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Le serie animate DC: Ottant'anni di avventure tra alti(ssimi) e bassi(ssimi)

Avete letto queste quattro frasi con una melodia ben precisa in testa, le avete lette cantando, non mentite. Anche se avete più di quarant'anni e siete cresciuti con altri cartoni animati o coi cartoni animati non ci siete cresciuti proprio. Però lo avete fatto, avete sentito dentro di voi Cristina D'Avena cantare queste frasi. Se non è così, avete semplicemente mentito a voi stessi, al vostro cervello. E qual è lo scopo delle sigle? Rendere immortali le serie animate che accompagnano, che ci fanno divertire e sognare da bambini ma che possiamo provare a esaminare anche da adulti, perché a volte hanno da qualcosa da dire anche a noi (se siete del partito “animazione = per forza per bambini”, per cortesia, alzatevi e lasciate questo articolo, grazie). Ma arriviamo al dunque, arriviamo ai fumetti di supereroi che si animano su schermo. Una produzione sterminata, anche perché prima degli anni Duemila, era difficile portare al cinema le avventure dei tizi in costume e far sì che fossero credibili anche per chi non leggeva fumetti (e, allora come oggi, era più pronto a pupparsi di tutto). Farlo in animazione era nettamente più semplice, vista la sensazione di “fumetto che si muove” che questa tecnica può trasmettere. DC Comics conosceva bene le potenzialità dell'animazione e al diffondersi di quest'ultima non ci ha pensato due volte a portare su schermo i suoi personaggi più famosi, mirando a un pubblico più variegato possibile. Si è anche affidata a grandi studi di produzione (la maggior parte delle cose sono sotto l'etichetta Warner Bros, che dagli anni Novanta ha acquisito tutta la baracca DC e produce tutto ciò che va in TV o al cinema)

Non è la sede e il tempo di parlare dei film di animazione: limitiamoci alle serie che, come detto, sono parecchie, e cerchiamo di destreggiarci tra le più famose e le più meritevoli (non sempre le cose vanno di pari passo, lo sappiamo). Cominciando dall'alba dei tempi dell'animazione, ancora prima che la Seconda Guerra Mondiale potesse finire, quando l'emblema della DC (e di un po' tutti i supereroi) calcava già le scene nei cinema di tutto il mondo, dato che la TV ancora non esisteva. Parliamo proprio di lui, Superman, calzamaglia blu, mutandoni rossi.

Siamo nel 1941, i Fleischer Studios (Braccio di Ferro, Bosko, Betty Boop... ) realizzano Superman, conosciuto anche col titolo The Mad Scientist, cortometraggio animato distribuito dalla Paramount, che gli varrà una nomination come miglior corto animato agli Oscar del 1942 (vincerà il film Disney Porgimi la zampa). Questo, così come gli altri corti di questa serie, nata dall'ottimo riscontro del primo esperimento, è ora di pubblico dominio, in quanto DC Comics non riusciva letteralmente più a trovare le carte che ne dimostrassero la proprietà intellettuale. Tuttavia, i diritti accessori e i master originali sono stati acquistati dalla Warner Bros., manco a dirlo. La potenza di Superman dei Fleischer Studios, come ogni altro loro lavoro, sta tutta nell'animazione, nelle movenze iper-realistiche, fluide, nelle scene epiche accompagnate da musiche orchestrali. Seppur le trame appaiano semplici e i dialoghi ancora di più, hanno un gusto per le inquadrature e per la narrazione semplicemente eccezionali.

Si trovano ovunque in rete, vista la loro natura free, e anche in raccolte su DVD o Blu-ray, o come extra nelle varie edizioni dei film di Superman. Sicuramente li avete visti un po' dappertutto, dalla Rai alle TV private tra gli anni Ottanta e Novanta (al cinema da noi non arrivarono mai) e solo vedendone qualche pezzo mi sembra impossibile non possiate non riconoscerle. Hanno ispirato tutti i più grandi animatori, sia occidentali che orientali (sicuramente Hayao Miyazaki) e sono ancora oggi un piccolo tesoro di animazione.

