Outcast

View Original

L'oscura verità di Black Mirror

Quando mi è stato proposto di recensire Black Mirror, nella mia sconfinata ignoranza, ho immaginato si trattasse di un gioco ispirato alla serie TV ora prodotta da Netflix. Con mille domande in testa su un progetto così strambo (insomma, portare avanti un progetto su una serie TV distopica con episodi uno diverso dall'altro non sarebbe cosa da poco), appena ho installato il gioco ho colto che forse, ma forse, eh, non avevo capito nulla.

Black MIrror infatti è il remake, anzi il reboot, di una serie di avventure grafiche nata nel 2003, composta da tre titoli usciti poi negli anni successivi. Passato il momento di disallineamento mentale (chiusosi con un sonoro facepalm sulla mia fronte), mi sono lanciato a capofitto nelle atmosfere lugubri e inquietanti dell’avventura targata THQ Nordic e King Art Games.

Il gioco si apre in maniera abbastanza secca, senza troppi abbellimenti o ghirigori grafici, con una sequenza giocabile in cui seguiamo la sinistra morte di un uomo che, vagando per le campagne scozzesi, in una notte buia e oscura, si imbatte in un altare druidico, dove, sconvolto da una visione, si toglie la vita dandosi fuoco, proprio al centro del cerchio di pietre, portandosi nella tomba un importantissimo segreto. Già da questa sequenza iniziale, si intuisce purtroppo che Black MIrror non è uno di quei giochi che fanno della tecnica e della pulizia grafica il loro punto di forza. Sia nelle cutscene, sia durante il gioco vero e proprio, si ha l’impressione di avere davanti una produzione di cinque o sei anni fa, con modelli poligonali obsoleti, animazioni legnose e un metodo di controllo impreciso.

Le cose non migliorano con l’inizio del gioco vero e proprio. Infatti, dopo l’incipit descritto poco sopra, entra in scena il vero protagonista, David Gordon, figlio dell’uomo suicidatosi nell’introduzione, che per una tradizione familiare è costretto a tonare a casa da un suo viaggio in India, per sbrigare le formalità della successione dei beni del padre. Tra questi, la parte più importante è il sinistro maniero che fa da ambientazione principale dell'intero gioco,  il cui nome in gaelico è Sgathan Dubh, ovvero il Black Mirror del titolo.

Come dicevo, con l’inizio dell’avventura vera e propria, la cose non migliorano. Controllare David nei meandri del castello annegato nell'oscurità è ostico, non tanto per chissà quali enigmi o trappole, ma perché il personaggio si incastra spessissimo tra i mobili delle stanze, con la telecamera che non aiuta certo a capire perché David non riesca a proseguire verso quel determinato oggetto. Ho provato il gioco su PC e quindi ho potuto testare sia i comandi con la combo mouse e tastiera, sia quelli con il pad, e in entrambi i casi mi sono trovato in difficoltà nel gestire personaggio e telecamera (che si muove secondo binari predefiniti ma contemporaneamente può effettuare una panoramica, tramite la levetta sinistra del pad o il mouse).

Anche l’interazione con gli oggetti risulta farraginosa, con il comando per prendere o esaminare gli indizi nelle varie stanze che non sempre si attiva con precisione. Le cose migliorano quando ci si muove in spazi più aperti, dove le problematiche di interazione con il fondale diminuiscono sensibilmente, ma la pochezza di cose da fare in queste aree non aiuta certo ad apprezzarne la libertà o vastità. Alquanto inaccettabili, invece, sono i momenti in cui il giocatore è costretto ad attendere davanti ad una schermata nera durante il passaggio da un ambiente all'altro, che solitamente si risolvono in cinque, sei, nei casi peggiori anche dieci secondi di attesa. È evidente che il gioco non è stato ottimizzato in maniera corretta, cosa che si nota anche dalle ventole di raffreddamento che partono in quarta senza che la mole poligonale richieda particolare potenza al computer.

Il  fatto è che in giochi simili una certa povertà tecnica e qualche magagna dovuta ad un budget evidentemente non stellare sono comprensibili, ma solitamente la parte forte è quella relativa alla trama e alle atmosfere che riescono ad inquietare il giocatore anche con pochi mezzi. Basta pensare a piccoli gioielli come The Last Doorche con quattro pixel fa venire la pelle d’oca dalla paura, o anche semplicemente al primo Alone in The Dark, che ancora oggi, pur nella sua preistoricità grafica, riesce a trasmettere qualcosa.

Ecco, purtroppo Black Mirror non brilla neanche da questo punto di vista. Il clima tipico di un racconto di Edgar Alla Poe risulta troppo semplicistico per come è sviluppato, non riuscendo a coinvolgere il giocatore anche semplicemente nell'appassionarsi alla trama. Certo, ci sono oscuri intrighi, qualche colpo di scena apprezzabile e gli enigmi interessanti non mancano, ma è tutto davvero troppo poco per giustificare la frustrazione dovuta ad un sistema di controllo irritante e un comprato tecnico a dir poco inadeguato.

È un peccato, perché il potenziale, soprattutto a livello di ambientazione, c’era ma, forse per un investimento non all'altezza o per una gestazione del progetto frettolosa, Black MIrror è un gioco che non può appassionare il target che si è preposto di aggredire e risulta un ibrido che non ha il carisma di un’avventura grafica horror dura e pura, e ovviamente non ha neanche l’appeal tecnico di un Until Dawn per attirare un pubblico più orientato allo spettacolo.

Ho giocato a Black MIrror su PC grazie a un codice Steam gentilmente inviatoci dal distributore. Ho esplorato la magione maledetta e i suoi dintorni  per sette ore circa alla ricerca della verità sulla famiglia Gordon. Il gioco è localizzato in italiano per quanto riguarda i testi e menù di gioco mentre il parlato è in inglese. La speranza è che KING Art e THQ Nordic facciano con il prossimo episodio un lavoro più curato e intrigante. Black Mirror è disponibile anche su PlayStation 4 e Xbox One. Come al solito, se acquistate il gioco su Amazon passando dai nostri link, ci fate ricevere una piccola percentuale di quanto spendete, senza sovrapprezzi per voi. Potete farlo su Amazon Italia a questo indirizzo qui o su Amazon UK a quest'altro indirizzo qua