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Aprile 2010: Un paio di Sam, qualche addio, un gioco di culto | Old!

Old! è esattamente quella stessa rubrica che da vent'anni vedete apparire su tonnellate di riviste o siti di videogiochi. Quella in cui si dice "cosa accadeva, nel mondo dei videogiochi, [inserire a piacere] anni fa?" Esatto, come su Retro Gamer. La facciamo anche noi, grazie a Wikipedia, pescando in giro un po' a caso, perché siamo vecchi nostalgici, perché è comoda per coprire il sabato e perché sì. Ogni settimana, anni Settanta, Ottanta, Novanta e Zero, o come si chiamano. A volte saremo brevissimi, a volte saremo lunghissimi, ogni singola volta si tratterà di una cosa fatta senza impegno, per divertirci assieme a chi legge, e anzi ci piacerebbe se le maestrine in ascolto venissero a dirci "oh, avete dimenticato [inserire a piacere]".

Il 2 aprile 2010, Telltale Games pubblica una fra le prime app per il primissimo iPad, lanciato proprio in quei giorni. Si tratta dell’episodio d’apertura per Sam & Max: The Devil's Playhouse, terza stagione della serie di avventure punta e clicca iniziata quattro anni prima. Novità di questa stagione è la possibilità di controllare entrambi i personaggi, con enigmi che ovviamente si appoggiano sulla cosa, come nelle classiche avventure grafiche Lucas. Il gioco arriverà sulle altre piattaforme un paio di settimane dopo, con tra l’altro un potere aggiuntivo per Max nell’edizione PlayStation 3. La stagione si concluderà ad agosto dello stesso anno e sarà l’ultima della serie.

Il 13 aprile 2010, con tre anni di ritardo sulla prima uscita annunciata, arriva Tom Clancy's Splinter Cell: Conviction, quinto capitolo nella saga di Sam Fisher e primo sviluppato esclusivamente per la generazione di PlayStation 3 e Xbox 360. Il gioco introduce alcune novità di gameplay significative legate all’azione stealth e viene accolto favorevolmente, anche se arriva qualche critica per la brevità eccessiva dell’avventura. Per l’episodio successivo bisognerà attendere tre anni.

Due giorni dopo, Capcom si lancia in un impeto nostalgico e pubblica su PlayStation 3 e Xbox 360 Final Fight: Double Impact, una mini-raccolta che include le versioni arcade di Final Fight e Magic Sword. I due picchiaduro a scorrimento vengono accompagnati da una serie di opzioni aggiuntive, tra filtri grafici, multiplayer online e contenuti extra sbloccabili, ma la versione PlayStation 3 porta in dote anche un DRM particolarmente restrittivo, che impedisce la condivisione del gioco su differenti account PlayStation Network. Scatta inevitabile l’ora della polemica. Final Fight non smetterà mai di tornare in riedizioni e raccolte.

Lo stesso giorno segna anche il termine delle attività, dopo quasi dieci anni dal lancio, del servizio Xbox Live per la prima Xbox. A partire da quella data, smettono di essere disponibili anche il multiplayer online tramite retrocompatibilità su Xbox 360 e il download dei contenuti scaricabili per lo scatolone nero. Microsoft non è certamente stata la prima a spingere sull’online per console, figuriamoci, aziende come Sega l’hanno anticipata di tanti anni, ma la prima Xbox, con le sue funzionalità e la capacità di centrare il momento giusto, segna comunque un punto di svolta fondamentale in questo senso.

Una settimana dopo, si manifesta su PlayStation 3 e Xbox 360 un gioco di culto che risponde al nome di Nier. Si tratta di uno spin-off della serie Drakengaard che, a livello narrativo, prende il via dal quinto finale del primo episodio, perché ovvio, che fai, non vuoi creare uno spin-off dal quinto finale? Fortemente criticato per la realizzazione grafica, Nier viene apprezzato per la narrazione folle e il gran frullato di gameplay, che produce un mix intrigante nonostante nessuna delle singole sezioni sia paragonabile al top dei generi di riferimento. La fama del gioco crescerà esponenzialmente una decina d’anni dopo, grazie al successo di Nier: Automata, ovviamente ambientato migliaia di anni dopo il quarto finale di Nier.

Lo stesso giorno vede l’uscita di Dead to Rights: Retribution, tentativo impacciato di rilanciare Dead to Rights, che già abbastanza impacciato lo era di suo. Il marchio conserva la “tradizione” di includere giochi sviluppati da team occidentali nonostante a produrre ci sia Namco e anche i risultati non cambiano particolarmente. Accolto come un titolo poco più che mediocre, finirà velocemente nel dimenticatoio.

Infine, il 30 aprile 2020 segna l’arrivo di Super Street Fighter IV, ultima evoluzione del picchiaduro con cui Capcom ha rilanciato la sua serie storica. Come da tradizione per queste revisioni, si notano le aggiunte di svariate funzionalità, sistemi inediti, barre di energia, fuochi d’artificio, cazzi, mazzi & dieci nuovi lottatori. Fra questi, troviamo volti noti come Dee Jay, Cody, Adon e Ibuki, ma anche gli inediti Juri e Hakan. Forte dei suoi quasi due milioni di copie vendute, il gioco arriverà a fine anno in sala giochi, con titolo Super Street Fighter IV: Arcade Edition, e si manifesterà nel 2011 su Nintendo DS come Super Street Fighter IV: 3D Edition, piazzando per altro il suo bel milione di copie anche lì.