Arriva la TV, arriva un pubblico ampissimo da stregare, tuttavia fino agli anni Sessanta niente calzamaglia su schermo. Ci penserà la Filmation (quella di He-Man e pure del vecchio cartone Ghostbusters, gli acchiappafantasmi col gorilla, insomma) a crearsi un mini-universo seriale di serie indipendenti, che a volte facevano mini-crossover. Insomma, tutte le serie di oggi non hanno inventato nulla. Qui in mezzo possiamo trovare altre serie di Superman, una su Aquaman e una pure di Batman, con quel tratto che è stato poi riutilizzato per la sigla del telefilm con Adam West. Trame semplici prese direttamente dai comics di quegli anni, dove Batman incontrava gli alieni e i criminali rubavano cose come statue di pinguini giganti, forse da mettersi in salotto. Anche qui, le TV italiane hanno fatto razzia, proponendo queste serie come tappabuchi per i programmi per ragazzi. Nella mia mente erano si e no tre serie, mentre controllando meglio esce che fossero almeno sei, tutte solo su Batman e Superman, contando anche gli speciali crossover lunghi che venivano divisi in puntate, la serie su Aquaman e quella su Superboy, oltre alle avventure di Clark Kent teenager.

Se si parla di animazione in TV e di anni Sessanta, due nomi entrano di forza nelle teste di tutti: William Hanna e Joseph Barbera, che con la loro casa produttrice "al risparmio" inventano I Flintstones (Gli antenati), I Jetsons (I pronipoti), Wacky Races, Scooby-Doo... di tutto e di più. Tutto, però, con lo stesso medesimo stile. La Hanna-Barbera ci propone la versione Scooby-Doo dei personaggi DC, giocandosi la carta della serie corale con la Justice League, i cui membri vengono rinominati nel titolo Superfriends, che qui in terra nostrana diventa la Lega dei Superamici. La formazione è abbastanza classica, con l’aggiunta però di Wendy e Marvin, due bambini non molto furbi, assieme al loro cane Wonderdog, creati appositamente per lo show, quasi a essere l’avatar dei bimbi spettatori che seguivano la serie. Brutti e inutili come succede sempre in questi casi.

Ora, giù la maschera: lo sappiamo tutti che era una serie brutta, dall'animazione scadente e legnosa ma senza l’ironia che salvava Gli antenati. Gag e trovate uscite direttamente dall’asilo e tutti i suoni bizzarri della scuderia Hanna-Barbera ma, volenti o nolenti, si è saputa imporre e la conoscono tutti. Su internet è una fucina sempiterna di meme e in un modo o nell’altro è quella che più di tutti ha fatto capire al grande pubblico che gli eroi DC si muovono in un mondo unico e combattono insieme per salvare noi poveracci. La sigla che elenca gli eroi è di un kitsch meraviglioso, doppiata in italiano ancora di più. L’aereo invisibile di Wonder Woman, che era invisibile solo lui e chi c’era dentro era ben visto da chiunque, come se volasse seduto in cielo, è qualcosa che non ho mai capito. Probabilmente non l'ha mai capito nemmeno chi scriveva la serie.

Gli anni Settanta e parte degli Ottanta passano così, tra Hanna-Barbera e Filmation, niente guizzi particolari, solo una sovraproduzione da collasso delle incarnazioni più disparate di questi benedetti Superamici. Almeno fino ad arrivare al 1988 , quando c'è un tentativo di cambiamento con una breve serie su Superman della Ruby-Spears Production, che lo riporta sui binari completamente sminchiati degli ultimi anni, cercando di legarsi ai fumetti e proponendo fra tutti un Lex Luthor come nemico ricorrente. La serie si spegne dopo un'unica stagione da tredici episodi, ma si apprezza il tentativo. Niente fino a quel momento, comunque, ha saputo eguagliare il Superman dei Fleischer Studios. Tocca aspettare i primi anni Novanta.

