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Quello che non è Shin Megami Tensei V

Shin Megami Tensei V è l’ultima iterazione della serie JRPG Atlus, e questo lo sapete già, immagino. E probabilmente saprete pure che Persona, forse la proprietà intellettuale di Atlus più famosa, in realtà è nata come spinoff di questa serie ben più antica. Ma non ho voglia di raccontarvi tutto il pippotto storico di Shin Megami Tensei e, se proprio volete, c’è un bellissimo volume edito da Bitmap Books che la racconta in maniera sintetica ma esaustiva, insieme ai molti altri spinoff che la serie ha generato (tra cui Digital Devil Saga per PS2 che spero prima o poi arrivi anche su sistemi più moderni perché bellissima).

Il Nahobino, l’avatar “nell’Aldilà” del giocatore, è un essere semidivino frutto della fusione di un’anima umana e una demoniaca. Ed è subito anime su MTV di inizio anni 2000.

Forse è meglio raccontarvi cosa non è Shin Megami Tensei V. Perché Nintendo e Atlus giustamente hanno usato il gioco per cementare hype e speranze in un pubblico, quello per Switch, affamato di JRPG di ampio respiro e possibilmente “tripla A”. E perché comunque è un bel titolo da avere a portfolio no? Il JRPG per chi di JRPG ne sa. Mica quella roba super nazionalpopolare del remake di Final Fantasy VII.

 Non è Persona.

E non lo dico solo per cavalcare le polemichette - super pretestuose a mio modo di vedere - comparse online nei confronti di blasonati siti americani, ma è giusto mettere le cose in prospettiva. Specialmente se - giustamente - siete rimasti stregati da Persona 4 Golden e Persona 5, i due esponenti più famosi dei prolifici jrpg Atlus. Sebbene strettamente imparentati e con molti punti di contatto - un combat system a turni che si basa sullo sfruttare attacchi e resistenze elementali, persino gli stessi demoni! - Shin Megami Tensei V e Persona 5 non potrebbero essere più diversi. Sì, anche in SMTV c’è una scuola giapponese e demoni pronti a invadere Tokyo, ma il mood è completamente diverso. La ribellione giovanile contro la società e le generazioni precedenti lasciano il passo a un mondo in lotta continua, dove le speranze sembrano svanite e la sopravvivenza conta più di ogni altra cosa. Dove Persona 5, pur con i suoi momenti incredibilmente drammatici, manteneva comunque la sua scanzonatezza, Shin Megami Tensei V è ansiogeno, opprimente. Se venite da Persona 5, insomma, sappiate di trovarvi davanti a un’esperienza sia familiare che straniante. Anche dal punto di vista dei menu, qui molto più rigidi, forse un po’ scomodi, certamente meno stilosi.

Per reclutare i demoni dovete corromperli con parole, regali o… denaro.

Non è “moderno”.

L’esplorazione non è mai stata così spinta, con segreti e missioni secondarie tutte da scovare.

Shin Megami Tensei V non solo non tradisce le sue origini, ma le tiene ancora tutte intatte e vivissime. Un po’ come Dragon Quest XI, ma con molto meno candore. La trama c’è e si fa sentire, ma non mancano ore e ore di assenza di storia, tra combattimenti copiosi, grinding - eh sì, un po’ serve - e intere sezioni dove i dialoghi sono ridotti all’ossicino. Trama che invece, quando giunge, è raccontata ovviamente con filmati piuttosto lunghi e dialoghi sì affascinanti ma a volte verbosi, per non farsi mancare nulla. Filmati che è fortunatamente possibile “saltare”: come da tradizione della serie - che, chiarisco, può anche non piacervi! - Shin Megami Tensei V ha dei picchi di difficoltà da non sottovalutare minimamente.

Non è un gioco facile o per tutti.

C’è molto che il gioco accenna ma non spiega del tutto. Una scelta di design voluta, quasi un tratto “di design” della serie ma che può scontentare qualcuno se non addirittura atterrire altri. Perché Shin Megami Tensei V è un JRPG che prende a legnate nei denti. Non sempre, ovvio, ma quando lo fa è in grado di rimettere a posto anche il giocatore scafato e tracotante Il combat system della serie torna ancora una volta in maniera tanto semplice quanto appagante dal punto di vista tattico: facendo attacchi critici o “superefficaci”, quindi sfruttando le debolezze elementali dell’avversario – è possibile guadagnare turni extra. Ciò vale tanto per il Nahobino (l’entità divina controllata dal protagonista) quanto per i suoi compari demoni che recluterà per l’avventura, quanto per i numerosi e agguerriti avversari del gioco. Una tensione continua che richiede la massima attenzione, anche durante gli scontri all’apparenza banali: basta un attacco elementale di un boss per far fuori membri su membri del party.

I menu sono decisamente poco eleganti e mescolano italiano e inglese per non si sa quale motivo.

Debolezze che non è sempre facile scovare e anzi, sarà necessario un rischioso trial & error o l’utilizzo di item appositi – sacrificando però così un prezioso turno! – per poter individuare e poi scovare il “tasto dolente” su cui colpire. E le statistiche contano… eccome! La fusione dei demoni, da reclutare a suon di monete, regali o minacce, per ottenere compagni di viaggio sempre migliori diventa tanto fondamentale quanto saper “buildare” il proprio personaggio per le più grosse asperità, contro le quali è necessario sfruttare le sue debolezze e utilizzare le giuste resistenze elementali. Al momento giusto. Che non conoscerete mai al primo scontro se non andando su Google e cercando una guida apposita.

Insomma sì, dovete prima morire per vincere. E morirete abbastanza anche con i nemici normali, se non sarete cauti. Ed è qui in realtà il fascino di Shin Megami Tensei V. Perché oltre al mood intrigante, l’appeal che la battaglia tra angeli e demoni (e non è detto che i primi siano per forza “i buoni”) e le meccaniche da “gotta catch-em all” che stimolano comunque il giocatore, è questo loop un po’ ancestrale di scontri - nuove abilità - nuovi scontri che, fluidificato da un combat system semplice, snello ma tattico e un’esplorazione quantomai goderecccia, che ti incollano e rendono difficilissimo mollare Switch. Nonostante in modalità portatile Shin Megami Tensei V ciucci batteria in maniera clamorosa.

Un po’ come Dragon Quest XI, ma per motivi del tutto diversi, si ha un po’ come la sensazione di trovarsi piacevolmente a metà strada tra qualcosa di moderno (il “finto” open world, l’esplorazione che regala oggetti e segreti a iosa) e di iperclassico (il combat system a turni immutato da anni, gli stessi demoni di sempre) che però, invece di scontentare entrambi gli schieramenti, offre qualcosa di intrigante per entrambi.

E all’improvviso, un carabiniere.

Insomma, non so dove andrà a parare la trama di questo Shin Megami Tensei V tra le sue decine e decine di ore di “main quest”, ma di sicuro sono già stato inevitabilmente catturato dalla sua ambientazione e dal suo piacevole ma perverso loop. Però ribadisco: ho già in passato avuto ottimi rapporti con la serie e sapevo già un po’ che aspettarmi da questo quinto episodio. Insomma, vi ho avvisati.

Non è multipiattaforma.

Eh sì, o Switch o niente, almeno per ora. In furo, vai a sapere.

 Arrivederci tra qualche settimana per un parere a gioco “finito”.