatura, figlia della tua personalità, unica al mondo. Non è facile, può anzi essere addirittura spaventoso scoprire in quel modo una fetta di noi stessi, ma ne vale la pena. Flotilla parlava della malattia terminale di nonna Chung. Gravity Bone parlava di una donna. Atom Zombie Smasher della frustrazione che Chung provava nei confronti di burocrazia e politica. Se metti nel gioco te stesso, stai facendo qualcosa che significa molto di più per te e che riesce davvero a toccare e coinvolgere le persone.

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