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Ai draghi di Tolkien piace più parlare che ruggire

A Westeros, i draghi sono una cosa seria. Anche se giusto con Daenerys sono tornati a spaccare culi, in passato sono sempre stati simbolo di potere e devastazione. Fire and Blood, non per nulla, è il motto dell’unica casata in gradi di governarli, i Targaryen. Il drago non è ovviamente prerogativa di Martin, ma ne Le cronache del ghiaccio e del fuoco è, in sostanza, l’elemento fantasy più forte e ricorrente insieme agli Estranei, ed è utile a ricordare a lettori e spettatori che non si tratta (solo) di una storia di cappa e spada, sono in gioco forze molto più grosse, imprevedibili e talvolta incomprensibili.

I draghi, a pensarci, sono presenti in tonnellate di storie/saghe fantasy, ma latitano in quella per eccellenza: Il signore degli anelli. I draghi esistono nella Terra di Mezzo, e sono sempre esistiti, solo che nelle vicende della Terza Era (parentesi del Lo hobbit a parte) non rivestono un ruolo fondamentale. Il signore degli anelli, infatti, ha il compito, nell’universo Tolkeniano, di porre fine al periodo della magia, rimuovendo dalla Terra di Mezzo tutte (o quantomeno molte, le più importanti) creature “magiche” che fino a quel momento ne hanno condizionato l’esistenza. Non solo draghi e Balrog, ma anche (soprattutto) anelli, elfi e stregoni, tutti vestigia di un passato che ha perso la sua guerra alla modernità e libertà portata dai regni degli uomini.

Anche se non ci sono draghi a mettersi di traverso a Frodo, Gandalf e Aragorn, però, questi sono presenti in Arda e sono anche figure di una certa importanza. Siccome sembra che il numero magico dei draghi sia tre, che se ne hai di meno sei un poveraccio e se ne hai di più sei uno che vuole mettersi in mostra, parliamo ora dei tre draghi più importanti dell’opera di Tolkien, nonché gli unici (o quasi) che possano essere riconosciuti o nominati.

Glaurung, che forse non volava, ma non aveva bisogno che qualcuno gli dicesse Dracarys per incendiare la qualunque.

Tutto nasce con Glaurung nella Prima Era: un tempo remoto (rispetto agli anni de Il signore degli anelli) nel quale i Valar (e gli elfi) sono in pieno conflitto con Morgoth, che, per aggiungere armi al suo arsenale, crea proprio i primissimi draghi, di cui Glaurung è una sorta di padre. A differenza di quelli di Westeros, in Arda i draghi sono creature prima intelligenti che forti: sono in grado di parlare e comandare eserciti, oltre che lanciare incantesimi e, in buona sostanza, far credere quello che vogliono ai loro interlocutori. Certo, sputare fuoco e avere una pelle impenetrabile, oltre che artigli e denti affilati come spade, aiuta in una certa misura a gettare nel panico chi hai di fronte, ma questo non cambia la sostanza.

Glaurung, per gli amici il Padre dei Draghi o il Grande Verme, era un Fealoke, cioè un drago senza ali. Tolkien creò, giusto per non farsi mancare nulla, anche draghi alati e draghi serpente (senza zanne né ali), e tutti questi potevano essere di fuoco o freddi. Se di fuoco, come tutti i draghi di cui stiamo parlando, si definiscono Uruloki (e lo potevano ovviamente sputare, il fuoco) altrimenti sono freddi, il che vuol dire che possono sputare ghiaccio, veleno, oppure nulla.

Anche se citato ne Il Silmarillion, è ne I figli di Hurin che splende in tutta la sua infinita perfidia: dopo aver partecipato ad alcune delle più sanguinose battaglie tra Morgoth e gli elfi, guida l’assalto contro Nargothrond, che lo porta a uccidere e saccheggiare la fortezza di Finrod, anche se è l’incontro con Tùrin (e l’incantesimo che gli lancia) a lasciare un segno indelebile negli avvenimenti della Terra di Mezzo. Turin, infatti, figlio di Hurin, fu uno dei più grandi nemici di Morgoth, nonostante fosse stato condannato da quest’ultimo a far finire a schifio ogni singola impresa nella quale si sarebbe cimentato (ecco un’altra analogia con Martin e Jon Snow).

Seppur sia destinato, nella battaglia che arriverà alla fine dei tempi, a sconfiggere il male (proprio lui personalmente), la sua vita è stata in gran parte costellata da drammi indicibili, tra i quali spiccano padri morti, case saccheggiate, battaglie perse, matrimoni con sorelle finiti in un doppio suicidio. Glaurung, che per conto di Morgoth doveva dare la caccia a Turin, dopo aver distrutto Nargothrond e governato da lì un esercito di orchi (altro che Drogon), ripartì alla sua caccia, fino a quando, proprio mentre lo cercava, fu trafitto da Turin e dalla sua spada Gurthang sul ventre (la pelle dei draghi è sostanzialmente impenetrabile se del tutto formata, ma ha sempre un punto debole nel quale è comodo infilzarci una spada). Ovviamente, essendo Glaurung la personificazione della perfidia, prima di morire svela a Nienor, sposa di Turin, che in realtà lei è la sorella (fu lo stesso drago, anni prima, a farglielo dimenticare), e non solo la moglie, e che il figlio che aspetta è frutto del loro incesto. Non essendo una Targaryen, Nienor non la prende benissimo e si getta da una rupe. Rinvenuto e scoperto l’accaduto, anche Turin si pianta la spada nel ventre. Allegria.

