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Ano Hana e i fantasmi dell'adolescenza

Ano Hana e i fantasmi dell'adolescenza

Il folclore e la narrativa dedicati ai fantasmi non sono composti soltanto da poltergeist, bestiacce dispettose o creature (ri)animate da intenti assassini, ma spesso - forse addirittura più spesso - da spiriti dall’indole nostalgica che non riescono a trovare la pace in via di maledizioni, o di qualche faccenda lasciata inevasa da vivi. Di esempi ne potrei fare a bizzeffe, da Il fantasma di Canterville di Oscar Wilde fino alla saga di Harry Potter, passando per Ghost.

In questa tipologia di racconti, spesso vicini al genere romantico, l’ectoplasma di turno si fa carico di una valenza simbolica e i suoi blocchi finiscono quasi sempre per riflettere quelli di vivi che non riescono a fare i conti col presente, o ad abbracciare il futuro.

E ci sta. Più o meno a partire dall’epoca dei lumi, o comunque da quando la scienza ha preso a scagionare l’uomo da alcune delle sue paure più ancestrali (sostituendole con altre più articolate, e soprattutto fondate), i fantasmi sono andati incontro a un processo di raffinazione, superando in parte la dimensione infera e brutale degli esordi, fino a diventare l’incarnazione stessa - si fa per dire - della nostalgia e dell’incapacità di gestire i ricordi e il rapporto col tempo.

In questa circostanza rientra senz’altro Ano Hana, anime diretto da Tatsuyuki Nagai su scrittura di Mari Okada, prodotto da A-1 Pictures e composto da undici puntate originariamente trasmesse da Fuji TV, tra l’aprile e il giugno del 2011.

La serie gira attorno a Jinta "Jintan" Yadomi, che da ragazzino carismatico, allegro e pieno di energie, col passare del tempo, e in via di circostanze parecchio traumatiche, è cresciuto in un adolescente afflitto da depressione e attacchi d’ansia, che gli impediscono persino di andare a scuola.

Questa vita da hikikomori inizia a prendere una piega strana con la comparsa dello spirito di Meiko "Menma" Honma, amica d’infanzia di Jinta e del suo gruppetto di coetanei, e scomparsa prematuramente alcuni anni prima. La ragazza spettro incarna a tutti gli effetti sia l’infanzia perduta, che il desiderio di accedere a uno stadio successivo, e sarà proprio attraverso di lei che il giovane, pezzo dopo pezzo, ricomincerà a ingranare e, soprattutto, a ricostruire i contatti con gli amici delle elementari. Amici che, pure loro, per quanto rimasti in un ambito più funzionale, non sono mai riusciti veramente a fare i conti con la perdita di Menma.

Menma è visibile soltanto da Jintan.

Come ho detto, il racconto parte dalle tribolazioni di Jintan, ma progressivamente si apre a una dimensione più corale e prende a far luce sul passato dei ragazzi, attraverso dei flashback infilati con grazia ed equilibrio nella narrazione principale. Il medesimo equilibrio che, di volta in volta, accompagna l’analisi di ciascun personaggio, al fine di raccontare le problematiche che lo agitano, spesso innescate dallo spostamento dei modelli di riferimento tra l’infanzia e l’età adulta.

In un percorso di crescita e affrancamento dal dolore, Ano Hana affronta con empatia le tappe tipiche dei “coming of age”, risolvendole nel contesto della società giapponese, tra l’incapacità di comunicare, il senso di colpa nei confronti delle occasioni perdute, la competizione, la nostalgia.

In quest’ottica, anche in via di alcune soluzioni linguistiche, l’anime di Tatsuyuki Nagai ricorda moltissimo La forma delle voce, ma la presenza di uno spirito aggiunge un livello di lettura extra che introduce lo spettatore a uno spazio mistico o, se preferite, magico.

Riconciliarsi con gli amici davanti a un Game Boy Advance (sort of) è cosa buona e giusta.

Non è un caso che Ano Hana sia ambientato a Chichibu, cittadina di montagna situata a nord ovest di Tokyo, e meta di pellegrinaggio intrecciata con la tradizione buddista in via del complesso di trentaquattro templi consacrati al Bodhisattva Kannon. Questa dimensione spirituale trova il suo vettore ideale nel personaggio, all’apparenza defilato, di Tetsudō "Poppo" Hisakawa, che a differenza degli altri amici, ha mollato la scuola senza finire il liceo, preferendo andarsene in giro per il mondo a caccia di esperienze.

Poppo, nonostante il suo carattere gioviale, finisce per incarnare in qualche modo la figura del mistico terapeuta che fa da tramite fra i compagni e il mondo magico innescato da Menma. Oltre a vestire una serie di camicie hawaiane dalle trame simboliche e a portare una catena da tasca che ricorda moltissimo (lo è?) un rosario buddista, è lui che presidia il covo del gruppo, che nel suo intreccio di tende e tappeti recuperati chissà dove, finisce per rassomigliare a un tempio.

Sempre Poppo, col proseguire della storia, coinvolge Jintan in un lavoro part-time manuale per distrarlo dalle sue paturnie (la stessa “cura” che sollevava l’hikikomori protagonista di Welcome to the N.H.K.), arrivando a intuire, infine, che l’unico modo per sciogliere lo spirito di Menma e, conseguentemente, i freni psicologici che inibiscono il gruppo, è racchiuso nel nirvana di un particolare desiderio.

Poppo, nella sua apparente semplicità, è forse il personaggio più imperscrutabile.

Ano Hana porta in scena un racconto intimo e delicato, e lo fa attraverso una regia sobria e espressiva, un character design morbido ma non lezioso e delle ambientazioni estremamente accurate, sia a livello visivo che sonoro. Di quelle che ti fanno venir voglia di saltare sul primo aereo per trasferirti nella campagna giapponese.

Direi che se avete apprezzato roba come Mirai o La forma della voce, con questo anime andate abbastanza sul sicuro. A me era piaciuto un botto già la prima volta che l’ho visto, un paio di anni fa, e l’ho trovato persino più godibile in questo rewatch di inizio autunno, con ancora un po’ di Giappone negli occhi. Tra l’altro, al momento lo potete trovare comodamente su Netflix, almeno fino al prossimo 31 ottobre, oltre che su VVVVID.

Ah, segnalo che l’universo narrativo di Ano Hana si estende anche attraverso un dorama live-action (lo trovate su Crunchyroll), un manga, una visual novel e un paio di romanzi, mentre nel 2013 è uscito un film animato che ripesca le vite dei personaggi a un anno dalla fine della serie. Personalmente, e senza alcuna ragione in particolare, non ho guardato o letto nessuna di queste opere. Magari sono fighe e magari mo’ le recupero, vai a sapere.

Questo articolo fa parte della Cover Story dedicata a Luigi e ai fantasmi, che potete trovare riassunta a questo indirizzo.

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