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Avengers: Endgame - Ho scritto Thanos con la sabbia

Parliamoci chiaro. Dopo aver visto Avengers: Endgame l’unica cosa che puoi fare è girarti verso chi hai di fianco, parlare di quelle due o tre scene lì, quelle che hanno lasciato quelle tre ore di film ginormico per incidersi a fuoco nella memoria collettiva, andare a casa e farti una bella doccia. Ripensare a tutto, con calma, ché alla fine è come riattraversare dieci anni di vita in tre ore, e le robe da analizzare sono infinite. Di sicuro, l’ultima cosa sensata da fare è mettersi davanti a una tastiera e cercare di scrivere di questi dieci anni, di Avengers: Endgame, di quelle due o tremila scene lì, in meno tempo di quello che dura il film. Ma, del resto, non ho mai seguito il mio buon senso, e alla fine sto scrivendo un pezzo solo perché volevo mettere nero su bianco la cazzata che leggete nel titolo. Tranquilli, comunque, sono il primo che sa che non mi leggerete, che non state cercando spoiler (non li avrete), e soprattutto che avete già il biglietto per la prima di domani (oggi), ché del resto ce l’ho anch’io, e solo per caso sono finito all’anteprima stampa.

Se già con Infinity War i fratelli Russo si erano superati, giocando con le aspettative del pubblico, col ritmo di mondi cinematografici distanti - è il caso di dirlo - anni luce l’uno dall’altro, con Endgame il duo porta tutto questo su un gradino più alto, giostrando fatti e situazioni con estrema sapienza e imbastendo quello che, di fatto, è davvero il coronamento di un cammino lungo dieci anni.

Una tela gigantesca, che come nel film precedente prende ogni minuto del suo tempo, senza sconti, per raccontarci quello che è stato, quello che è e quello che sarà dell’universo cinematografico Marvel. Per immagini e per bocca del suo gigantesco cast, Avengers: Endgame non si risparmia mai, forse per certi versi esagera (ma forse era inevitabile, e in fin dei conti sarebbe sbagliato fargliene una colpa), ma alla fine dei giochi dipinge forse le immagini più clamorose, toccanti e genuinamente emozionanti di questa cavalcata contro Thanos.

È difficile processare tutto, dare il giusto peso a quanto detto, fatto e visto negli ultimi dieci anni. È difficile pensare a cosa dire, come rispondere alla carrettata di sensazioni nate da un film che, sì, è probabilmente la definizione di carrozzone cinematografico, ma forse basta dire questo: Avengers: Endgame è una sorpresa.

Una sorpresa per come ti accoglie dopo tutto quello che è successo, per come reagisce, per come ti prende a schiaffi dopo neanche dieci minuti dall’ingresso in sala. Una sorpresa perché ti racconta, ti prende in giro, ti fa dubitare di tutte le tue sicurezze. Una sorpresa per come ripercorre dieci anni arricchendoli, giocandoci, con una bravura e una naturalezza che può avere solo chi quei dieci anni li ha scritti. Una sorpresa nel modo in cui tira fuori un tatto, una delicatezza, una meraviglia emozionale che nulla ha che vedere con i superscemi in calzamaglia, e che davvero giunge inaspettata. Una sorpresa, clamorosa, quando decide di ricordarti quanto cazzo è importante un cattivo per tratteggiare l’eroe… anzi, cosa dico, gli eroi… anzi, cosa dico, la splash screen più “uà” che potete avere in testa.

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Avengers: Endgame analizzato in lungo e in largo | Outcast Popcorn Outcast Staff

Alla fine, non è un caso che per chiacchierare dei film Marvel si è sempre parlato di fasi e, a ben pensarci, più che la chiusura di un cerchio, Avengers: Endgame è la fine di una fase. Una fase lunga dieci anni, che ci ha chiesto tanto e ci ha dato tanto, e che non è possibile raccontare così, con due parole al volo. Nel corso di questi dieci anni ci siamo incazzati, ci siamo annoiati, abbiamo riso, ci siamo gasati, ci siamo innamorati, abbiamo avuto paura, speranza, ci siamo emozionati fortissimo e, nonostante Thanos ci abbia coperto di sabbia, siamo ancora qui per raccontarlo. E la cosa che conta di più, e di cui mi sono reso conto davvero solo oggi, alla fine di Endgame, è che sepolti sotto la sabbia, sotto le scrittine sceme, sotto le fasi della vita che si chiudono e si aprono, di questi dieci anni rimangono quei momenti in cui ci siamo girati verso la persona che ci sedeva di fianco al cinema per assaporare insieme la sorpresa, la meraviglia, il gusto di aver visto qualcosa di irripetibile, e sognare insieme gli anni che verranno.

E, anche solo per questo, Avengers: Endgame è un filmone.

Ho visto Avengers: Endgame in italiano, grazie a un invito del distributore. Qui è dove dico di andarlo a vedere in lingua originale, e là è dove mi spernacchiate, perché vuoi mettere l’hype?

Questo articolo fa parte della Cover Story dedicata agli Avengers, che potete trovare riassunta a questo indirizzo.