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PlayStation Classic - Dove cazzo sta WipEout?!?

Scusate lo sfogo e anche il cazzo, ma bisognava pur dirlo: senza WipEout, l’intera operazione nostalgica contenuta (soprattutto) all’interno di PlayStation Classic è privata di ogni possibile funzione sociale.

La replica miniaturizzata del nostro bellissimo 1995 tecnoludico, caratterizzata per giunta da una lineup che oscilla tra il lacunoso, l’incomprensibile e l’incartapecorito male, è oggi del tutto incapace di restituire consolazione, memoria e gameplay.

La grafica di PlayStation Uno. Me la ricordo esattamente così.

Come se già non bastasse escludere titoloni quali - pesco a caso - Castlevania: Symphony of the Night, Silent Hill o Gran Turismo, Sony ha inserito una bizzarra quanto odiosa seleção di stocazzo, che se non fosse per Metal Gear Solid o Final Fantasy VII (gli unici due titoli che riescono agilmente a scrollarsi di dosso gli anni sul groppone), sarebbe da chiamare subito il CENDODIGIOTTO.

Tom Clancy’s Rainbow Six? Davvero, Sony? Revelations: Persona? Ma per favore! E perché Jumpin’ Flash!, oggi? Non abbiamo mica chiesto la luna, Colony Wars o G-Police! Ma escludere WipEout, la vera killer application di PlayStation, per non dire della vita a 32 bit (e tout court), ma come si fa, dico io?

Le belle pubblicità di una volta.

WipEout era (e sempre sarà) IL gioco di PlayStation, legato senza fine e a doppia elica al DNA della console di Sony.

WipEout era sinonimo di PlayStation e viceversa (noitatSyalP), di futuro e velocità, di sospensione dello spazio-tempo e dramma umano. Era lo spettacolo della vita, di un’azione il cui svolgimento restava fino alla fine imprevedibile e inatteso, “l’espressione di ogni uomo posto di fronte ai rischi della vita, ora felice – che deve cogliere, ora infelice – che deve evitare o sopportare.” (Frédéric Schiffter - La filosofia del surf).

WipEout discese dall’universo di Psygnosis come una benedizione: un techno-allucinogeno liberamente venduto, arrivato per direttissima dalla “Cool Britannia”, che sapeva unire magistralmente arte, musica, mito, medium e droga, trascendendo tutto, anche se stesso.

WipEout Le Mans 2094: l’ha fatta un francese, Mickael Cador.

The Chemical Brothers, Orbital e Letfield spaccavano a bestia, la mitologia del gameplay abbandonava in WipEout tutto un bagaglio di immagini dello sfregamento con l’esterno, aprendo a un mondo di splendida sinestesia.

Il suo movimento non era più - come in qualsiasi altro racing game - percezione ottica di punti e superfici, ma si tramutava incessantemente in una turbo-trance fatta di contrazioni, offuscamenti, estasi e overdose sensoriale, crisi e genesi di una nuova coscienza corporale.

Dopotutto, l’essenziale di ogni processo tecnoludico è quel sentimento di costante incertezza, quella sorta di indecifrabile sospetto (o insoddisfazione) nei confronti della realtà che ti proietta a milleduecento chilometri orari sotto un cielo antigravitazionale popolato di nembostrati stupefacenti e pannelli acceleratori. 

Accetto sempre di buon grado che si lucri sulla mia nostalgia. Sono disposto a spendere, spandere e ricominciare daccapo a farlo, in un loop orgoglione e sempiterno, dinanzi al fregno videoludico.

Ma santoddio e checcazzo, non v’è (e non può esservi) PlayStation Classic senza WipEout!

Questo articolo fa parte della Cover Story dedicata a PlayStation Classic e alla prima PlayStation, che potete trovare riassunta a questo indirizzo.