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Ghost Master: ti devi spaventare! | Racconti dall’ospizio

Racconti dall’ospizio è una rubrica in cui raccontiamo i giochi del passato con lo sguardo del presente. Lo sguardo di noi vecchietti.

La mia adolescenza videoludica è stata piuttosto hipster: giocavo a un sacco di roba che in altri ambiti si definirebbe d’avanguardia, non solo indie ma proprio bizzarra. E Ghost Master (2003) è senza dubbio bizzarro, al punto che viene difficile anche descriverlo. Nei termini tecnici più stretti, parliamo di uno strategico in tempo reale, anche se non c’entra proprio niente con Warcraft e soci. Ci sono elementi puzzle, ma si tratta di applicare la logica a situazioni emergenti, piuttosto che a dilemmi astratti. Insomma, il modo più semplice per farvi capire come stanno le cose è questo: tu sei il capo dei fantasmi e devi spaventare i Sims. Immaginate una serie di ambientazioni horror più o meno classiche - la casa costruita sopra un cimitero indiano, il villaggio dalle atmosfere gotiche - e immaginate anche che siano popolate di personaggi che assomigliano ai Sims, e come i Sims hanno una routine quotidiana. Il nostro compito è infiltrare in questa routine i nostri fantasmi, così da terrorizzare fino alla fuga o alla pazzia i malcapitati. Per intenderci, un gremlin che infesta lo stereo può fulminare chi si avvicina per accenderlo, lo spettro di un assassino può manifestarsi agli astanti quando una ragazza comincia a suonare il piano…

La strategia consiste nell’osservare i movimenti dei personaggi e nell’interferire, squarciando il velo della realtà per esporli a tutto l’orrore dell’altro mondo. Man mano che che li spaventiamo, aumenta il nostro budget di plasma, ovvero l’energia utilizzata dagli spettri: ne consegue un crescendo di manifestazioni paranormali, dai suoni come di bambini che gridino in lontananza, fino a trionfi del male con il sangue che sgorga dai rubinetti e cavalieri senza testa che scorrazzano per la mappa. Ora, nonostante il tema e alcune situazioni cupe, il tono si mantiene generalmente scanzonato, più dalle parti di Scooby-Doo che da quelle di The Others, e il gameplay è davvero uno spasso. Peccato che la campagna, che poi è l’unica modalità disponibile, sia proprio breve: io l’avrò finita tre volte nel corso degli anni, e ci si mette due, al massimo tre pomeriggi. Un po’ di più se si vogliono liberare tutti gli spettri nascosti, ma una volta scoperta la soluzione, la sfida scompare. E questa è, probabilmente, una fra le ragioni per cui Ghost Master, nonostante le ottime recensioni, ha fatto flop ed è scomparso dalla memoria videoludica come lacrime nelle pioggia. Un peccato, perché il concept è uno fra i più originali che mi sia mai capitato di vedere e il tema certamente meritevole di sviluppo.

Per fortuna c’è GOG, che permette ai vecchietti di impartire la propria saggezza videoludica alle nuove generazioni, e quindi Ghost Master potete comprarlo qui. Le risoluzioni disponibili non sono granché adatte agli schermi più recenti, ma insomma, si può giocare. C’è anche in giro il progetto amatoriale di un sequel, ma sembra arenato da un pezzo e io non ci farei troppo affidamento. Se poi mi chiedete lo stesso stile di gioco trasposto in titoli più recenti, è difficile. Vi consiglierei Lucius o uno dei suoi sequel: l’idea è quella di interpretare il figlio del demonio e sterminare la gente con i propri poteri paranormali senza farsi scoprire. A differenza di Ghost Master, Lucius si prende abbastanza sul serio e la presenza di un avatar fisso lo fa assomigliare più a un’avventura che a uno strategico, però certi momenti sono piuttosto simili. Se poi questa faccenda degli spettri vi intrippa davvero, potreste passare al tavolo e provare a giocare a Wraith: The Oblivion, che condivide con Ghost Master alcuni aspetti della mitologia ectoplasmica, per esempio il legame dei fantasmi con luoghi e oggetti specifici. Wraith è uno spin-off di Vampire: The Masquerade - quest’ultimo, peraltro, sta per tornare sui nostri schermi. Dico “provare a giocare” perché, nonostante alcuni tentativi nel corso degli anni con gruppi diversi, ancora non ho capito come potrebbe funzionare: lo scavo interiore e la profondità narrativa necessari lo fanno assomigliare a una seduta di psicoterapia, più che a un gioco di ruolo, e se la gente mangia una patatina o fa mezzo commento sulla partita del Milan, è già bella che finita. Bene o male, quindi, Ghost Master rimane un’esperienza irrinunciabile, se volete giocare ai fantasmi.

Questo articolo fa parte della Cover Story dedicata a Luigi e ai fantasmi, che potete trovare riassunta a questo indirizzo.