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Akudama Drive: party like it's the '90s

Immaginatemi nel mio salotto.

La fiamma del caminetto, unica luce assieme alla lampada da lettura vicino alla poltroncina, illumina tremula la collezione d’arte alle mie spalle. Sì, quello è un Van Gogh, potreste non distrarvi?
Dicevo: sono seduto sulla mia poltrona di spalle alla luce, intento a caricare la pipa di radica. Un bicchiere di brandy mi conforta in questa umida serata novembrina.

Con un cenno del capo, ammetto di aver sentito la vostra domanda:

Akudama Drive? Mah, caro ragazzo, cosa vuoi che ti dica? Parliamo di una serie che ha una trama da inserto omaggio de Il mensile dello sceneggiatore, la versione per scrittori wannabe di Men's Health. I personaggi sono più sottili della pellicola che li ospita, ed è ormai dal 2010 che gli animatori non disegnano più su pellicola, ma su digitale.
[puff]
E ti prego, non farmi parlare dei dialoghi, che fanno sembrare i punk di Ken il guerriero Alessandro Barbero mentre spiega la dinastia dei Borgia.

Insomma, mio caro… OMMIODDIO MA E' FIGHISSIMA QUESTA SCENA, CHE COLORI!! MAMMA MANDAMI A PRENDERE IL LATTE CHE VOGLIO SPOSARE LA PROTAGONISTA E LA PORNODOTTORESSA OGGI! SUBITO! ADESSO!! E PICCHIATORE FA DA TESTIMONE E PADRINO DEI NOSTRI VENTI FIGLI!!!!!

Ah, no?

Ecco, la situazione di cui sopra è probabilmente l’unico modo per descrivere il mio atteggiamento verso Akudama Drive, serie dello storico Studio Pierrot trasmessa in simulcast su VVVVID che, non so come dirla in altri modi, è un oggetto imbevuto di rule of cool, pompata di steroidi con guarnitura di crema alla bamba e pasticche.

Il character designer Rui Komatsuzaki, già pennino dietro a Dangarompa, e il regista Tomohisa Taguchi, a cui si devono due dei quattro meravigliosi film di Persona 3 (grazie!), animano uno staff composto da gente che di mestiere non pettina bambole. Il risultato è un mercatino di stilemi kitsch anni Novanta messo in mano a una direzione artistica con i contromaglioni, che immerge personaggi ed ambientazioni in un calderone di linee morbide e pesanti, e campiture, fasciature e spruzzi di colori fluo sgargianti, sì, eppure malati come quelli dei certa fantascienza anime hard boiled anni Novanta.

La opening punk-psichedelica rende piuttosto bene l’idea.

Come l’ispirazione grafica, anche il soggetto arriva dritto dritto dagli anni Novanta di Cyber City Oedo 808 e di Armitage III; quel meraviglioso periodo di anime cyber-qualchecosa (punk?) con protagonisti queer e stilosi dalla moralità decisamente sfumata (nel senso che è proprio evaporata) e dalla personalità riassumibile con le tre “A”: Arroganza, Azione e Ignoranza.

Abbiamo quindi la barzelletta distopico-regionalista di una Osaka governata a distanza dalla regione del Kanto (cioè, Tokyo), dopo che il Kansai ha perso una guerra civile a suon di ordigni in grado di alterare in maniera permanente l’ambiente. Abbiamo cinque super criminali (gli Akudama) qualificati solo dalla loro classe (Corriere, Hacker, Picchiatore, Dottoressa, Assassino); un malvivente di mezza tacca e una brava ragazza piuttosto sfortunata obbligati a portare a termine una missione suicida con una montagna di denaro come premio, e il classico collare esplosivo come garanzia. Abbiamo, ancora, un obiettivo che non è quello che sembra, assieme al più classico corpo di super-sbirri.

La ending, invece, boh.

Un listone di banalità vintage che concentra e comprime a tal punto l’apparenza da lasciare lo spettatore ipnotizzato, e che balla su quel sottilissimo filo del rasoio per cui è un attimo passare da “figata!” a “ho buttato via tempo della mia vita”.

Akudama Drive è disponibile in streaming, sottotitolato in italiano, su VVVVID. Pura apparenza tamarra che funziona finché funziona, e finche funziona vale l’esperienza.