Qui si fa il saltone. Sulle TV americane, il 5 settembre 1992 va in onda la prima puntata di Batman: The Animated Series, nome semplice e diretto, seguito spirituale dei due film di Tim Burton che hanno impazzato al cinema (tanto che il look della serie prende a piene mani dalle pellicole). Il tema musicale è lo stesso, con un Danny Elfman che ti entra nelle orecchie e ti fa esplodere il cuore. Un look minimal dei personaggi, trame adulte e atmosfera cupa da noir anni Cinquanta. Un cast di attori irripetibile, con Kevin Conroy nei panni di Batman, personaggio che ancora porta avanti, dai film Lego ai giochi della serie Arkham, passando per le mazzate di Injustice. Se c’è Batman e la voce non è di Conroy, qualcosa non è andato come dovrebbe. L’altra faccia della medaglia è il Joker, la nemesi del pipistrello, portato alla vita da Mark Hamill, reduce dai successi di Star Wars, sfigurato e con una carriera destinata a spegnersi a Hollywood, che si butta nel teatro e ci regala il miglior Joker di sempre. Se nei sondaggi rispondente Heath Ledger, nell’acido ci dovete finire voi, senza però salvarvi come il Joker. Forse prima o poi vi spiegherò perché quella de Il cavaliere oscuro è una prova attoriale della madonna ma ciò è diverso da “è il Joker”.

Ma non divaghiamo, la serie è una bomba, gli attori recitano a dei microfoni tutti nella stanza, roba praticamente impossibile da vedere in una sala doppiaggio, creando un effetto teatrale bellissimo, di gente che si risponde in faccia e non guardando uno schermo. La serie di Bruce Timm annovera fior fior di animatori, che fanno danzare Batman come una macchia scura pronta per stendere a pugni i criminali, in un turbinio di chiaroscuri che è difficile descrivere a parole. Sono le immagini a dover parlare. Le immagini e le trame di scrittori come Paul Dini, che hanno creato alcune fra le migliori storie del Pipistrello mai narrate. A Dini si deve la creazione delle origini di Mr. Freeze, per dire, con la storia della moglie Nora, in coma e ibernata in attesa di cure, che ha trasformato Victor Fries in un personaggio profondo come non mai. La serie ha dato i natali al personaggio di Harley Quinn, che solo dopo è arrivato nei fumetti, con tutti i pro e i contro che ne conseguono, quando si parla di questo personaggio e della sua tracotante presenza nella cultura pop. Una serie meravigliosa, che entra di diritto tra le migliori produzioni televisive animate di tutti i tempi. In patria, la sua uscita in home video è stata parecchio travagliata e in Italia non è mai stata pubblicata integralmente. Nel 2018 arriverà il cofanettone Blu-ray, ed era anche ora, sperando si faccia vedere anche qui. Cos'altro aggiungere? La verità è che non c’è più nulla da dire che non sia già stato detto, anzi, forse non si dovrebbe mai smettere di parlarne. Nel dubbio, passiamo oltre. Tra l’altro, in italiano aveva uno fra i doppiaggi più belli di sempre e anche se siete contro ogni forma di adattamento in lingua diversa dall’originale, non potete voler male al Batman di Marco Balzarotti o all'Enigmista di Daniele Demma, per citarne alcuni. A proposito, ciao Daniele, mi mancheranno i tuoi sfottò quando non sapevo risolvere i tuoi enigmi nella serie Batman: Arkham.

Nasce così quello che nel decennio successivo, fino a metà degli anni Duemila, è stato ufficializzato come il DC Animated Universe. Alla meravigliosa serie di Bruce Tim e Paul Dini si affiancano altre produzioni, tutte ambientate nello stesso universo narrativo, tutte con lo stesso tratto spigoloso, ma che mai eguaglieranno i fasti dell'animazione della serie dell'uomo pipistrello. Ricordiamo Superman: The Animated Series, che ha generato anche qualche crossover con Batman, che non aveva il fascino di Gotham City e delle atmosfere cupe cullate da Elfman, ma sapeva difendersi, con una Metropolis illuminata dal sole e situazioni ovviamente più da fine del mondo, perché di Superman si sta parlando. È arrivato poi il turno di The New Batman Adventures (in Italia Batman: Cavaliere della Notte), seguito di The Animated Series, in cui il look del DC Animated Universe ha preso una deriva ancora più spigolosa e minimalista, perdendo però anche la cura nelle animazioni delle serie precedenti.

