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Racconti dall'ospizio #211: Super Puzzle Fighter 2 Turbo - The Shrine of Puzzle Fighting

Racconti dall’ospizio è una rubrica in cui raccontiamo i giochi del passato con lo sguardo del presente. Lo sguardo di noi vecchietti.

Tendo a ricordarmi il primo incontro con i titoli che hanno rappresentato un qualcosa di grande per me o per quella che considero la Storia dei videogiochi. Il primo Game & Watch visto a casa di un amico in un pomeriggio di primavera: era Fire e fuori c’era una luce fortissima che illuminava un parquet chiaro e che rompeva il cazzo alla leggibilità dello schermo a cristalli liquidi. I primi Mario e Zelda giocati da Devor sul suo NES americano, nella stanzetta a casa della nonna, mentre il barboncino Flamèn copulava disperatissimo con il mobilio tutto. L’arrivo di Street Fighter II nella sala giochi “Il Punto” a Corso Trieste e il capannello di ragazzi più grandi che ci giocavano (passarono giorni interi, prima di trovare il coraggio di mettermi in fila). Il grido “Dayyyyy-to-naaaaaaaa” che arriva a bomba dal filare di lussuosi cabinati Sega dell’Extra Ball e il cervello che arranca a processare quel che vede girare a schermo. R-Type, Green Beret, Kung-Fu Master tra i tanti cabinati del Lido San Giovanni a Gallipoli e la sensazione di fastidio della sabbia umidiccia sotto i piedi portata dalla spiaggia che gratta sulle mattonelle della sala (a ripensarci oggi, che sapienza nello scegliere i cabinati, chissà chi era... ).

Potrei tracciare buona parte della mia vita da videogiocatore così, rimembrando il punto di origine esatto del primo contatto con questo o quell’altro titolo, ma non riesco a farlo per Super Puzzle Fighter II Turbo. Ovviamente, di ricordi incisi a fuoco nel cervello legati al mio puzzle game competitivo preferito ne ho un fottio e in parte ve li svalangherò addosso a breve, ma l’origine mi elude. Ne lessi su una rivista? Lo vidi in sala giochi? Ci giocai per la prima volta a casa del Maderna durante un raduno a Milano? Da Ualone ad Aversa? Fu Gianni o il fu Lorenzo? Boh, sono giorni che mi ci arrovello ma nulla. “D’altronde, senza un po’ di arteriosclerosi e rincoglionimento con date a cazzo di cane che Racconto dall’Ospizio sarebbe?” mi conforto di scrivere, ma in realtà ‘sto vuoto di memoria mi fa roteare le gemme che manco Donovan. Bòn, passiamo oltre.

Quel che so per certo è che doveva aver attirato la mia attenzione e quindi lo comprai… per PC. Ebbene sì, la mia prima copia personale di Super Puzzle Fighter II Turbo è stata per PC, col suo bel CD-ROM e la sua scatolotta di cartone maxi ingombro. Non so perché non lo presi subito per PlayStation, anche se è stata quella la versione a cui ho finito per giocare di più, sta di fatto che la prima parte della mia vita da puzzlefighter la passai nella tana delle tigri del gelido Personal Computer, impugnando un pad demmerda come solo i pad per PC della metà degli anni Novanta riuscivano ad essere. L’allenamento con la CPU al massimo livello fu talmente severo che mi sentii poi (ingiustamente) giustificato dal recuperare anche la versione per PlayStation masterizzozzona. Il punto è che gli altri amici con cui mi sfidavo a Super Puzzle Fighter II Turbo ci giocavano sulla Play (o forse anche Saturn?) e, quindi, prendere confidenza con i controlli su quel pad era essenziale per mantenere l’edge competitivo e anche per non farmi cascare le nocche. A dirla tutta, non credo di essere mai stato un giocatore competitivo; chiaro che ne ho lanciati di gusci a bordo di Kart, Cannon Spike con la berretta di Cammy e colpi di Railgun contro Zero, ma difficilmente mi sono “allenato” seriamente per competere e migliorare oltre un tot. Con Super Puzzle Fighter II Turbo, invece, mi prese un po’ la voglia di diventare “forte”, o quantomeno “più forte”. La cosa ottima ed essenziale, in questi ambiti, è avere un giro di persone vogliose di giocare e migliorare assieme e buciodecu… ehm, fortuna volle che la stessa fotta sembrava animare Ualone, Maderna e altri debosciati che partecipavano ai raduni di it.fan.studio-vit a casa Maderna.

Ogni personaggio ha un proprio pattern con cui manda le gemme temporizzate all’avversario. Questo aiuta a distinguerli e rendere centri scontri più interessanti di altri.

Come per ogni buon gioco competitivo, sono gli strati di gameplay da raggiungere e scavare che lo rendono gustoso da percorrere nei mesi e, per quanto mi riguarda, a conquistarmi è stato il suo ritmo, la sua natura fatta di rimonte incredibili e tensione continua e crescente. Ora costruisco un mega gemmone della morte da detonare al momento giusto o piuttosto una lunga catena strutturata per cadere come una letale combo? Meglio tenere in ordine la parte centrale dello schermo o lavorare anche sui bordi? Ora è meglio costruire o fare pulizia? Quanto mi voglio basare sul pattern del mio avversario per rispedire tutto al mittente quando mi manda le gemme col timer e quanto mi voglio focalizzare sul mio (in realtà, questa è un po’ una cazzata, bisogna sempre considerare il pattern dell’avversario)? Quando è il caso di accelerare? Quanto mi conviene aspettare prima di scatenare l’inferno? Mando tante piccole monnezzate per smontare i piani architettonici dell’avversario con irritante costanza per farlo incazzare e perdere lucidità o piuttosto lo tumulo con una singola secchiata infernale? Basterà a mandarlo K.O., questa chain, o rischio di dargli in mano tutto ciò che gli serve per sommergermi a breve?

