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Old! #178 – Settembre 2006

Old! è esattamente quella stessa rubrica che da vent'anni vedete apparire su tonnellate di riviste o siti di videogiochi. Quella in cui si dice "cosa accadeva, nel mondo dei videogiochi, [inserire a piacere] anni fa?" Esatto, come su Retro Gamer. La facciamo anche noi, grazie a Wikipedia, pescando in giro un po' a caso, perché siamo vecchi nostalgici, perché è comoda per coprire il sabato e perché sì. Ogni settimana, anni Settanta, Ottanta, Novanta e Zero, o come si chiamano. A volte saremo brevissimi, a volte saremo lunghissimi, ogni singola volta si tratterà di una cosa fatta senza impegno, per divertirci assieme a chi legge, e anzi ci piacerebbe se le maestrine in ascolto venissero a dirci "oh, avete dimenticato [inserire a piacere]".

L'8 settembre del 2006 arriva dalle nostre parti Ultimate Ghosts 'n Goblins per PSP, quinto capitolo più o meno principale (ne usciranno poi altri due su iOS) della serie nata nel 1985, nonché quello che segna il ritorno nel ruolo di director di Tokuro Fujiwara, che aveva “bigiato” su Makaimura for WonderSwan a causa del suo temporaneo abbandono di Capcom. Inoltre, è il primo episodio nella saga principale di Ghosts ‘n Goblins ad adottare un motore grafico tridimensionale, anche se l’azione rimane quella da gioco di piattaforme 2D.

Il gioco recupera lo spirito infame degli anni Ottanta ma lo adatta ai tempi moderni, giocandosela con tre diverse modalità (la permissivissima Novice, la tosta Normal e la bastardissima Ultimate), che variano la difficoltà anche attraverso la modifica dei livelli, dei nemici e, insomma, del tipo di avventura che si va ad affrontare. Vengono inoltre introdotte alcune novità nella gestione delle magie e una struttura meno lineare, che spinge alla ricerca di alcuni fantomatici anelli d’oro per ottenere l’accesso alla sezione conclusiva. Ultimate Ghosts ‘n Goblins viene accolto da pareri discordanti: c’è chi lo ama, c’è chi lo considera addirittura “rotto”, a me mi piace.

Nello stesso giorno, pensa un po’, il nostro continente viene graziato anche da quello che, se lo chiedete a me, rimane uno fra i giochi migliori della sua generazione di console: Dead Rising. Nei panni del fotografo d’assalto Frank West, bisogna avventurarsi nel centro commerciale di Willamette, preda della più classica epidemia zombi, cercando di scoprire la verità sull’accaduto, salvare più gente possibile e, possibilmente, uscirne vivi. Il tutto si traduce in una sorta di folle sandbox non morto, carico di umorismo nipponico, armi allucinanti e decine di piccole trovate una più divertente dell’altra.

Fra le sue caratteristiche più radicali, che lo faranno amare dai fan e odiare dagli altri, si trovano il sistema di salvataggio limitato ai cessi del centro commerciale e la gestione temporale delle missioni, con un orologio di gioco che avanza sempre imperterrito, portando avanti le tre giornate su cui si articola la storia e fregandosene di quanto siamo bravi a gestire le cose e salvare sopravvissuti. Tecnicamente notevole per l’epoca, curatissimo e scritto con un meraviglioso tono a metà fra il dramma e la demenza, Dead Rising lancia una serie di gran successo, che sopravvivrà al salto generazionale continuando a generare seguiti, i quali però smorzeranno via via gli aspetti più aspri della prima uscita. Un bene? Un male? Vai a sapere.

L’11 settembre 2006 tocca invece a LEGO Star Wars II: La trilogia classica, che recupera la formula dell’uscita originale, all’epoca ancora non abusata, e la applica come da titolo ai film classici di Guerre Stellari. L’idea rimane sempre quella di un action adventure all’acqua di rose, basato sul fascino dei mattoncini danesi e sulla capacità di applicarli alle licenze più disparate. Le meccaniche vengono perfezionate, i film a cui ci si ispira sono quelli giusti, il risultato è un altro gioco di gran successo, che piazza oltre otto milioni di copie e consolida le fondamenta di quella che diventerà una serie senza fine.

Il 22 settembre ha inizio invece la serie di Just Cause, con un gioco d’avventura open world curato dagli svedesi di Avalanche Studios, che ci pone al controllo dell’agente segreto Rico Rodriguez, impegnato ad abbattere il dittatore dell’isola di San Esperito. Il cuore del gioco è il totale senso di libertà cazzara concesso nell’esplorare il territorio e far macello con gli elementi a disposizione, dedicandosi con leggiadria a paracadutismo, skydiving e altre attività, mentre si devasta lo scenario a colpi di lanciarazzi. La serie esploderà sul serio col secondo episodio, quello che Fotone chiama Panau, ma tutto ha inizio con questo primo successo (più di pubblico che di critica).

Una settimana dopo, a quasi un anno di distanza dall’uscita giapponese, arriva anche dalle nostre parti Kingdom Hearts II, secondo appuntamento con la serie che mescola personaggi e ambientazioni tratti dall’opera di Square e Disney. Curato ancora una volta da Tetsuya Nomura, il gioco, che è ambientato un anno dopo rispetto agli eventi del primo episodio, ne recupera gli elementi cardine ma prova a risolverne alcuni problemi sul piano dei controlli e delle meccaniche. Pubblicato dopo quattro anni di sviluppo, Kingdom Hearts II viene accolto con calore da critica e pubblico, ribadendo l’apprezzamento generale per la serie. Si ripresenterà in varie riedizioni durante la lunga attesa, più che decennale, per il terzo episodio.

Il mese si chiude il 29 settembre con un altro esordio, quello di Company of Heroes, strategico in tempo reale creato da Relic Entertainment. L’ambientazione è quella della Seconda Guerra Mondiale e il gioco permette di controllare due diverse unità militari statunitensi durante la battaglia in Normandia e la liberazione della Francia. Nel multiplayer è invece possibile controllare anche le truppe dell’Asse. Company of Heroes, accolto con gran favore da pubblico e critica, godrà di un seguito nel 2013. Nello stesso anno uscirà anche un film ispirato al gioco e piuttosto brutto.