In tutto ciò siamo arrivati al 1999 ed è il momento di Batman Beyond, da noi chiamata Batman of the Future, ché cambiare i nomi ma tenerli comunque in inglese ci piace tanto tanto tanto. Ambientata nel futuro, propone le avventure di un Batman alternativo che ha per mentore un anziano Bruce Wayne, ritiratosi dopo la morte del Joker anni prima. Atmosfere fighissime, trame forse a volte un po' bizzarre, con qualche trovata narrativa campata per aria, ma si cercava di dipingere un mondo parecchio folle, in contrasto con le atmosfere classiche delle altre serie. E il costume futuristico di Batman è splendido, che sia messo agli atti. Nel frattempo, tra l'altro, il DC Animated Universe ha fatto il giro e ne sono usciti anche dei fumetti, chiudendo un cerchio, insomma: dalla carta che ispira l'animazione alla carta ispirata da quest'ultima. Questo enorme affresco si è chiuso con gli ultimi pezzi del puzzle nei primi anni Duemila, con le serie Justice League / Justice League Unlimited e Teen Titans, che propnevano le avventure della Lega della Giustizia in chiave Timm, andando a pescare da tutta la continuity fino ad allora creata e dei Giovani Titani, le spalle degli eroi classici assieme a qualche giovane new entry.

Chiuso il DC Animated Universe, le cose si sono un po' perse per strada, a mio avviso, e il periodo d'oro è finito. Warner Bros. ha continuato a proporre nuove serie negli ultimi anni, sempre focalizzandosi sui gruppi giovanili, preferendo dedicarsi agli adulti nei lungometraggi. L'unica eccezione è stato Batman, a cui si è provato a dare diverse nuove identità grafiche e narrative, fallendo però praticamente sempre, perché la note del buon Danny Elfmann ancora risuonavano in fondo ai cuori degli spettatori.

The Batman proponeva un look abbastanza orrendo, che cercava di prendere quello classico e distruggerlo, manco fosse Picasso la persona con la matita in mano. Picasso però destrutturava senza distruggere e più di tre righe non voglio spendere per questa serie.

Batman: The Brave and the Bold, del 2008,  non ha mai brillato, ma aveva qualche freccia al proprio arco, perché sapeva unire il gusto classico (con tanto di look ispirato agli anni Cinquanta e alla serie TV storica) alle trame più adulte e ispirate dai fumetti, con tanto di supercattivi presi di peso dalle serie di Batman più attuali, per esempio la All Star Batman & Robin di Grant Morrison.

Stessa operazione fatta da Beware the Batman (arrivato nel 2013) ma in modo ancora più rischioso: unire l'attuale cosmologia del protettore di Gotham con il look delle prime storie del personaggio, di fine anni Trenta, riportato nel presente con massicce dosi di spigoli e computer grafica, rasentando a tratti l'orrore visivo puro.

Si è tentato davvero di tutto, ma nulla può eguagliare il il culmine raggiunto negli anni Novanta con Batman: the Animated Series e con una buona fetta del DC Animated Universe, che è tornato nel 2017 col film Batman & Harley Quinn. Perché era proprio in quell'universo che i fan volevano tornare, con quel look e quel modo di raccontare, e forse la strada dei lungometraggi era la migliore possibile. In effetti, dopo gli anni Duemila, DC e Warner Bros. hanno saputo esprimersi meglio lì che nelle serie ad episodi. Ma questa è un'altra storia.

Questo articolo fa parte della Cover Story "Justice League & Friends", che trovate riepilogata a questo indirizzo.