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Post Mortem #21: Dietro le quinte di Zelda: Breath of the Wild

Post Mortem #21: Dietro le quinte di Zelda: Breath of the Wild

Una rubrica in cui vi raccontiamo i post mortem dei principali videogiochi, vale a dire le considerazioni a posteriori, da parte dei membri del team di sviluppo, su cosa abbia funzionato e cosa no durante il lungo processo che porta alla nascita di un videogioco.

La Nintendo difference esiste. Nintendo cerca la risposta a domande che il 90% dei creatori di videogiochi non sa nemmeno di doversi porre. La cerca a modo suo, andando per la sua strada, come se il resto della industry non esistesse. A volte sembra che sia indietro di dieci anni, ma altre dimostra di possedere una classe e un'eleganza di una categoria superiore. Dopo lo speech tenuto dalla "triforza" formata da Hidemaru Fujibayashi, Satoru Takizawa e Takuhiro Dohta, interamente dedicato all'imminente The Legend of Zelda: Breath of the Wild, sono sempre più convinto che la grande N sia lo Studio Ghibli dei videogiochi.

Un curriculum scadente. Le faremo sapere.

Ad aprire le danze è stato Hidemaru Fujibayashi, presentato come portatore della "triforce of the courage to say", la triforza del coraggio di parlare. Il direttore del progetto, colui che deve sognare, pensare e mettere in parole le sue idee, "anche se sembrano una follia". Fujibayashi san ha spiegato come ha reinventato la formula di Zelda per Breath of the Wild, riscoprendone l'essenza e al tempo stesso rompendone le convenzioni, senza mai usare le parole "open world". Nei vecchi Zelda, i designer potevano concedersi il lusso di progettare con cura maniacale ogni singolo elemento del mondo di gioco, sia perché era relativamente piccolo, sia perché era possibile sapere quali oggetti e abilità avrebbe avuto il giocatore in un determinato momento dell'avventura. In BotW, spariscono gli elementi che rendevano possibile questo approccio: le barriere impossibili da superare e l'ordine predeterminato degli eventi. Per mantenere lo spirito e l'essenza di Zelda, dunque, era necessario trovare un modo per "produrre su scala" enigmi e situazioni di gioco con lo stesso livello di qualità.

Nintendo, quindi, ha lavorato maniacalmente sulle interazioni tra gli elementi del mondo di gioco e le azioni del giocatore, creando un sistema credibile e al tempo stesso aperto alle licenze poetiche e di game design. Per dare un'idea di come ha affrontato un problema così complesso, Fujibayashi san ha mostrato il primo prototipo di BotW: un mondo 2D (ma realizzato con un motore 3D), in tutto e per tutto simile a quello del primo Zelda su NES. Come sempre, Nintendo dimostra che il divertimento e l'immediatezza vengono prima della grafica, anche in fase di sviluppo.

La parola è poi passata a Takushiro Dohta, portatore della "triforce of the wisdom to make", ossia della saggezza del fare. A lui e al suo team è toccato trasformare in realtà la visione di Fujibayashi, superando una miriade di sfide tecniche e concettuali. Il suo approccio è stato letteralmente scientifico. Ha deciso che serviva una fisica credibile, ma al tempo stesso controllabile liberamente dai designer. E a volte, per ottenere un risultato divertente e realistico, è necessario barare.

Zelda e l'arte dell'inganno.

Il secondo passo è stato creare un sistema per quella che ha definito la chimica del gameplay. Con chimica intende l'insieme di regole che stabiliscono le interazioni tra i vari elementi del gioco, come il fuoco, l'erba, l'elettricità o l'acqua. Se tutte le combinazioni funzionano a dovere, ogni elemento moltiplica il gameplay, lasciando spazio alla creatività del giocatore e alla possibilità di trovare decine di soluzioni alternative alle stesse situazioni.

Fondamenti di chimica ludica, modulo A.

Per finire ha preso la parola Satoru Takizawa, portatore della triforza del "power to show", quella che dà forma alla sostanza. Che stile grafico adottare, per uno Zelda rivoluzionario come BotW? Takizawa san, veterano della serie di Zelda (e di altre sciocchezzuole come Mario 64), ci ha mostrato una carrellata di idee più o meno strampalate, ha proposto una riflessione sul rapporto tra realismo e immaginazione nell'era dell'alta definizione. Il punto di partenza ideale è Wind Waker: uno stile fresco a distanza di più di dieci anni, con il quale "è facile raccontare bugie". È abbastanza vicino alla realtà da risultare comprensibile e intuitivo, ma anche abbastanza fantasioso e leggero da vendere come naturali dei fenomeni fuori dal comune. Per descrivere il passaggio da Wind Waker a Breath of the Wild, Nintendo si è dimostrata superiore anche sul fronte delle slide. Una diapositiva di un'invitante birra, "fresca" come Wind Waker, ma con tutto il gusto e lo spessore di uno Zelda più maturo.

Fa la schiuma ma non è sapone. "LO ZELDA, ANTONELLA, LO ZELDA!"

Potrei scrivere altre mille pagine su questo speech, ma in realtà mi auguro che dopo la GDC venga messo su YouTube, affinché tutti possano goderne. Mi ha permesso di sbirciare dietro le quinte della grandezza di Nintendo, dimostrandomi quello che ho sempre sospettato. La vera magia non sono i soliti grandi nomi, come Aonuma e Miyamoto, ma i tantissimi straordinari talenti che agiscono lontano dai riflettori da anni. La Nintendo difference la fanno loro.

Solo amore.

A volte innova, indicando la via al resto del mondo, altre volte se la prende comoda, ignorando qualsiasi moda per fare le cose a modo suo.

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