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Paperback #34: Hawkguy, Kate Bishop, bro e condòmini

Paperback è la nostra rubrica in cui parliamo di libri e fumetti non legati al mondo dei videogiochi. Visto che per quelli legati al mondo dei videogiochi c’è quell’altra.

Lo confesso: non sono mai stato un grande appassionato dei supereroi Marvel nelle loro incarnazioni a fumetti. Li conoscevo, ovviamente, ma sono sempre stato restio a tuffarmi in quelle saghe infinite, con le loro storie decennali e i loro crossover spalmati su una moltitudine di testate, e non ho mai trovato il momento giusto per cominciare a leggerli. Quindi sì, possiamo tranquillamente dire che sono uno di quei fan dell’ultima ora che hanno cominciato a seguire l’universo Marvel coi film. Col tempo, però, ho imparato a conoscere e apprezzare meglio la produzione dei fumetti Marvel e, grazie anche ai consigli di amici più esperti dell’argomento, ho cominciato ad acquistare graphic novel e miniserie che meritassero la mia attenzione. Tra queste c’è Hawkeye, del 2012, una miniserie di ventidue numeri, più un annuale speciale, scritta da Matt Fraction, disegnata principalmente da David Aja (con la partecipazione anche di Javier Pulido, Annie Wu e Francesco Francavilla) e colorata da Matt Hollingsworth. Ed è una tra le cose a fumetti migliori che abbia mai letto.

Non è come sembra.

Matt Fraction è un nome molto famoso nell’ambiente dei fumetti, grazie al suo lavoro su numerose testate di super eroi Marvel e le ottime Casanova e Sex Criminals, pubblicate da Image, ed è un personaggio molto interessante anche al di fuori del suo lavoro: appassionato tra le altre cose di videogiochi, non ha mai fatto segreto dei suoi problemi passati di dipendenza dalla droga e l’alcool. È sposato con Kelly Sue DeConnick, un’altra bravissima autrice di fumetti, molto famosa, per esempio, per il suo lavoro sulla nuova serie di Captain Marvel del 2012, e la storia di come si sono conosciuti e incontrati, raccontata da Fraction, è meravigliosa. Solo la sua presenza è decisamente una garanzia di qualità.

Ma torniamo a Hawkeye. Anzi, Hawkguy.

Hawkguy, appunto.

È una miniserie piuttosto particolare: ovviamente ha un super eroe come protagonista, ma è anche e soprattutto una serie sull’uomo che si nasconde dietro la maschera, Clint Barton, che fa fatica a tenere la casa in ordine, è pieno di cerotti e fasciature in seguito alle mazzate che prende quando va in giro a fare il super eroe e litiga coi mafiosi russi che infastidiscono i suoi vicini di casa. E ha un cane, Lucky, detto anche Pizza Dog, a cui è dedicato un intero, splendido, praticamente avantgarde albo. Tutta la serie funziona a meraviglia proprio perché dà una dimensione umana alla straordinarietà del mondo dei supergruppi come gli Avengers e gli X-Men, e anche quando fanno capolino altri personaggi famosi, Fraction non perde il filo del discorso e dà anche a loro un’aria di normalità e familiarità.

Chissà se Clint riuscirà ad evitare gli spoiler de Il trono di spade

Ed è proprio la scrittura di Fraction uno fra i motivi principali per cui vale la pena di leggere questo Hawkeye. Il suo Clint Barton ha le solite parlantina e battuta facile, ma è anche capace di essere serio e introspettivo quando serve. I dialoghi tra Clint e la sua amica del cuore Kate Bishop, l’altra Hawkeye, sono pieni di sarcasmo e della “cattiveria” tipica che esiste tra amici di lunga data, che sanno dove andare a colpire per stuzzicarsi a vicenda. E poi, i russi. Bro, i russi! Io ho letto la serie in inglese, e la caratterizzazione dei russi è semplicemente fantastica, con un inglese spezzato e praticamente stravolto, che riflette meravigliosamente la goffa cattiveria dei nemici di turno. Bro, davvero, bro.

Fratelli di Russia.

Ma non posso parlare di Hawkeye senza dedicare qualche parola a Kate Bishop, l’Hawkeye che fa da contraltare a quello un po’ pasticcione di Clint, che nasconde l’insicurezza e la paura di essere fallibile dietro il sarcasmo e le battute taglienti. È in tutto e per tutto la seconda protagonista principale della serie, alla quale Fraction dà una sua dimensione e un’identità ben distinta. Non è semplicemente la spalla di Clint, non è la Robin della situazione, è una supereroina che si guadagna sul campo il rispetto del suo mentore e di noi lettori. Non solo tira fuori da guai Clint in più di un’occasione, si lancia anche in un’avventura in solitaria in una serie di numeri dedicati interamente a lei (raccolti nel terzo volume, L.A. Woman), disegnati dai già nominati Annie Wu e Javier Pulido, proprio per mettere in risalto, anche visivamente, la differenza tra i due alter ego del nostro super eroe. Clint e Kate sono le due facce della medaglia Hawkeye e sono meravigliosamente imperfetti insieme, anche se non perdono occasione di ricordarsi e ricordarci che non potrà mai esserci qualcosa di romantico tra loro.

Kate <3

Forse, il pregio migliore di questa serie è il modo in cui riesce a far sembrare Hawkeye il super eroe più normale degli Avengers, aspetto che sugli schermi era stato accennato in Age of Ultron, quando il gruppo va a rifugiarsi e riorganizzarsi nella sua “casa di campagna” insieme alla sua famiglia. Hawkeye non è solo quello bravo con l’arco, è anche un essere umano interessante e con molto da dire, capace di relazionarsi con le persone normali, cosa che in fondo lui è, senza incutere un timore riverenziale. In questo, ricorda Spider-Man, e anche se non è altrettanto popolare, ne condivide molte delle caratteristiche che rendono l’Uomo-Ragno uno fra i preferiti dei fan di tutto il mondo. E in tutta la sua straordinaria normalità, gli autori ci mostrano un Hawkeye che sa reggere la scena da solo, che non fa mai pensare “Certo che se ci fosse anche Iron Man o Hulk… ” e che è più che degno di stare al fianco di dei, super soldati e mutanti radioattivi. E ora torno a rileggermi la serie, perché è da troppo che non lo faccio.

Questo articolo fa parte della Cover Story dedicata agli Avengers, che potete trovare riassunta a questo indirizzo.