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Racconti dall'ospizio #127: God of War III se n'è andato così come era venuto

Racconti dall’ospizio è una rubrica in cui raccontiamo i giochi del passato con lo sguardo del presente. Lo sguardo di noi vecchietti.

God of War 2 era finito con un cliffhanger micidiale, che trasudava “terzo capitolo” da tutti i pori. Oggi nei, videogiochi come al cinema, l'idea di trilogia obbligata (per iniziare, poi si va avanti finchè il pubblico non ne può più) è ormai prassi, ma nel 2007 mica tanto, perlomeno in ambito videoludico. Già tantissime erano le saghe in corso, ma c'era sempre l'idea di fare capitoli che che avessero un'inizio e una fine, che davano spunti per proseguire ma non ti lasciavano a pochi secondi dall'orgasmo. God of War II, no: capito il successo della serie già dal primo episodio, ci ha raccontato una storia fantastica tagliando la battaglia finale. Quella tipica, che si vede sempre sul grande schermo, il terzo atto. Lasciava Kratos in groppa ai titani gridando verso l'Olimpo... ma sono dovuti passare ben tre anni, per darci quell'ultima scena che mancava all'appello.

(Sì, beh, Halo 2 non è che facesse una cosa molto diversa ed era precedente di quasi tre anni. ndgiopep)

Nel 2010, PlayStation 3 è esplosa dopo un inizio di generazione piuttosto debole e God of War III ha rappresentato degnamente l'ascesa della console. Tecnicamente mostruoso (la versione PlayStation 4 ha davvero dovuto fare il minimo sindacale, per aggiornare il gioco), tirava fuori i muscoli del monolito nero di Sony. Ma la tecnica da sola non basta, il pubblico chiede gli si racconti qualcosa. E parte del problema del terzo capitolo è questo: esaspera per una decina di ore quello che avrebbe potuto raccontare il secondo capitolo, con una parte tagliata.

Il gioco è una lista della spesa: Kratos spunta uno a uno i nomi degli dei che gli mancano da fare fuori per vendicarsi di una vita di soprusi, anzi, per vendicare il mondo intero. Ma scoprirà che la vendetta può portare a conseguenze molto gravi. Ecco, God of War III esaspera tutto, il sangue, la cattiveria del nostro spartano preferito, ovviamente sempre più gratuita; l'esagerazione si annida in ogni angolo, le morti assurde, che hanno come vittime le divinità più disparate, a cui Kratos frega di volta in volta i potenziamenti necessari per proseguire, come quando cattura Hermes e gli ruba i sandali, senza sfilarli, preferendo tagliargli direttamente le gambe. Si ride parecchio, diciamolo, ogni tanto alzando il sopracciglio e sospirando.

Per risolvere gli enigmi, due teste sono meglio di una, tanto vale portarsela dietro!

Il gameplay è quello di sempre e ricordo con piacere gli enigmi legati al tempo, un po' meno il fatto di averli piazzati nei punti più sbagliati, quasi a interrompere per forza l'azione e la scorrevolezza del tutto. Luci e ombre: descritto così, sembra quasi che God of War III faccia cagare. Tutt'altro, si lascia giocare che è un piacere, ma come accade a volte per i terzi capitoli, il suo problema più grande è l'esistenza del secondo, che invece era perfetto, dosato.

Ecco, God of War III mi è rimasto meno nel cuore, forse perché l'ho aspettato tanto. Al momento di giocarci, ti fa venire gli occhi a palla e il desiderio di vedere altro sangue, passando da un dio all'altro, uccidendo tutti tranne Afrodite, che Kratos preferisce trattare in altri modi, che non han mai mancato di far discutere il mondo dell'Internet più bigotto (o, a volte, anche solo quello con eccessivo buon gusto. E che soddisfazione riempire il sangue di rosso sferrando finalmente una dose infinita di pugni sul volto di Zeus. Poi arriva il gran finale: Kratos è vivo sì, è vivo no (sì dai, mi sembra proprio lui quello del nuovo gioco su PlayStation 4), e il gioco inizia piano piano a svanire. Quelle cose belle ma effimere. Di Kratos che guida un gruppo di giganti verso l'Olimpo, invece, non mi scorderò mai.

Questo articolo fa parte della Cover Story su God of War, che potete trovare riassunta a questo indirizzo.