A un primo sguardo, la situazione sembrerebbe disperata ma la verità è che il suo avversario non è riuscito ancora a batterlo e adesso si ritrova completamente a corto di munizioni. Il ribaltone potrebbe essere dietro l’angolo.

Il bello di Super Puzzle Fighter II Turbo è proprio dettato dal suo game design sopraffino, che fa sì che il pattume mandato dal nemico non sia mai veramente pattume, ma preziose munizioni da sfruttare con subdola sagacia. Il tempismo è essenziale e un diamante al momento giusto o una bolla che fa finalmente detonare una chain dormiente di gemme possono ribaltare quella che fino a un secondo prima sembrava una situazione disperata. Da questo punto di vista, secondo me, è proprio insuperato e lo rende il puzzle game competitivo più interessante anche per il pubblico non giocante. Lo stile che ogni giocatore può esibire in partita, sia in base al personaggio scelto sia per quanto riguarda il proprio approccio al gioco, me lo ha sempre reso troppo interessante come strumento per conoscere le persone con cui gioco.

Morrigan contro Donovan, quella che io e Ualone chiamavamo “La Classica”: lui con la succube e io col monaco roncolato. Poi c’era “Il Giro”, ovvero otto partite in cui selezionavamo entrambi lo stesso personaggio, fino a esaurire il roster.

Per farvi capire quanto ho amato e amo tuttora Super Puzzle Fighter II Turbo, vi voglio lasciare con una serie di ricordi personali:

  • Ualone viene a passare un weekend a Roma da me e Sebastiano come accadeva spesso sul finire degli anni Novanta (glom!), per qualche assurda ragione non riusciamo sintonizzare bene il canale della PlayStation e quindi il gioco lo vediamo in bianco e nero. Di conseguenza, le gemme gialle, verdi, rosse e blu sono semplicemente gemme con sfumature di grigio e, cosa ancora peggiore, sfumature di grigio difficili da distinguere e abbinare alle rispettivi sfere detonanti. Tensione a mille, errori di valutazione a profusione che rendono impossibile giocare “seriamente”, ma assolutamente non impossibile giocarci comunque per ore di seguito.

  • La migliore partita della mia vita, me la gioco in una semifinale (o era un quarto di finale?) con giopep durante un Tabellone di un Raduno con una serie di ribaltamenti di campo al cardiopalma, con tanto di recupero impensabile a schermo ormai del tutto saturo. Pubblico di amici che si esalta per la performance di entrambi, fiatone, risate e felicità. Non ricordo neanche se poi vinsi la finale, ma quella partita fu bellissima (mi sa che la finale fu quella in cui perdesti subendo una rimonta da 2 a 0 in cui il pubblico ti dava già ampiamente per vincente e il tuo avversario si esibì in una serie di esultanze senza vergogna. Sai di cosa sto parlando. Lo sai. ndgiopep).

  • Stefano Silvestri che all’uscita della versione HD Remix per Xbox 360 annuncia che ai tempi di Consolemania/TGM sotto Xenia era il più forte di tutti. “Dai allora facciamo qualche partitella che piaciucchia anche a me e Ualone”. Non ci ha più voluto giocare, con noi.

  • Io e Ualone che, quando non giocavamo insieme, parlavamo di Super Puzzle Fighter II Turbo con una costanza micidiale. Una costanza e un amore incondizionato tali che da una parte ci ha portato a considerarci come pari a livello agonistico e dall’altra a fantasticare di mettere su un sito internet dedicato unicamente al gioco, da chiamare “The Shrine of Puzzle Fighting”. Ovviamente, l’atavica pigrizia di entrambi ha fatto sì che si sia continuato a parlare del sito e di cosa metterci dentro, senza mai scrivere una riga di testo o di html che sia una. Per anni. Tipo che il titolo di questo articolo è la prima volta che appare in forma scritta e pubblica.

  • A vent’anni di distanza, continuo a sognare ancora di trovare nuove leve con cui giocare e divertirmi anche se sono consapevole che i riflessi e la velocità di esecuzione non sono più quelli di un tempo.

  • Sono almeno tre anni che, con Fabio Bortolotti, parliamo di fare una serata di streaming con Ualone dedicata tutta a Super Puzzle Fighter II Turbo e non ho ancora capito come mai non l’abbiamo fatta.

  • Tra tutti i giochi che potevano mettere dentro PlayStation Classic questo è il primo che desideravo ma al contempo uno degli ultimi che mi sarei aspettato di trovarci dentro e forse l’unico che me la farà accendere.

Questo articolo fa parte della Cover Story dedicata a PlayStation Classic e alla prima PlayStation, che potete trovare riassunta a questo indirizzo.