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Spider-Man, lo shonen prima degli shonen

Una notte ho sognato Andrea Maderna che mi ha detto di pensare a questa cosa che sto per scrivervi. Lui, per colpa di un’antica maledizione, non avrebbe potuto farlo; mi ha quindi passato la mano come se fosse l’anello di Lanterna Verde e lui fosse morente. Però, in realtà, sta bene ed ecco qui il fatto: Spider-Man, all’epoca della sua uscita, esplose catturando migliaia di giovani (ma diciamo pure milioni, che all’epoca i fumetti vendevano milioni di copie, prima che altri passatempi li abbiano annientati). E la verità è che Spider-Man era uno shonen.

Lo shonen è un genere di manga destinato a ragazzi adolescenti, spesso con molta azione e temi molto semplici, che con la giusta dose di pinze può anche essere letto dagli adulti. Dragon Ball, Naruto, One Piece, tutti shonen manga. Tutti campioni di vendite. Il genere più popolare al mondo che sia uscito dal Giappone, posso dirlo con sicurezza. Ed è esploso negli anni Ottanta, nonostante esistesse da prima. Vent’anni prima, invece, in America usciva il primo numero di Spider-Man. Dopo anni di eroi vecchi che facevano cose vecchie, ecco un ragazzo. Quindici anni, vita che si sta evolvendo, un’improvviso potere che gli delinea davanti una vita completamente diversa.

Tutti elementi tipici dello shonen. Certo, i giapponese sono generalmente più proattivi: “Voglio diventare il miglior combattente” e il protagonista si attiva. Gli americani, invece, appartengono al gruppo dei reattivi: succede un casino e si affrontano le conseguenze. Muore zio Ben e Peter capisce quello che deve fare. E poi cattivi su cattivi, sempre più temibili. E il protagonista deve di volta in volta migliorarsi per sconfiggerli. Qui i giapponesi sono plateali, tirano fuori i livelli di forza, le scale di poteri, le auree, sono insomma sistematici. In America, diciamo che preferiscono far prendere agli eroi mazzate sempre più grosse, anche a livello emotivo. Dottor Octopus tira cazzotti più forti di Goblin, ma questo ammazza la ragazza di Spider-Man: boom, chi vince, ora, come nemico più temibile?

Una delle scene più famose nella storia di Spider-Man, in Capitolo Finale. La rivalsa dell’eroe, l’epica, il leit motiv degli shonen. Lì si sarebbe trasformato in Super Sayan, tipo.

Non solo botte in costume, comunque, ma anche tanta soap opera. Amori, litigi, rapporti fra un ricco cast di personaggi. In questo caso sicuramente Spider-Man puntava molto di più sull’elemento soap, forte di un’ambientazione che si prestava parecchio, ovvero… il mondo reale. Cosa su cui gli shonen non sempre possono fare affidamento.

Ci sono almeno un paio di manga realizzati in Giappone su Spider-Man, ma mi sento consigliarvi di starne alla larga. La serie TV, invece…

Insomma, Spider-Man, quello delle origini, aveva parecchi punti in contatto con quel tipo di narrazione, che ha comprensibilmente stregato le generazioni a venire. Mentre tra la fine degli anni Ottanta e l’inizio dei Novanta, Peter Parker si sposava (e veniva clonato), perdendo sempre più giovani lettori, i manga iniziavano ad erodere il mercato dei supereroi. Accadeva in tutto il mondo, meno negli Stati Uniti, ma col nuovo millennio è caduta qualsiasi barricata e l’onda degli shonen si è fatta sentire anche lì.

Che un ragazzo ci trovasse insegnamenti o fosse solo interessato alle botte, in un giovane supereroe o in un protagonista di manga, li avrebbe trovati. La situazione poi si è evoluta, è esplosa la giappofilia e capita ormai che sia l’oriente in sè ad affascinare, piuttosto che il target dell’opera. Proponendo un giovane supereroe occidentale, verrà comunque rifiutato, preferendogli qualcosa di più “alieno”, appartenente alla cultura giapponese. Questo perché la cultura americana è talmente presente in qualsiasi medium occidentale da essere diventata così comune da risultare noiosa, a volte, per un particolare tipo di pubblico adolescienziale.

Marvel ha più volte tentato di replicare l’appeal di Spider-Man delle origini, ci è riuscita in parte negli ultimi vent’anni. Prima con la linea Ultimate, che ringiovaniva il personaggio, poi con la serie Miles Morales - Spider-Man, che continua letteralmente da quella Ultimate ma nell’universo classico, presentando le avventure del liceale di colore, Miles, appunto, dotato degli stessi poteri di Peter.

Ad essere paragonata a Peter Parker, troviamo nell’ultimo lustro Kamala Khan, di origine musulmana, che sviluppa poteri latenti (superforza, capacità di cambiare le dimensioni) in quanto Inumana e li usa sotto l’identità di Ms.Marvel. Giovane, piena di dubbi, alla ricerca del suo posto nella società, Ma anche di un ragazzo, banalmente. Di sicuro notiamo come la multiculturalità imperversi in casa Marvel, e per fortuna, ma nessuna nuova testata pare riuscire ad entrare così tanto nel cuore dei lettori. La verità è che le serie TV, le app e i programmi on demand hanno sostituito facilmente l’intrattenimento dei fumetti. Quando ha mezz’ora libera, è più facile attirare un adolesciente proponendogli video su YouTube che un fumetto da sfogliare. Perlomeno, senza alle spalle qualcuno che almeno ci prova, a mettergli quel fumetto in mano.

Discussioni coi genitori, religione, trovare il proprio posto nella società. I teenager di oggi possono ragionevolmente ritrovarsi in Kamala, qualsiasi siano la loro religione o ceto sociale.

Questo mezzo delirio spiega comunque perché, riguardo a moltissime delle trovate che usano nei manga, quando me ne parlano (ne leggo un numero molto limitato, spesso recuperando quelli brevi e generalmente non appartenenti al genere shonen), dico spesso che “Beh, Marvel lo ha già fatto negli anni Sessanta”. A pensarci, si dovrebbero rileggere, ogni tanto, le prime storie del Ragno. O leggere per la prima volta. Provateci, adolescenti là fuori.

Questo articolo fa parte dell'amichevole Cover Story di quartiere su Spider-Man, che potete trovare riassunta a questo indirizzo.