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Racconti dall'ospizio #169: Spyro si legge "Spiro" o "Spairo"?

Racconti dall’ospizio è una rubrica in cui raccontiamo i giochi del passato con lo sguardo del presente. Lo sguardo di noi vecchietti.

È uguale. Facendo i dottori precisidimmerda, è “Spiro”, perché il greco è arrivato prima e “pyro” lo si pronuncia “piro”, inteso come fuoco. Certo, gli americani se ne fottono e dicono “pairo”. Quindi, sia il gioco, che il mutante Marvel (Pyro) chiamateli come volete. Se vogliamo metterla sul fronte internazionale, ci sta di accettare però “Spairo” come pronuncia, ché l’hanno inventato gli americani, quindi, al momento del battesimo, vale come la mamma di Spyro ha pronunciato il suo nome.

Io lo chiamo “Spiro”, anche perché nel doppiaggio italiano lo pronunciavano così. Lo abbiamo detto, che stiamo parlando di Spyro The Dragon? Classe 1998, nato dal genio folle di Insomniac Games. Inizialmente doveva avere toni molto cupi. Poi, Mark Cerny, che non si fa mai i cazzi suoi, ha consigliato un gioco per famiglie. “Dai, mica li fa solo Nintendo, i giochi pieni di colline verdi e roba da raccogliere”, deve aver detto, perché Insomniac lo ha preso alla lettera. Tonnellate di gemme da raccogliere, sparse in vari mondi raggiungibili con portali magici. La fiera del collectathon, amato o odiato, fate voi. Un platform semplice ma che mostrava i muscoli sulla prima PlayStation: “Guarda qui che mondo enorme in cui scorrazzare!”.

Spyro è l’ultimo drago rimasto, gli altri sono tutti finiti trasformati in statue, a lui il compito di liberarli. Il cattivo è il perfido Gnasty Gnorc (da noi ribattezzato Gnorco Gnorante in un sequel apocrifo, giusto per farvi del male mentre ne prendete atto), esiliato anni prima dai draghi stessi. C’è il fantasy ma ci sono anche le TV coi giornalisti, perché Insomniac adora metterci un po’ di società americana, nei suoi giochi.

Pochissimi poligoni, ma tutti messi al posto giusto per rendere Spyro espressivo

Il gioco completo lo ebbi fra le mani molti anni dopo, in epoca PlayStation 2, ma ricordo che il primo Spyro lo divorai inanzittutto sulla Demo One, o Demo 1, ma quella del 1998, allegata alla PlayStation versione DualShock. Un paio di livelli da esplorare, un sacco di pecore da bruciare col soffio del draghetto viola. Nella battaglia tra platform sulla prima console Sony, non riuscì a stregarmi come Crash Bandicoot, che era più irriverente e meno legato alla nomea di gioco per bambini, ma mentirei se dicessi che non sto aspettando l’arrivo della Spyro Reignited Trilogy, previsto a breve, che rispolvera con nuova grafica la trilogia originale.

Spyro non ha mai brillato come platform, le prendeva un po’ da tutti, da Mario da una parte e pure da Crash dall’altra, penso nessuno possa negarlo. Ma aveva uno stile unico, dei colori e un’atmosfera che sapevano imbambolarti e catturarti per qualche ora nel suo mondo fantasy. Poi c’era la musica di Stewart Copeland, batterista dei The Police, il gruppo con cui sono cresciuto perché mio padre non ascoltava altro. E l’anima dei The Police c’è, in Spyro, almeno un poco. E mio padre cantava anche, eh. Senza sapere l’inglese. Ma se non mi avesse comprato la PlayStation, non avrei mai giocato a Spyro the Dragon, quindi, a vent’anni di distanza, mi sdebito spiegandoglieli oggi, i testi dei The Police.