Praticamente Bahamut. E quella non è un’airship ma VIngilot.

Dopo Glaurung il secondo drago a riempire le cronache della Terra di Mezzo fu Ancalagon, soprannominato bonariamente “il Nero”. Fu probabilmente il più grande e potente drago mai visto, dalle dimensioni immense, per penna dello stesso Tolkien, e a differenza del precedente, capace di volare. Morgoth lo utilizza come arma segreta nella Guerra d’Ira, e poco ci manca che non gli va pure bene. La Guerra d’Ira fu l’atto conclusivo non solo del regno di terrore di Morgoth, ma anche dei Silmaril, artefatti che sono stati i motori del corpo centrale dell’intero Silmarillion. Questa battaglia, che vedeva da un lato i Valar e il loro esercito, e dall’altro Morgoth, ha visto la distruzione dell’intero Beleriand, e ha causato quel vuoto di potere che è stato poi colmato da Sauron.

Ma torniamo ad Ancalagon: il suo nome significa Fauci Rapide ed era, nemmeno a dirlo, un Uruloki. Oltre a questo, poi, fu il primo in grado di volare. Quando apparve sul campo di battaglia, nonostante Morgoth fosse ormai destinato alla sconfitta, riuscì a far ripiegare l’esercito dei Valar, colto di sorpresa e incapace di gestire una minaccia di questo tipo. Il suo impatto in battaglia è simile a quello di Drogon nelle puntate in cui i draghi sono forti, per farci capire. Oltre ad essere temibile di suo era a capo di un’intera armata di draghi volanti, che fu respinta soltanto grazie all’intervento di Thorondor (il re delle Grandi Aquile e antenato di Gwaihir, che ha cavato non pochi ragni dal buco a Gandalf e Frodo) e soprattutto Eärendil su Vingilot, nave volante a bordo della quale il padre di Elrond (si, quello di Gran Burrone) ed Elros sconfisse il drago dopo una feroce battaglia, e la cui caduta causò la distruzione della fortezza di Morgoth.

Della stessa genia, ma di tutt’altra dimensione, è Smaug il dorato, ultimo degli Uruloki sulla Terra di Mezzo.

"Un drago enorme color oro rosso lì giaceva pro­fondamente addormentato, e dalle sue fauci e dalle froge provenivano un rumore sordo e sbuffi di fumo, perché, nel sonno, basse erano le fiamme. Sotto di lui, sotto tutte le membra e la grossa coda avvolta in spire, e intorno a lui, da ogni parte sul pavimento invisibile, giacevano mucchi innumerevoli di cose preziose, oro lavorato e non lavorato, gemme e gioielli, e ar­gento macchiato di rosso nella luce vermiglia. Le ali raccolte come un incommensurabile pipistrello, Smaug giaceva girato parzialmente su un fianco, e lo hobbit poteva così vederne la parte inferiore del corpo, e il lungo, pallido ventre incrostato di gemme e di frammenti d'oro per il suo lungo giacere su quel letto sontuoso."

Lo Hobbit, “Notizie dall’interno”.


Smaug è molto più simile a Glaurung che ad Ancalagon: gli piace parlare, è incuriosito da Bilbo e ha dei modi molto più vicini a un lord con cui prenderesti il tè, che a qualcuno che brucia un esercito di Lannister. Smaug arriva a Erebor, la Montagna Solitaria, circa duecento anni prima degli eventi del Lo hobbit, attratto dalle ricchezze dei nani lì accumulate. In brevissimo tempo non solo conquista il regno nanico, ma devasta l’intera area circostante, causando l’abbandono di Dale e dando vita alla Desolazione di Smaug. È nemmeno a dirlo, il principale nemico di Thorin nello Lo hobbit, per quanto il libro non si chiuda con la sua morte (che è un po’ una caratteristica dei due romanzi di Tolkien).

Come tutti i draghi, anche Smaug è dotato di una pelle impenetrabile ma, esattamente come i suoi compagni di stirpe, ha nel ventre (e nella superbia) il suo punto debole. A differenza degli altri, però, lui fece in modo di proteggersi ricoprendosi di pietre preziose, in modo da prestare meno il fianco a fini ingloriose. Come tutti i draghi, però, e come generalmente tutte le creature malvagie, anche Smaug ha un punto debole, che Bilbo puntualmente scopre, così come Bard, che grazie a una freccia particolarmente ben tirata riesce ad abbattere il drago, che era uscito dalla sua tana in un accesso d’ira per distruggere la vicina Pontelagolungo. E a morire per colpa di un tordo.

Con la fine di Smaug, sparisce anche l’ultimo drago (conosciuto) della Terra di Mezzo, sempre più libera dalle creature fantastiche e sempre più in mano agli uomini.

Questo articolo fa parte della Cover Story dedicata a Il trono di spade e al fantasy lercio, che potete trovare riassunta a questo indirizzo.