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La mia breve (ma intensa) storia d'amore con il Mega Drive (da possessore di SNES) | Racconti dall'ospizio

Racconti dall’ospizio è una rubrica in cui raccontiamo i giochi del passato con lo sguardo del presente. Lo sguardo di noi vecchietti.

Il mio ingresso nel mondo delle console si chiama Super NES (sì quello americano, non il Super Nintendo di nostrana memoria). Prima avevo sempre bazzicato nel giardino degli home computer, monomarca Commodore, per la verità. Dal Vic 20, passando al Commodore 64, fino all’Amiga. Ma un bel giorno dei primi anni Novanta, ecco che si fa strada in casa nostra la console a 16 bit Nintendo. In quegli anni, sia per ovvi motivi di budget che per i risultati scolastici, era già tanto avere un computer come l’Amiga affiancato da un Super NES e quindi, il mondo della multipiattafroma che avrei abbracciato negli anni successivi non era ancora parte della mia vita. Grazie però ad uno dei miei migliori amici, che aveva seguito un percorso completamente speculare al mio, avrei potuto godere delle bellezze della concorrenza, in particolar modo, in quegli anni, dei giochi per Mega Drive.

Questo amico, di cui non farò il nome per mantenere segreta la sua identità, è sempre stato,  videoludicamente parlando,  la mia nemesi. Quando io pigiavo i tasti del Commodore 64 lui era impegnato con un MSX di qualche marchio giapponese. Anche sulle console portatili eravamo in completa antitesi, io Game Boy e lui Game Gear, e più recentemente, quando passai alla prima PlayStation, lui stava giocando a Quake su Saturn, e mentre io mi godevo Super Mario Sunshine sul cubo viola di Nintendo, lui scarrozzava Master Chief sulla prima Xbox. Ora che ci penso, solo il Dreamcast ci ha accomunato nella nostra passione videoludica, ma nei primi anni Novanta, la console war era servita: Super NES io, Mega Drive lui. 

Detto che la maggior parte del tempo la si passava a casa mia, tirandoci un sacco di mazzate a Street Fighter 2 Turbo prima e Super Street Fighter 2 poi, ovviamente erano anche numerosi i pomeriggi passati a correre per le verdi lande di Sonic con il suo Mega Drive. Grazie alla mia versione americana del Super Nes (con adattatore per fruire dei titoli europei) e all’estrema facilità di utilizzo delle cartucce NTSC sul Mega Drive, potevamo spaziare su un catalogo decisamente ampio, sicuramente molto più corposo di quello ufficiale europeo.

Dato che entrambi eravamo interessati ad alcuni titoli esclusivi dell’altra piattaforma, decidemmo di fare uno scambio per qualche tempo, se non ricordo male di due, forse tre settimane, in modo da poter godere, con la giusta calma e senza fretta, anche di quei titoli che non si esaurivano con un KO dopo 99 secondi. È così che mi sono ritrovato la nera console di SEGA in camera mia, lì dove fino a pochi attimi prima c’era la squadrata versione grigio/viola del Super NES.

Allora, iniziamo subito con quello che non mi è mai andato giù del Mega Drive: il joypad. Mi spiace ma, dopo un bel po’ di tempo in cui le mie mani si erano abituate al pad del Super NES, con i quattro tasti colorati e i due dorsali, quella specie di brioche con tre tasti e senza dorsali era veramente inaccettabile. Sì, purtroppo, il mio amico, al tempo, non aveva la versione del  pad con sei tasti e la cosa era veramente limitante. Però, insomma, non ci si poteva fare nulla e quello passava il convento.

In realtà, devo essere sincero, quello era l’unico vero difetto che avevo trovato nella console prestatami dal fido amico, anche perché, pur essendo abituato molto, molto bene con il Super NES, il Mega Drive, in diverse situazioni, si dimostrava nettamente più prestante, soprattutto a livello di velocità.

Partiamo ovviamente  da Sonic, un gioco che su Super NES sarebbe stato assolutamente impossibile. La velocità dello scrolling era qualcosa di sconvolgente, per uno abituato a far saltellare Super Mario in testa ai funghetti, e anche i livelli che scimmiottavano il Mode 7 di Nintendo erano assolutamente apprezzabili. Altro titolo che in quei pochi giorni ho divorato era stato Streets of Rage 2. Anche qui, un picchiaduro che non aveva praticamente eguali nel panorama videoludico casalingo del tempo. Tecnicamente perfetto, senza incertezze, e il fatto che questa caratteristica, la fluidità e l’assenza di scatti, mi sia rimasta così in testa è sintomo o di quanto la soffrivo con il Super NES (dove erano veramente tanti i giochi che rallentavano, e non poco)  o di quanto questi giochi fossero ben ottimizzati per la console SEGA. 

Il gioco che però mi è rimasto più nel cuore, nelle pupille e nelle orecchie è sicuramente Thunder Force IV, unico vero gioco che io, possessore di SuperNES, amante di Axelay e Super Aleste, ho sempre invidiato ai cugini possessori di Mega Drive. Dal mio punto di vista, un’esclusiva incredibile, che mi faceva rosicare non poco. Trovo veramente inspiegabile il perché nella lineup della versione mini sia presente il terzo episodio e non questo vero e proprio gioiello degli shoot 'em up. Ecco, pur essendo uno dei rarissimi titoli che rallentavano in alcuni frangenti, Thunder Force IV è sempre stato un esempio di forza bruta, come gli innumerevoli livelli di parallasse del primo stage (cosa che ricordava ovviamente Shadow Of The Beast per Amiga, che con il Mega Drive condivideva il processore principale, il Motorola 68000), gli effetti di distorsione, decine e decine di sprite su schermo… una roba veramente mai vista. Per rivedere qualcosa di simile, ho dovuto aspettare capolavori tecnologici come Radiant Silvergun su Saturn.

Poi, ovvio, in un momento storico dove i videogiochi iniziavano a mostrare un lato decisamente più violento, l’isola felice e pupazzosa Nintendo non permetteva di godere appieno di questo nuovo trend. Il caso più clamoroso fu sicuramente il primo Mortal Kombat, che su Mega Drive uscì quasi del tutto identico alla versione di sala giochi (era censurato ma era possibile, con un semplice cheat code, reintrodurre tutto il sangue mancante), mentre su Super NES era praticamente impossibile, se non con hardware specifici, bypassare questo blocco. 

Insomma, la mia esperienza con il Mega Drive del mio amico fu sicuramente un bellissimo momento per scoprire titoli a cui non avevo la possibilità di giocare in maniera continuativa e sì, ha fatto nascere un amore per Thunder Force IV che ancora oggi rimane lì, indelebile, visto che l’ho comprato qualche settimana fa anche su Switch. Sinceramente, mi mancano un po’ quelle diatribe, quella console war che si combatteva ancora sulle riviste e nei negozietti di videogiochi. Un periodo nel quale (ahimè o per fortuna, dipende da che punto di vista la si guarda) noi che giocavamo eravamo un numero esiguo, forse un po’ strani, ma comunque era tutto più “nostro”. Ora, tra milioni di modi di comunicare e, purtroppo, di insultare, personalmente, non dico che l’amore verso questo mondo sia calato ma la passione di una volta, quella sì, non è allo stesso livello.

E poi, sai che bello mettere la cartuccia, accendere la console e giocare senza attendere 12 GB di patch?

Questo articolo fa parte della Cover Story dedicata al Sega Mega Drive (Mini e non), che potete trovare riassunta a questo indirizzo.