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Tutto o niente

Ogni anno stilo una lista dei quindici giochi che ho amato di più. È un lavoro faticoso perché, ogni anno, ce ne sono molti di più che ho apprezzato in un modo o nell’altro. Eppure passo sempre per uno a cui non piace nulla. E sapete perché? Perché, banalmente, i videogiochi non mi piacciono sempre e solo da capo a piedi. Può succedere, è meraviglioso quando accade, ma è più facile che io ne abbia apprezzato alcuni aspetti, sopportatone altri e persino odiatone qualcuno.

Ma i videogiocatori, mediamente per carità, non hanno le marce di mezzo. Quando amano qualcosa, la amano che mai niente è sbagliato; quando odiano qualcosa, invece, sei un coglione se ti piace. Eppure i videogiochi di oggi non chiedono di incasellare tetramini o sparare a delle bolle colorate. Il videogioco moderno è un gigante collage di meccaniche diverse, narrazioni complesse e ambientazioni varie. The Last of Us 2 ha una storia, un gameplay, delle scene con dialoghi, un sistema di crafting, scene violente, un ambiente vario, un’interfaccia e un milione di altre peculiari caratteristiche che non ha senso elencare. Possibile che non c’è mai niente che vi faccia storcere il naso? Dire che un gioco ti è piaciuto tantissimo, e prendo proprio il mio rapporto con l’ultimo gioco di Naughty Dog, ma essere anche delusi da alcune scelte di sceneggiatura è davvero impossibile da comprendere e concepire? Nulla toglie alla sua qualità, al mio straordinario rapporto col gioco, ma vedere la perfezione ovunque non rende tutto perfettamente inutile?

Ho visto difendere i menù di Death Stranding, i checkpoint di Dark Souls, la rumenta in Mario Odyssey, gli E.M.M.I. in Metroid Dread, Bowser in Bowser’s Fury e le vite in Mario Galaxy perché erano lì, in un gioco bellissimo, e quindi perfette a prescindere, e quindi non criticabili. Altrimenti i peni sono meno eretti, non lo so, nessuno vuole ammettere di poter amare qualcosa che non è una top model. Ma amano le loro compagne e i loro compagni e i loro “quello che è educato e corretto inserire in questa terza opzione”. That’s Life.

Magari la colpa è di come ci hanno abituato le riviste prima e i siti poi, voti spesso molto alti anche per evitare qualche inutile polemica. Qualche giocatore è cresciuto pensando che si potesse essere un nove nella vita (9,8 per i siti online) o un 5 (7,8 online), con poche sfumature in mezzo: capolavoro, merda infame e vorrebbe ma non ce la fa. Siamo anime complesse, diverse tra noi, e un gameplay orribile ci può emozionare, la banalità ci può far stare al calduccio, basta una singola scintilla per avviare una detonazione e le singole parti non fanno quasi mai una somma esatta nei videogiochi. Ed è per questo che li amiamo.