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Novembre 2010: Kinect circondato da remake, seguiti e spin-off | Old!

Old! è esattamente quella stessa rubrica che da vent'anni vedete apparire su tonnellate di riviste o siti di videogiochi. Quella in cui si dice "cosa accadeva, nel mondo dei videogiochi, [inserire a piacere] anni fa?" Esatto, come su Retro Gamer. La facciamo anche noi, grazie a Wikipedia, pescando in giro un po' a caso, perché siamo vecchi nostalgici, perché è comoda per coprire il sabato e perché sì. Ogni settimana, anni Settanta, Ottanta, Novanta e Zero, o come si chiamano. A volte saremo brevissimi, a volte saremo lunghissimi, ogni singola volta si tratterà di una cosa fatta senza impegno, per divertirci assieme a chi legge, e anzi ci piacerebbe se le maestrine in ascolto venissero a dirci "oh, avete dimenticato [inserire a piacere]".

Il 5 novembre del 2010, arriva su Wii GoldenEye 007, remake curato da Eurocom del classico di Rare per Nintendo 64. Al di là della rivisitazione grafica, il gioco vede svariate modifiche, a cominciare dalla scelta di sostituire il bond di Pierce Brosnan con quello di Daniel Craig, che porta in dote anche ritocchi alla trama e ad altri dettagli. Pur non elevato allo status di capolavoro come l'originale, il gioco viene accolto in maniera positiva.

Ma c'è anche God of War: Ghost of Sparta, seconda incarnazione portatile per Kratos, che torna su PSP due anni dopo Chains of Olympus e, sempre grazie al lavoro eccellente di Ready at Dawn, viene accolto positivamente. Celebrato per la grafica spettacolare, la storia interessante e il gameplay solido, viene sostanzialmente criticato per la scarsa innovazione nel contesto della serie. I due God of War portatili verranno poi raccolti in God of War: Origins Collection per PlayStation 3.

E per non farci mancare nulla, menzioniamo anche Fist of the North Star: Ken's Rage, che rilegge in chiave musou la prima metà della storia di Ken il guerriero, fino al confronto con Raoul. Apprezzato per la riproduzione del racconto originale, il gioco per PlayStation 3 e Xbox 360 viene fortemente criticato a causa di un gameplay deficitario e impacciato, ma venderà comunque a sufficienza per meritarsi un seguito due anni dopo.

Il 10 novembre 2010 si manifesta Kinect per Xbox 360, una periferica per la rilevazione dei movimenti del giocatore che promette la fantascienza ma si limiterà a offrirci un po’ di motion gaming divertente e poco altro, pur godendo di una coda lunga nel tempo grazie al suo successore su Xbox One e, soprattutto, all’utilizzo al di fuori dei videogiochi, sia per quanto riguarda Kinect stesso, sia per ciò che concerne la sua tecnologia. La linea Kinect venderà per altro trentacinque milioni di pezzi, e buttali.

Il giorno dopo tocca a Sonic Colors, ennesima incarnazione tridimensionale del porcospino blu Sega che prova ad eliminare fronzoli e stronzate dei giochi immediatamente precedenti per tornare all’essenziale. Ne viene fuori un platform game solido e che divide, fra chi lo ritiene uno fra i migliori Sonic di sempre, oltre che al top nella libreria Wii, e chi è decisamente più critico. Io ricordo sensazioni un po’ nel mezzo fra i due estremi e agevolo mia recensione dell’epoca per approfondire. Il gioco, comunque, venderà moderatamente bene e la serie proseguirà placida.

Il 17 novembre si manifesta invece Pac-Man Championship Edition DX, seguito del capolavoro uscito tre anni prima che ne conserva la natura disco-lisergica e aggiunge svariati elementi di gameplay. Il gioco si conferma come uno fra i migliori remake moderni dei classici di una volta, se non proprio il migliore in assoluto, e uno fra i migliori Pac-Man dai tempi del primo, se non il migliore in assoluto. E si meriterà un ulteriore seguito sei anni dopo.

Passa un’altra settimanina e ci ritroviamo per le mani un altro remake, meno riuscito ma comunque per certi versi apprezzabile. Splatterhouse si manifesta su PlayStation 3 e Xbox 360 dopo uno sviluppo travagliato, che ha visto lo studio BottleRocket “cacciato” dal progetto un anno prima dell’uscita, e propone sostanzialmente un approccio a base di mazzate, che trasla nelle tre dimensioni in concetti della serie classica. Il gioco, che comunque certo porta in dote qualche problema a causa dei drammi di sviluppo, divide abbastanza la critica ma anche rimangono tiepide, così come le vendite, e non ne nasce una nuova serie.

E il 26 novembre dev’essere il giorno delle uscite promettenti ma che alla fin fine, pur con evidenti lati positivi, non convincono fino in fondo. Tocca infatti anche a Epic Mickey per Wii, il progetto dei sogni di Warren Spector, che finalmente lavora col suo amato Topolino e prova a traslare in un contesto completamente diverso i concetti di design basati su scelte e moralità che hanno segnato tutta la sua carriera. Ne viene fuori un platform game avventuroso, interessante e moderatamente apprezzato dalla critica ma che non riesce a vendere quanto ci si aspetterebbe da un marchio del genere. Disney comunque ci crede e supporta Junction Point per lo sviluppo di un seguito multipiattaforma, che per altro venderà ancora meno e sancirà la chiusura dello studio.

E a conferma di quanto detto sopra, il 26 novembre 2010 esce anche Majin and the Forsaken Kingdom, gioco d’avventura che, quando presentato, aveva un po’ la faccia del The Last Guardian del discount ma che quantomeno ha dalla sua il merito di essere ufficialmente uscito. Il gioco di Fumito Ueda, va detto, arriverà una generazione dopo ma quantomeno avrà dalla sua il merito di essere bello. Majin, comunque, è una creatura gigante che viene liberata dal ragazzino protagonista e, controllata dall’intelligenza artificiale, lo accompagna nelle sue peregrinazioni, aiutandolo nei combattimenti e nella risoluzione di enigmi. Accolto con modesto entusiasmo, sparirà sostanzialmente nel nulla e non andrà particolarmente meglio allo studio Game Republic, chiuso appena un anno dopo. Il fondatore e CEO Yoshiki Okamoto (Time Pilot, 1942, Final Fight, Street Fighter II e Resident Evil fra i classici a cui ha lavorato) passerà allo sviluppo di giochi per piattaforme mobili e farà il botto con Monster Strike, una robetta capace di fruttare oltre sette miliardi di dollari.