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Monster World IV preso alla larga da un cazzaro | Racconti dall'ospizio

Racconti dall’ospizio è una rubrica in cui raccontiamo i giochi del passato con lo sguardo del presente. Lo sguardo di noi vecchietti.

Nonostante me na vada in giro da anni a fare l’inserito nel mondo di Wonder Boy, e Dragon’s Trap di qua e Monster Land di là, la verità è che sono un mezzo cazzaro. Una persona sciatta.

Non che provi meno che amore nei confronti della serie sviluppata da Westone, già Escape, sia nell’incarnazione più liscia e arcade del primissimo episodio del 1986, ma soprattutto a partire da Wonder Boy in Monster Land, ossia da quando Ryuichi Nishizawa ha fatto cadere nel suo parpaglione una serie di salsine prese a prestito dal mondo degli RPG, ispirato a quanto pare da Wizardry, stando a questa intervista, che rappresenta uno dei motivi per cui Outcast è Outcast, mentre Ringcast è, beh, lo sapete.

Ryuichi Nishizawa si gode il remake di Wonder Boy III: The Dragon's Trap.

Va detto che il bollino di sequel appiccicato sul coin-op del 1987 l’ho sempre trovato un po’ in arranco. Per quanto ideato dalle stesse persone, ambientato undici anni dopo il Wonder Boy originale e financo ritagliato sullo stesso personaggio, Monster Land era veramente un’altra cosa rispetto al suo predecessore, oltre che un gioco tirato davvero al limite, in termini di struttura, per stare in sala giochi.

E infatti la natura lineare del primo capitolo finì per ispirare lo sparacchioso Wonder Boy III: Monster Lair, per poi venire assorbita dalla serie apocrifa Adventure Island, di Hudson Soft.

Le trovate di Wonder Boy in Monster Land, invece, finalmente libere da costrizioni, evolvettero direttamente (ma proprio che di più non si può, visto che l’attacco di questo nasce dal remix dell’epilogo di quell’altro) in quella figata di Wonder Boy III: The Dragon's Trap, che nell’agio casalingo del Master System, oltre a pimpare la componente RPG, lasciò sbocciare quel level design tutto tridimensionale ed esplorativo che era stato appena accennato dal suo predecessore, e che se lo chiedete a me, ma anche a lui, oggi al posto di metroidvania dovremmo dire wonderboia, porca boia! Ma tant’è.

Tant’è che dopo quel gioco lì, Westone tiro fuori dal cilindro un altro sequel, questa volta su Mega Drive, dove nel frattempo era arrivato pure il terzo Wonder Boy, ma inteso come la conversione del coin-op, gettando gli adolescenti dell’epoca in un caos da multiverso before it was cool, dal quale Wonder Boy in Monster World, noto in Giappone come Wonder Boy V: Monster World III non li aiutò di certo ad uscire.

Sì, inizia come quell’altro.

Diretto dall’altro co-fondatore di Westone, Michishisto Ishizuka, questo episodio spingeva ancora di più sulla componente RPG, risultando tuttavia un filo meno ispirato a livello di incastri e spazi. Questo non significa che Wonder Boy in Monster World non resti comunque un gioco della madonna invecchiato benissimo. Ma comunque invecchiato, diversamente dal secondo Monster World uscito su Mega Drive, il quarto, noto in Giappone come Monster World IV, ma formalmente ignoto in Italia fino al maggio del 2012, quando sbarcò, tradotto in lingua inglese, su Virtual Console, PlayStation Network e Xbox Live Arcade.

Ed è stato proprio attraverso la gloriosa Sega Vintage Collection: Monster World per Xbox 360 che il codice di Monster World IV si è appiccicato al mio account, più di sette anni fa. Sette anni durante i quali ho finito per scordarmi della sua esistenza, proprio per quella sciatteria premessa a inizio pezzo, e che in una somma di cose - tipo che non ho mai avuto per casa buona parte delle console SEGA - mi ha reso indegno della saga di Nishizawa. Perché sì, OK, al primo Wonder Boy c’ho giocato nella sua forma ideale di coin-op, ma gli altri? Eh!

- Wonder Boy in Monster Land : dopo averlo incrociato a Cervia nella sala giochi Sciccadè e spiato con lussuria sul Master System di un compagno di classe, ho finito per profanarlo soprattutto attraverso la conversione per Commodore 64, sviluppata da Image Design e pubblicata da Activision, che per l’occasione riuscì a sfornare una copertina persino peggiore della controparte di SEGA.

