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Lightfield - Su un filo di luce

A costo di fare la più banale delle affermazioni, dico che è sempre molto difficile trovare innovazione in questo settore, troppo spesso costruito sulla base di sequel e remake che, pur essendo piacevoli, non regalano grandi emozioni. È ancora più difficile che l’innovazione, di cui tanto mi piace blaterare, riesca ad apportare qualcosa di riuscito e concreto. Lightfield sembra riuscire in entrambe queste intenzioni, tentando, e in gran parte realizzando egregiamente, un approccio fresco e originale al mondo delle corse futuristiche.

Pur contentissimo del “revival” degli ultimi anni, non posso negare che i canoni del genere si siano cementificati con serie del calibro di F-Zero e WipeOut, cambiando molto poco negli ultimi vent’anni o giù di lì. I prodotti degni di nota ci sono stati, ma si è quasi sempre trattato di variazioni sul tema, approcci laterali ma non radicalmente differenti da quei punti fermi piantati nella nuda terra del gaming tanti anni or sono. Illuminato sulla via di Damasco prima alla GDC 2017 e poi da un’anteprima scritta qualche mese fa, sono finalmente venuto in possesso della versione definitiva (a meno di orpelli) di Lightfield, sperando che riuscisse a confermare le mie buone impressioni.


Il succo è che Lightfield ci riesce, pur con qualche riserva. Ma una cosa per volta: Lightfield propone un approccio abbastanza matto al genere delle corse futuristiche, combinando meccaniche di corsa ad alta velocità con quelle tipiche del parkour. Niente di più assurdo, direte voi. E vi capisco, perché avrei detto lo stesso, ma in realtà questo strambo calembour funziona più di quanto dovrebbe. La navicella a nostra disposizione è innanzitutto in grado di volare a 360 gradi, come un qualsiasi aeromobile in assenza di gravità, a una velocità non esattamente esorbitante. Ma alla pressione di un pulsante è in grado di agganciarsi a una superficie solida della mappa, a patto che ce ne sia una sufficientemente vicina. Così facendo, le velocità diventano smodate e ricordano quelle viste in altri giochi del genere. È un meccanismo tanto semplice quanto geniale: niente aerofreni, niente fronzoli e totale libertà nell’attraversamento dei circuiti. L’attenzione si sposta dalle classiche meccaniche di corsa (dosare acceleratore, freno e sterzata) a qualcosa di sostanzialmente differente. Per poter competere con gli avversari, è infatti necessario ingegnarsi in spettacolari esibizioni, nelle quali ci si aggancia e sgancia dalle superfici, cercando la traiettoria migliore, la più veloce o anche la più semplice da mettere in atto. È un trionfo del principio di conservazione della quantità di moto, migliore amico di qualsiasi giocatore di Lightfield e in grado di aiutarlo a limare preziose frazioni di secondo sul tempo del giro, mentre salta di parete in parete.

Le tracce di luce à la Tron hanno anche l'utilità di mostrare le traiettorie dei nostri avversari.

Se cercate un’esperienza piena e ricca di contenuti, però, Lightfield probabilmente non fa per voi. È un titolo minimale, che si concentra sul fornire al giocatore un’esperienza essenziale, soprattutto nelle modalità che propone: non è infatti presente nessuna carriera, ma solo una serie di tracciati da sbloccare e nei quali è possibile competere in normali gare o semplicemente alla ricerca del tempo migliore. A sottolineare la ricerca di un’esperienza di gioco eremitica e isolata da fattori esterni, ci pensano l’assenza totale di strumenti offensivi e il fatto che i nostri avversari risultano completamente incorporei. Niente sportellate col coltello fra i denti all’uscita di quella brutta curva, quindi, ma solo un’esplorazione zen dell’animo umano, mentre si cerca tutta la concentrazione del mondo per portare a termine il giro nel miglior modo possibile. Tutto questo si tramuta in un’esperienza decisamente affascinante ma forse poco coinvolgente, specie per i non avvezzi al genere, che Lightfield non prova in alcun modo ad incoraggiare, fornendo magari ricompense che vadano al di là dello sblocco dei tracciati più difficili o di un numerino particolarmente basso come tempo sul giro.

Lightfield è in ogni momento uno spettacolo per gli occhi.

La varietà dei sette percorsi è comunque buona, offrendo approcci particolarmente diversi alle mappe di gioco. I primi tracciati sono semplici, lineari, senza superfici frammentate, fino ad arrivare al caos totale dei livelli finali. Le ambientazioni sono futuristiche, a volte con spunti organici, anche se in certi casi non brillano particolarmente per originalità visiva e spesso, a meno di cambio di palette, tendono ad essere molto simili a loro stesse. Buona anche la colonna sonora del produttore di musica elettronica viennese Zanshin, che però scorre come se fosse una playlist su Spotify, senza che il brano cambi per ogni tracciato e quindi spesso risultando “fuori tema” rispetto alle situazioni. Tecnicamente, il tutto ha qualche singhiozzo nello streaming del caricamento dei livelli, ma niente che non possa essere risolto da una patch, già annunciata, al day one e in generale le gare scorrono fluide come burro fuso. Da segnalare ed encomiare anche la presenza di un multiplayer locale in split-screen, un piacere spesso bistrattato e dimenticato in tempi moderni.

Mi sarei aspettato sicuramente qualcosa di più in termini di contenuti, rispetto alla versione da me provata qualche mese fa che è virtualmente identica a questa, fatta eccezione per un numero maggiorato di tracciati, ma a parte questo non riesco a voler male a un gioco un po’ essenziale in ciò che offre, ma comunque forte di un approccio decisamente originale e riuscito a un genere fin troppo risaputo. È un “frechete meno meno” quello che mi appresto ad assegnare, da amante del genere, ma abbastanza certo che per chiunque altro potrebbe essere un’esperienza più limitante del dovuto.

Ho giocato a Lightfield su PlayStation 4 grazie a un codice gentilmente fornito dagli sviluppatori, impiegando appena un paio di ore per sbloccare tutti i tracciati e ottenere una valutazione “Avanzato” o superiore su ognuno di essi. Volendo, avrei potuto continuare a limare i miei tempi sul giro ma il gioco sembra non proporre alcun incentivo per farlo, fatto salvo per un paio di achievement. Lightfield è disponibile anche su Xbox One.