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Rain: non può piovere per sempre, ha smesso dopo tre ore, ne bastavano due

Circa un anno fa, ho aperto la mia recensione di Dishonored su IGN chiacchierando del fatto che "l'opinione pubblica del videogioco" ha la tendenza a decidere fin dal primo annuncio quali titoli le stiano simpatici e quali no, dividendoli come su un quadernone delle medie. Il risultato è che poi quei giochi escono e forse, chi lo sa, si finisce per giudicare troppo bene i bravi e troppo male i cattivi. Magari capita perché si desidera tantissimo che siano quel che non sono, magari perché ci si ferma a giudicare l'idea che ci siamo fatti prima ancora di metterci le mani sopra, magari semplicemente, perché, oh, gusti, pareri, opinioni. Certo è che raramente un gioco nel gruppo dei simpatici viene bollato come delusione. Ogni tanto, lo ammetto, mi faccio prendere dal dubbio e mi chiedo fino a che punto io possa essere vittima di questo processo. A volte, però, arriva il momento in cui mi sento confortato nella mia capacità di rendermi conto che mi trovo fra le mani un gioco che esce dalla gabbia dell'aspettativa e si rivela ben diverso. Fermo restando che poi si tratta sempre, ci mancherebbe, di gusti, pareri, opinioni. Quello di Rain, e ci mettiamo un purtroppo, è proprio uno di questi casi. La nuova, piccola, produzione di SCE Japan Studio è il prototipo del gioco che ci piace tanto: si basa su un concept un pochino diverso da quelli delle produzioni dominanti, si presenta con un bello stile affascinante, è una realizzazione dal budget ridotto e prova a proporre contenuti, emozioni e un racconto delicati, quasi bisbigliati. Insomma, è nettamente simpatico e vorremmo tutti che fosse un nuovo capolavoro imperdibile. Purtroppo non lo è e, onestamente, ci sono rimasto abbastanza male.

Rain parte nel miglior modo possibile, in una maniera che per certi versi può far venire in mente The Unfinished Swan: ha un tono fiabesco e ammaliante, ma con qualche venatura inquietante, e fa vestire i panni di un bambino che si lancia in un'avventura fantastica. Intrigato da una bambina invisibile, preoccupato perché la vede inseguita da un grosso mostro – che per l'intero gioco verrà chiamato Lo sconosciuto – decide di aiutarla, la segue attraverso un portone e... si ritrova pure lui invisibile. Su questo spunto si basa l'intero gioco: ogni creatura presente nel mondo di Rain è invisibile, ma la pioggia costante ne traccia i contorni, mostrandola all'occhio. Se ci si mette sotto una copertura, non si è più colpiti dall'acqua e si torna invisibili. Se ci si sporca di fango, non si è più nascosti, ma basta una pozzanghera per pulirsi... solo che la pozzanghera è rumorosa e attira l'attenzione. E il gioco sembra voler andare avanti così fino alla fine, aggiungendo costantemente nuove applicazioni delle sue idee... solo che a un certo punto smette di farlo.

L'idea di base è molto buona e spinge verso un gameplay ragionato, fatto di piccoli enigmi ambientali e piattaforme, legato al fatto che il protagonista non è in grado di combattere e, se viene colpito da una delle diverse creature invisibili, muore all'istante. Bisogna quindi ingegnarsi su come affrontare le situazioni per avanzare nel gioco e il risultato è anche che, nelle prime fasi, la tensione balza alle stelle, perché si cerca di muoversi in silenzio, evitando di essere scoperti, e si sconfina a tratti quasi in un'atmosfera da survival horror. Se a questo aggiungiamo la capacità di cambiare molto bene – e improvvisamente – registro, passando dal cupo al sognante in un amen, grazie all'utilizzo delle musiche, alla regia e ad alcune semplici trovate di sceneggiatura, l'impressione, per la prima oretta di gioco, è di trovarsi di fronte a un titolo magari rozzo in alcuni aspetti, ma potenzialmente memorabile. Poi, però, si va avanti. E il gioco non ci viene dietro.

Il problema principale di Rain è che sembra quasi un progetto a cui improvvisamente sono mancati i fondi e che il team ha voluto e dovuto portare a compimento, senza però avere il tempo o la possibilità di svilupparlo come si deve. Chiaramente si tratta solo di un'impressione e non posso sapere se sia andata così o se questo sia effettivamente il gioco che volevano realizzare, ma tant'è, a un certo punto il gameplay, e con esso la struttura e un po' tutto il resto, si ferma su se stesso, si spegne e diventa monotona ripetizione, oserei perfino dire noia. Il che è abbastanza criminale, da un lato perché significa che non è stata sfruttata appieno una serie di idee azzeccate, dall'altro perché, diciamocelo, se riesci a mostrare abbondantemente la corda verso metà di un gioco che dura tre ore, beh... Insomma, quando la gente si lamenta perché le piccole produzioni hanno una scarsa longevità, perlomeno puoi rispondere che per quelle due o tre ore non c'è mai un momento di stanca. Rain, invece, già nell'atto centrale sembra aver esaurito le idee e non va molto oltre il farti spostare in giro due casse.

E poi ci prova anche, a riprendersi nella sua parte conclusiva, cambiando un po' le carte in tavola e tentando di alzare il ritmo. Ma anche qui le cose non funzionano, fondamentalmente per due motivi. Il primo è che a quel punto ormai la magia si è persa e tutto è diventato routine: quelle fughe fra i portici che così emozionavano all'inizio sono ormai un tranquillo passeggiare, privo di alcuna tensione. Il secondo è che, per dirla proprio in maniera brutale, nell'ultima ora di gioco non succede nulla, ci si limita andare di qua e di là, correre, ogni tanto arrampicarsi e finita lì. È chiaro che l'idea era di spostare l'attenzione dal puzzle solving puro all'azione emozionante, ma il problema è che le cose non funzionano come dovrebbero.

Insomma, tutto da buttare? No, per carità. L'idea rimane valida, per quanto sottosfruttata. Il taglio audiovisivo offre gran bei momenti e fino alla fine riesce a tirare fuori qualche scorcio molto riuscito. L'atmosfera da malinconica fiabetta è azzeccata e, soprattutto all'inizio, complice anche un'ottima colonna sonora, fa il suo dovere, per quanto tenda a smorzarsi sulla distanza, forse anche per l'estrema prevedibilità del tutto. Il problema è che Rain non ha abbastanza idee (o non sviluppa abbastanza quelle che ha) per reggere la sua durata e si arriva al paradosso di un gioco che dura tre ore e sarebbe probabilmente stato migliore se fossero state solo due. Ma se vi piace lo stile, vi intriga lo spunto e in generale apprezzate questo genere di produzioni, può comunque valerne la pena. Certo, non aspettatevi il gioco che vi spazza via dall'inizio alla fine, perché rischiate di rimanere delusi. Ma insomma, mica devono esistere per forza solo i capolavori e le schifezze, c'è spazio anche per cosette carine, non riuscitissime, ma che perlomeno ci hanno provato.

Ho ricevuto da Sony un codice per il download e ho affrontato e completato l'avventura nel giro di circa tre ore, spalmate in due sessioni distinte. Ho poi ricominciato da capo, per dare un'occhiata ai contenuti extra che si aggiungono, ma mi sono reso conto in fretta che non valevano la pena di ripetere un'esperienza ludica che, al secondo giro, non ha davvero più nulla da dire.

Voto: 6,5