Outcast

View Original

Guard Duty è il saggio di fine anno di una scuola di punta e clicca

A febbraio vi avevo raccontato del primo atto di Guard Duty, un’avventura grafica vecchio stile, ma con qualche simpatico twist, sviluppata da Sick Chicken Studios. Per i più pigri che non vogliono cliccare sul link, vi offro un breve riassunto delle puntate precedenti: stiamo parlando di un gioco finanziato su Kickstarter nel 2017, con la chiara idea di essere un tributo ai punta e clicca old school, da cui recupera una serie di elementi come la trama sgangherata e ironica o la risoluzione orgogliosamente bloccata a 320 x 240. A un corredo genetico saldamente ancorato nel passato, Nathan Hamley e Andy Saunders-White hanno voluto abbinare un paio di elementi di modernità, come una gestione dell’inventario un po’ più agile e in linea con il presente, nonché una trama in grado di unire la classica storia dell’eroe sfigato a una linea temporale cyberpunk affascinante, a cui viene abbinata anche una leggera modifica delle meccaniche (ma questa è una cosa che a febbraio non vi avevo detto perché la parte sci-fi, nel primo atto, non c’è).

Per completare il discorso sulla natura di Guard Duty, vale comunque la pena di raccontare un paio di dettagli in più sulla sua storia lato sviluppo: per quanto sia un’idea dei due amici britannici, dopo il successo della campagna Kickstarter l’unico a dedicarsi full time al progetto è stato Hamley, pur potendo contare sul lavoro svolto fino a quel momento e il supporto dell’amico, nonché della collaborazione di altre persone. In sostanza, però, Guard Duty resta il sogno d’infanzia di due amici, nato puramente per hobby, e diventato poi concretamente l’opera di esordio del genio creativo di una sola persona, che nella vita fa per lo più l’illustratore, il graphic designer, il musicista, e che mangia troppe patatine (o almeno così dice su Instagram). Per questo motivo, l’avventura di Sick Chicken Studios va presa per quello che è: un progetto piccolo, nostalgico, che funge da lettera da amore a un periodo storico ben preciso, quello in cui LucasArts e Sierra si palleggiavano il trono delle avventure grafiche a suon di battute, non-sense e atmosfere indimenticabili. Il prezzo di 8 € e spiccioli su Steam, infine, dà una chiara indicazione delle aspettative che bisogna avere e da questo punto di vista l’intera operazione mi sembra assolutamente trasparente, verace e onesta nel modo di porsi con il pubblico.

In un tripudio di buoni sentimenti, Guard Duty è un punta e clicca umile e posato. La manciata di ore passate in sua compagnia è piacevole, a tratti anche molto simpatica e, se guardata attraverso la lente della nostalgia, discretamente riuscita. I tre atti (più epilogo) che compongono la storia rispettano la tradizione della narrazione classica, con un’introduzione che fa proprio il verso a Simon the Sorcerer e Discworld e ci presenta un antieroe sbadato, nonché la persona sbagliata al momento sbagliato nel posto sbagliato. Il suo non esattamente irreprensibile comportamento durante il turno di guardia avvia una serie di eventi che porta al rapimento di una principessa, a una profezia apocalittica e alla conseguente disperata necessità di mettere a posto le cose per cercare un riscatto da una vita passata in secondo piano. Da lì in poi sta al giocatore dargli una mano tra enigmi più o meno strampalati e una tipica quest da damsel in distress e mondo sull’orlo del baratro. Se nel primo atto la tavola viene apparecchiata in maniera oltremodo comoda e finanche lenta, con dialoghi buffi e backtracking alla ricerca di oggetti che lasciano spazio a un paio di sequenze in cui tempismo e azione danno una marcia in più agli enigmi, nel secondo la situazione si fa un po’ più meccanica, con un enigma centrale che, per carità, non è complicato, ma fa perdere un po’ l’abbrivio all’avventura. Sarà che ci ho giocato di notte e avevo sonno, sarà che magari ho perso l’abitudine di pensare alla vecchia maniera, ma diciamo che quando dovrebbe prendere il volo, in realtà, Guard Duty diventa un po’ più fiacco e sfilacciato, quasi come se le premesse di una grande avventura venissero tradite e sacrificate sull’altare del contenimento delle risorse per il saggio di fine anno della scuola dei punta e clicca. A risollevare parzialmente il ritmo, però, ci pensa proprio la parte ambientata nel futuro, che cambia le carte in tavola quando per Tonbert, Theremin e Wrinklewood si fa grigia.

Tra i neon e i paesaggi apocalittici di Neo London del 2074 va in scena un terzo dell’avventura, che oltre a dare davvero un senso alla storia proposta da Sick Chicken, mostra il lato più moderno di Guard Duty, dato che abbandona la classica struttura a inventario a favore di una più contestuale e meno statica, maggiormente adatta all’ambientazione di certo più oscura e cinematografica. Il tutto, senza perdere comunque la leggerezza della scrittura, con ampie citazioni a grandi classici (Metal Gear Solid su tutti, con tanto di codec) e una tendenza a rompere la quarta parete quasi troppo accentuata. Narrativamente, il capitolo cyberpunk aiuta molto Guard Duty ad avere una sua personalità, ma la sensazione che rispetto alla prima parte sia stato tutto semplificato continua imperterrita fino alla fine dell’avventura, decisamente più rapida negli accadimenti, se confrontata a un inizio parecchio più elaborato. Poi, per carità, il finale è molto carino ed è coerente con quella che sin dall’inizio vuole essere una favola tradizionale, in grado di fare tutti contenti e regalare qualche ora (all’incirca sei) di intrattenimento rilassato, da vivere felicemente anche condividendo l’esperienza con un’altra persona.

Se avesse sfruttato tutto il potenziale dell’ambientazione sci-fi, Guard Duty sarebbe stato un gioiellino.

Così come avevo già detto a febbraio, la cura complessiva del gioco, considerando anche la sua genesi e il prezzo a cui è venduto, è sicuramente apprezzabilissima, e pure il doppiaggio completo, a monte del gusto per alcune voci, gli dona un carattere allegro e molto british. Siamo davanti a una parodia che rispetta in maniera molto ecumenica e superficiale il genere e che ne celebra la storia senza mai sfruttare più di tanto la ricchezza della storyline e del concept che propone. Difficile consigliarla a tutti, ma sarebbe stato ingiusto anche pretendere qualcosa di molto diverso da Sick Chicken. Magari un’avventura più bilanciata nelle sue componenti, però, era alla portata, con uno sviluppo che distribuisse meglio i suoi, indubbi, pregi e con una narrazione in grado di rimbalzare meglio tra le due linee narrative, che alla fine si incrociano soltanto nella parte finale, un po’ sbrigativa. Così com’è, Guard Duty è un piccolo e nostalgico punta e clicca, economico, carino e lineare.

Ho giocato a Guard Duty su PC grazie a un codice Steam fornito dagli sviluppatori. Ho impiegato cinque o sei ore a finirlo, procedendo in maniera molto spedita e avendo qualche problema solo durante l’enigma del ragno. Guard Duty è disponibile solo tramite download su PC.