- Wonder Boy III: The Dragon's Trap: iniziato e mai finito a casa di un cugino dotato di Master System, piluccato in seguito attraverso vari emulatori, ma praticato come si deve soltanto due anni fa su Switch, via Lizardcube.

- Wonder Boy in Monster World aka Wonder Boy V: Monster World III: giocato di sfrodo via emulatore su un torrido PC d’ufficio mentre lavoravo al booskshop di una mostra a tema Buzzati tenutasi nel 2001, dalle parti di Cernobbio. Al netto della scattosità del PC e della distraibilità generata dal contesto, trovo quasi poetica quell’involontaria connessione tra lo scrittore bellunese e l’action-RPG giapponese.

Chiude questa walk of shame proprio Monster World IV che, come detto, ho acquistato nel 2012, lanciato una volta o due a cazzo e attaccato come si deve soltanto un paio di settimane fa su Xbox One X, grazie alla misericordia del programma di retrocompatibilità varato da Microsoft. Ecco, c’è di buono che sembra davvero un gioco uscito due settimane fa, anziché venticinque anni fa, perché non è invecchiato per nulla.

L’idea di bypassare qualsivoglia “Boy” nel titolo è totalmente sensata, dal momento che la parte dell’eroe, anzi, dell’eroina, questa volta è stata affidata a una ragazza, Asha, il cui look fa pendant con l’ambientazione mediorientale, inedita per la serie.

Asha e Pepelogoo.

E se la nuova protagonista è la prima cosa che salta agli occhi del giocatore, quella che salta alla mano, invece, è la risposta ai comandi estremamente reattiva, che tra corse, raggio d’azione della spada e altre malizie, traccia una linea di demarcazione fra questo e i giochi precedenti e consente di scorrazzare come si deve lungo un world design che spinge a manetta gli stilemi impostati da The Dragon's Trap, finendo per affiancare, e contemporaneamente prescindere, quelli del contemporaneo Super Metroid.

Monster World IV trabocca di quell’ergonomia tipica di Nishizawa. Di quel suo gusto per i livelli a più dimensioni e pieni di segreti, che paiono la versione su larga scala delle Ghost House di Super Mario World, o dei mondi di Yume Kōjō: Doki Doki Panic/Super Mario Bros. 2 (gioco i cui personaggi, tra l’altro, ricordano la fisica di Asha).

Ma a rendere questo capitolo il più “nintendoso” della serie, lateralmente parlando, sono anche la dimensione narrativa più ampia, i puzzle e il taglio dei dialoghi, che lo avvicinano a uno Zelda, mentre la componente action respira a pieni polmoni grazie alla presenza di Pepelogoo, un mostriciattolo tondeggiante che entra in simbiosi con la protagonista, permettendole, ad esempio, di praticare doppi salto o planare dolcemente. Alleggerendo un po’ la tensione dei capitoli precedenti, ma approfondendo tutto quanto il resto.

Ah, poi ci sarebbe anche Sega Ages 2500 Vol.29 - Monster World Complete Collection, per chi vuole solo il meglio del meglio.

E insomma, boh, per quel poco che capisco io (cioè poco, appunto), Monster World IV mi pare il picco di quel percorso iniziato nel 1987 in sala giochi, perfezionato poco per volta attraverso un mix di scelte di design, evoluzione dei controlli e maturazione del pubblico. Un percorso, tra l’altro, che a guardarlo oggi nel suo insieme mi sembra abbia influenzato parecchio la scena indie di qualche anno fa: Fez, per fare un nome a caso, contiene un sacco della roba di Nishizawa (e, guarda caso, pure quello me lo sono scaricato su Xbox 360 nella primavera del 2012).

Se a tutto questo ben di Dio aggiungiamo una pixel art freschissima (se non vi sembra tale, è perché l’hanno imitata in mille) e le musiche di Jin Watanabe, che non suoneranno come quelle del compositore storico della serie, Shinichi Sakamoto, ma insomma, ad avercene, direi che ci troviamo di fronte a una fra le gemme più preziose di quella parure che è il Mega Drive Mini.

“Parure” letto rigorosamente con la voce di Roberto Da Crema.

Questo articolo fa parte della Cover Story dedicata al Sega Mega Drive (Mini e non), che potete trovare riassunta a questo indirizzo.